BGer 6B_656/2009 |
BGer 6B_656/2009 vom 11.03.2010 |
Bundesgericht
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Tribunal fédéral
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Tribunale federale
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{T 0/2}
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6B_656/2009
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Sentenza dell'11 marzo 2010
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Corte di diritto penale
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Composizione
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Giudici federali Favre, Presidente,
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Schneider, Wiprächtiger, Eusebio,
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Jacquemoud-Rossari
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Cancelliere Gadoni.
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Parti
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A.________,
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patrocinato dall'avv. Yasar Ravi,
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ricorrente,
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contro
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Eredi di B.________,
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patrocinati dall'avv. Diego Olgiati,
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Ministero pubblico del Cantone Ticino,
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opponenti.
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Oggetto
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omicidio intenzionale,
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ricorso in materia penale contro la sentenza
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emanata il 17 giugno 2009 dalla Corte di cassazione
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e di revisione penale del Tribunale d'appello
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del Cantone Ticino.
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Fatti:
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A.
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Il 27 gennaio 2009 A.________ è stato riconosciuto dalla Corte delle assise criminali di Locarno autore colpevole di omicidio intenzionale, per avere, a Locarno, la sera del 1° febbraio 2008, in correità con C.________, intenzionalmente concorso a cagionare la morte di B.________. È inoltre stato riconosciuto colpevole di pornografia, per avere fabbricato e tenuto in deposito, salvandolo sulla memoria del proprio telefono cellulare, un filmato di pornografia dura inviatogli da terzi. L'accusato è stato condannato alla pena detentiva di dieci anni.
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Con lo stesso giudizio, la Corte ha pure condannato C.________ per il suddetto reato di omicidio intenzionale e un terzo imputato, D.________, per il reato di aggressione, per avere, quella sera, dato avvio all'aggressione ai danni di B.________.
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B.
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Adita da A.________, la Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino (CCRP), con sentenza del 17 giugno 2009, ha respinto il ricorso nella misura della sua ricevibilità.
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C.
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A.________ impugna questa sentenza con un ricorso in materia penale al Tribunale federale, chiedendo di annullarla. Chiede, in via principale, di annullare la sentenza della CCRP e di riformare il giudizio di primo grado nel senso di essere condannato alla pena detentiva di tre anni, in parte sospesi condizionalmente, per i reati di aggressione, lesioni semplici, omissione di soccorso e pornografia. In via subordinata, chiede di ridurre la pena detentiva a un massimo di quattro anni, riconoscendo aggiuntivamente il reato di omicidio colposo, e, in via ulteriormente subordinata, di ridurre la pena a un massimo di 6 anni per i reati oggetto della condanna.
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Il ricorrente postula inoltre di essere ammesso al beneficio dell'assistenza giudiziaria e del gratuito patrocinio.
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D.
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Non sono state chieste osservazioni al gravame.
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Diritto:
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1.
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1.1 Il Tribunale federale esamina d'ufficio se e in che misura il ricorso può essere esaminato nel merito (DTF 134 IV 36 consid. 1).
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1.2 Presentato dall'imputato, che ha partecipato alla procedura dinanzi alla precedente istanza, le cui conclusioni sono state disattese (art. 81 cpv. 1 lett. b n. 1 LTF), e diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF), resa in materia penale (art. 78 cpv. 1 LTF) da un'autorità di ultima istanza cantonale (art. 80 cpv. 1 LTF), il ricorso in materia penale, tempestivo (art. 100 cpv. 1 in relazione con l'art. 46 cpv. 1 lett. b LTF), è di massima ammissibile.
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1.3 Conformemente a quanto stabilito dagli art. 95 e 96 LTF, il ricorso in materia penale al Tribunale federale può essere presentato per violazione del diritto. Secondo l'art. 42 cpv. 2 LTF, nel ricorso occorre spiegare per quali ragioni l'atto impugnato viola il diritto. Il Tribunale federale esamina in linea di principio solo le censure sollevate; esso non è tenuto a vagliare, come lo farebbe un'autorità di prima istanza, tutte le questioni giuridiche che si pongono, se quest'ultime non sono presentate nella sede federale (DTF 134 II 244 consid. 2.1). Le esigenze di motivazione sono inoltre accresciute laddove il ricorrente lamenta l'arbitrio nell'accertamento dei fatti e nella valutazione delle prove, dato che ciò equivale a sostenere che i fatti sono stati accertati in violazione dell'art. 9 Cost. e del diritto federale (DTF 134 IV 36 consid. 1.4.1). Trattandosi di garanzie di rango costituzionale, il Tribunale federale esamina infatti le relative censure soltanto se siano motivate in modo chiaro e preciso (art. 106 cpv. 2 LTF; DTF 133 IV 286 consid. 1.4; 133 II 249 consid. 1.4.2). In questa misura, argomentazioni vaghe o meramente appellatorie e semplici rinvii agli atti cantonali non sono quindi ammissibili (DTF 134 I 83 consid. 3.2; 129 I 113 consid. 2.1).
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L'atto di ricorso adempie solo in parte queste esigenze di motivazione: in larga misura esso si limita in effetti a criticare in maniera appellatoria e generica la decisione impugnata, richiamando semplicemente determinate dichiarazioni di testimoni o periti, senza confrontarsi tuttavia con la dettagliata valutazione globale delle prove operata dalla prima Corte ed avallata dalla CCRP.
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2.
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2.1 Il ricorrente pur criticando genericamente, a mo' di premessa, le modalità seguite dalla Corte di merito che, a suo dire, nella ricostruzione degli avvenimenti avrebbe sistematicamente scartato altre ipotesi più favorevoli agli imputati, riconosce che sull'accertamento dei fatti il potere cognitivo di questa Corte (e della CCRP) è limitato all'arbitrio e che la sua critica di carattere generale non ne sostanzia gli estremi. Nondimeno, egli ritiene arbitrari gli accertamenti relativi alla durata dell'aggressione e alla posizione della vittima al momento in cui le sono stati inferti i due calci alla testa.
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2.2 Sulla durata dell'aggressione, il ricorrente rileva che quali dati temporali agli atti vi sarebbero solo l'orario di uscita degli accusati dal capannone (23.41) e quello di allerta dei soccorsi (23.46), risultanti da due diversi orologi non messi però a confronto. Rimprovera alla prima Corte di non avere accertato compiutamente la durata precisa dell'aggressione, ritenendo in modo arbitrario sufficiente la constatazione secondo cui "il tutto si è svolto in pochi minuti". Secondo il ricorrente, ai fini del giudizio sulla colpevolezza e sulla natura del dolo, sarebbe invece occorso stabilire il tempo impiegato dagli accusati per spostarsi dal capannone al luogo dei fatti e per abbandonare tale luogo. Richiamando le dichiarazioni di una serie di testi, sostiene che l'aggressione sarebbe durata pochi secondi.
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2.3 La CCRP non è entrata nel merito della censura, ritenendola irricevibile siccome di natura appellatoria. Ha in particolare rilevato che il ricorrente aveva fatto riferimento ad "alcuni testi", senza peraltro indicarne il nome, omettendo di confrontarsi con le argomentazioni della prima Corte.
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Secondo la giurisprudenza, ove l'ultima autorità cantonale dichiara un ricorso inammissibile per ragioni formali e non procede all'esame di merito, il ricorrente deve addurre perché essa avrebbe accertato in modo arbitrario l'assenza dei presupposti formali e si sarebbe quindi a torto rifiutata di procedere all'esame di merito (DTF 133 IV 119 consid. 6; 118 Ib 26 consid. 2b, 134 consid. 2). In concreto, il ricorrente non adduce l'arbitrarietà delle carenze di motivazione ravvisate dalla CCRP nel suo ricorso per cassazione, né sostiene che tale gravame adempiva, dal profilo formale, le esigenze poste dalla legge e dalla giurisprudenza. La critica ricorsuale, che ripropone le argomentazioni di merito addotte davanti all'ultima istanza cantonale, è pertanto inammissibile in questa sede. D'altra parte, il ricorrente non dimostra che un'eventuale più breve durata dell'aggressione sarebbe determinante per l'esito del procedimento (cfr. art. 97 cpv. 1 in fine LTF; DTF 134 V 53 consid. 3.4). Ove si considerino gli accertamenti complessivi concernenti le modalità dell'aggressione, con la vittima colpita violentemente alla testa con due calci mentre era a terra, è del resto del tutto inverosimile che, anche ammettendo una durata dello svolgimento dei fatti più breve, il giudizio di colpevolezza sarebbe mutato, segnatamente per quanto concerne l'esistenza del dolo eventuale.
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3.
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3.1 Quanto alla posizione della vittima al momento in cui le sono stati inferti i calci alla testa, il ricorrente adduce che il movimento di iperestensione e di rotazione del capo, che ha provocato la lesione dell'arteria vertebrale intracranica, sarebbe stato impossibile, poiché la vittima si sarebbe trovata con la testa in prossimità della superficie stradale e con il corpo rannicchiato in posizione fetale sul fianco sinistro. Il ricorrente rimprovera alla Corte di merito di avere accertato in modo arbitrario che, prima di ricevere il calcio da parte di C.________, la vittima aveva tentato di rialzarsi: i primi giudici si sarebbero infatti fondati unicamente sulle dichiarazioni di C.________, le quali sarebbero però inaffidabili, siccome oggetto di una precedente ritrattazione.
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3.2 La CCRP ha tuttavia spiegato per quali motivi la prima Corte poteva in modo sostenibile fondarsi anche sulle dichiarazioni di C.________: ritenuto come questi avesse ammesso sin dall'inizio di avere colpito in precedenza la vittima allo stesso modo di A.________, non si vedeva come poteva scagionare sé stesso o diminuire le sue responsabilità dichiarando di avere visto il ricorrente colpire il volto della vittima con un calcio. Quanto alla pretesa ritrattazione dell'11 febbraio 2008, la CCRP ha rilevato che C.________ aveva riferito già nel verbale del 2 febbraio 2008 di avere visto il ricorrente colpire la vittima alla testa con uno o due calci. Pur avendo affermato successivamente di non ricordare dove tali calci avessero colpito, si è in seguito nuovamente corretto, parlando il 23 aprile 2008 di calci che avevano colpito la parte sinistra della testa. Secondo la precedente istanza, non inficerebbe poi la sua credibilità il fatto ch'egli avesse indicato la tempia soltanto durante l'interrogatorio successivo, trattandosi di una precisazione fatta in risposta a una domanda dell'interrogante. Criticando semplicemente il fatto che la prima Corte abbia preso in considerazione le dichiarazioni del correo C.________, il ricorrente non si confronta con la motivazione del giudizio della CCRP, l'unico che costituisce oggetto dell'impugnativa, spiegando perché nello stesso sarebbe stato negato a torto l'arbitrio da parte dell'istanza inferiore. D'altra parte, il ricorrente disattende che la Corte di merito non gli ha attribuito il calcio che ha colpito la vittima alla tempia fondandosi esclusivamente sulle dichiarazioni di C.________, ma si è basata su una valutazione complessiva dell'insieme delle risultanze probatorie. Accennando essenzialmente alla pretesa ritrattazione di C.________, il ricorrente omette in particolare di considerare le dichiarazioni concordanti rese da D.________ e confermate da alcuni testimoni (E.________ e F.________), concorrenti ad avvalorare gli accertamenti peritali relativi alle cause delle lesioni alla testa della vittima.
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4.
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4.1 Il ricorrente si diffonde poi in una serie di considerazioni sulla perizia giudiziaria e su quelle delle parti per giungere alla conclusione che dalle stesse non sarebbe di per sé possibile trarre certezze sulla dinamica dei fatti e che le lesioni accertate sarebbero compatibili anche con altre ipotesi fattuali. Nuovamente egli solleva argomentazioni meramente appellatorie, che non si confrontano con i considerandi del giudizio impugnato e che sono pertanto inammissibili. Premesso che l'arbitrio non è già ravvisabile nella semplice possibilità che anche un'altra soluzione sembri eventualmente sostenibile (DTF 131 I 217 consid. 2.1 e rinvii), né la Corte di merito né la CCRP hanno preteso di trarre conclusioni certe riguardo allo svolgimento dei fatti solo sulla base delle perizie. Esse hanno infatti rettamente considerato il complesso dei mezzi di prova disponibili, valutandoli globalmente.
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4.2 Il ricorrente ripropone in particolare le critiche riguardo agli accertamenti concernenti il tasso di alcolemia della vittima e l'intervallo di tempo intercorso tra la lesione arteriosa e l'arresto cardio-respiratorio. Su questi temi la CCRP si è però espressa nel giudizio impugnato, rilevando innanzitutto che le censure erano irricevibili: quella sul tasso di alcolemia, perché il ricorrente non deduceva alcunché in relazione all'esito del giudizio e perché contraria al principio della buona fede processuale (dal verbale del dibattimento risulta infatti che le parti non contestavano il tasso dello 0,31 o/oo), quella su altre ipotesi di cause di rottura dell'arteria cerebrale siccome appellatoria (cfr. sentenza impugnata, consid. 2.5 e 2.9.3). La Corte cantonale si è nondimeno espressa a titolo abbondanziale su tali critiche, ritenendole sostanzialmente infondate. Nella fattispecie sarebbe quindi spettato al ricorrente dimostrare che ognuna delle diverse motivazioni, indipendenti e di per sé sufficienti per definire la contestazione, violerebbe il diritto (cfr. DTF 133 IV 119).
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Appellatorie e parimenti inammissibili sono poi anche le argomentazioni con cui il ricorrente sostiene che il calcio da lui inferto alla vittima non sarebbe stato atto a provocare la lesione arteriosa che ne ha causato la morte. Nuovamente, in effetti, egli espone la sua interpretazione dei fatti senza sostanziare arbitrio alcuno, opponendola semplicemente a quella ritenuta dai giudici cantonali, basata su una valutazione globale e oggettiva delle risultanze probatorie. L'opinione del ricorrente si fonda peraltro su considerazioni concernenti la posizione della vittima sul campo stradale e la durata dell'aggressione non corrispondenti ai fatti accertati e già ritenute inconsistenti nei considerandi precedenti. Il principio "in dubio pro reo", accennato da lui al proposito, non ha la portata che egli vorrebbe attribuirgli nel senso di privilegiare sistematicamente ogni possibile ipotesi più favorevole all'accusato, estrapolando singoli elementi dal complesso del materiale probatorio. Semplici dubbi astratti e teorici sono del resto sempre possibili e non sono sufficienti a giustificare l'applicazione del principio (cfr. DTF 127 I 38 consid. 2a; 120 Ia 31 consid. 2c).
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5.
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5.1 Il ricorrente rimprovera poi alla Corte cantonale una violazione del diritto, per averlo riconosciuto colpevole di omicidio per dolo eventuale. Sostiene che potrebbe semmai essergli imputata una negligenza cosciente, siccome al momento dell'aggressione egli avrebbe ritenuto che i suoi atti non potevano provocare la morte della vittima. Rileva che, secondo gli stessi periti, si è trattato di un caso raro di lesione dell'arteria cerebrale ed adduce che sarebbe estremamente limitata la probabilità che un calcio alla testa dotato di modesta forza contusiva e rilevante forza di rotazione possa provocare la morte di una persona.
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5.2 L'art. 111 CP prevede che chiunque intenzionalmente uccide una persona è punito con una pena detentiva non inferiore a cinque anni, in quanto non ricorrano le condizioni previste negli articoli seguenti, che qualificano particolari azioni. Giusta l'art. 12 cpv. 2 CP, commette con intenzione un crimine o un delitto chi lo compie consapevolmente e volontariamente. Basta a tal fine che l'autore ritenga possibile il realizzarsi dell'atto e se ne accolli il rischio. La seconda frase dell'art. 12 cpv. 2 CP definisce la nozione di dolo eventuale (DTF 133 IV 9 consid. 4), che sussiste laddove l'agente ritiene possibile che l'evento o il reato si produca e, cionondimeno, agisce, poiché prende in considerazione l'evento nel caso in cui si realizzi, lo accetta pur non desiderandolo (DTF 134 IV 26 consid. 3.2.2).
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In mancanza di confessioni, il giudice può, di regola, dedurre la volontà dell'interessato fondandosi su indizi esteriori e regole d'esperienza. Può desumere la volontà dell'autore da ciò che questi sapeva, laddove la possibilità che l'evento si produca era tale da imporsi all'autore, di modo che si possa ragionevolmente ammettere che lo abbia accettato (DTF 130 IV 58 consid. 8.4). Tra gli elementi esteriori, da cui è possibile dedurre che l'agente ha accettato l'evento illecito nel caso che si produca, figurano in particolare la gravità della violazione del dovere di diligenza e la probabilità, nota all'autore, della realizzazione del rischio. Quanto più grave è tale violazione e quanto più alta è la probabilità che tale rischio si realizzi, tanto più fondata risulterà la conclusione che l'agente, malgrado i suoi dinieghi, aveva accettato l'ipotesi che l'evento considerato si realizzasse (DTF 135 IV 12 consid. 2.3.2; 134 IV 26 consid. 3.2.2 e rinvii). Altri elementi esteriori rivelatori possono essere il movente dell'autore e il modo nel quale egli ha agito (DTF 130 IV 58 consid. 8.4; 125 IV 242 consid. 3c).
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Il discrimine tra dolo eventuale e negligenza cosciente può rivelarsi delicato, poiché in entrambi i casi l'autore ritiene possibile che l'evento o il reato si produca. La differenza si opera quindi al livello della volontà e non della coscienza (DTF 133 IV 1 consid. 4.1 pag. 3; 9 consid. 4.1 pag. 16). Vi è negligenza, e non dolo, qualora l'autore, per un'imprevidenza colpevole, agisce presumendo che l'evento, che ritiene possibile, non si realizzi. Come si è visto, vi è per contro dolo eventuale quando l'autore ritiene possibile che tale evento si produca e, ciononostante, agisce, poiché lo prende in considerazione nel caso in cui si realizzi, accettandolo pur non desiderandolo (DTF 133 IV 1 consid. 4.1, 9 consid. 4.1; 130 IV 58 consid. 8.3).
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Ciò che l'autore sapeva, voleva o ha preso in considerazione sono questioni di fatto (DTF 130 IV 58 consid. 8.5 e rinvii), che vincolano di principio questa Corte, tranne quando i fatti sono stati accertati in modo manifestamente inesatto o in violazione del diritto (cfr. art. 105 LTF). È per contro una questione di diritto, quella di sapere se, sulla base dei fatti accertati, la conclusione circa l'esistenza del dolo eventuale sia giustificata. In quest'ambito, le questioni di fatto e di diritto sono tuttavia strettamente connesse e coincidono parzialmente. Il quesito giuridico di sapere se l'autore abbia agito con dolo eventuale può essere risolto solo valutando i fatti rilevanti accertati compiutamente dall'autorità cantonale, da cui essa ha dedotto tale elemento soggettivo. Con riferimento al concetto giuridico di dolo eventuale, il Tribunale federale può pertanto, in una certa misura, esaminare se siano state valutate correttamente le circostanze sulla base delle quali è stato stabilito che l'agente ha preso in considerazione, ossia ha accettato, l'evento o il reato (DTF 133 IV 1 consid. 4.1 pag. 4; 130 IV 58 consid. 8.5 e rinvii).
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5.3 Nella misura in cui il ricorrente contesta il dolo eventuale fondandosi su fatti che non corrispondono a quelli accertati in sede cantonale, le sue considerazioni sono inammissibili. Ribadendo in particolare che il calcio da lui sferrato alla testa della vittima avrebbe avuto soltanto una modesta forza contusiva, il ricorrente disattende che la Corte cantonale ha accertato, in modo vincolante per il Tribunale federale (cfr. art. 105 cpv. 1 LTF), che anche tale calcio (come quello di C.________) è stato assestato con violenza. Nella sentenza impugnata, la CCRP ha pertinentemente riassunto gli accertamenti e le valutazioni dei primi giudici, confermando la conclusione secondo cui il ricorrente aveva agito con dolo eventuale. Ha rilevato che, dopo che la vittima era caduta a terra a seguito delle spinte, dei colpi e dei calci alle gambe, A.________, C.________ e D.________ hanno preso a colpirla con calci al torace. Successivamente, mentre cercava di rialzarsi in particolare sollevando la testa, C.________ le ha sferrato un calcio dotato di potenza, colpendola nella zona della nuca con il collo del piede. Dopo avere visto il correo colpire in questo modo la vittima, il ricorrente le ha poi a sua volta consapevolmente sferrato un forte calcio alla testa. In queste circostanze, a ragione la Corte cantonale ha ritenuto che, di fronte a una persona che giace inerme a terra a causa dei colpi precedentemente ricevuti e che tenta di parare gli ulteriori colpi che gli aggressori le assestavano nella zona del torace, il ricorrente colpendola alla testa con un calcio violento, tale da causare un movimento abnorme del rachide, dopo avere visto il correo colpirla nella stessa parte del corpo, ha preso in considerazione la possibilità di uccidere, accettando tale evento nel caso in cui si realizzasse. Dagli esposti elementi, la CCRP ha quindi rettamente dedotto che il ricorrente aveva agito con dolo eventuale, confermando a ragione la conclusione dei primi giudici.
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Il fatto che l'accertata lesione dell'arteria cerebrale, in seguito a un movimento anomalo del capo, sarebbe rara, non è decisivo sotto il profilo dell'elemento soggettivo. È in effetti determinante che il calcio sferrato dal ricorrente era idoneo nelle circostanze esposte, secondo l'andamento ordinario delle cose, a causare la morte della vittima e che di tale rischio egli era consapevole, prendendo in considerazione la sua realizzazione. Non occorre per contro che il dolo eventuale si estenda all'esatta natura della lesione provocata o alla dinamica precisa dell'emorragia che ha per finire condotto alla morte della vittima (cfr. sentenza 1P.680/1999 del 17 gennaio 2000, consid. 5b; TRECHSEL/NOLL, Schweizerisches Strafrecht Allgemeiner Teil I, 6a ed. 2004, pag. 108).
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5.4 Il ricorrente richiama in particolare la sentenza di questo Tribunale 6P.184/2006 del 21 febbraio 2007, alla quale hanno pure fatto riferimento i giudici cantonali, sostenendo che quel caso, in cui è stata confermata una condanna per tentato omicidio intenzionale, sarebbe diverso e più grave rispetto a quello in esame: si trattava infatti di un'aggressione durata due minuti e gli aggressori avevano colpito una delle due vittime numerose volte alla testa, calzando scarpe militari o pesanti, con l'intento dichiarato di picchiarla fino a farle perdere conoscenza.
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Tuttavia, il solo fatto che la fattispecie oggetto del citato giudizio differisca da quella in esame non basta di per sé per negare in concreto l'esistenza del dolo eventuale, accertato dalle autorità cantonali sulla base di una valutazione complessiva e motivata delle risultanze istruttorie. Che il ricorrente calzasse scarpe da ginnastica e non avesse sferrato numerosi calci alla testa della vittima, né avesse esplicitamente dichiarato di volerla colpire fino a farle perdere conoscenza, non è determinante. In effetti, il calcio da lui sferrato, come quello del correo, è comunque stato violento, di intensità tale da provocare un movimento di estrema estensione e rotazione del rachide cervicale. In queste circostanze, tenuto conto che la vittima è stata colpita quand'era a terra inerme dopo essere già stata malmenata e dopo avere ricevuto un calcio violento analogo da parte del correo, l'eventualità dell'esito letale era tale da imporsi al ricorrente, sicché si può ragionevolmente ammettere che l'abbia accettato.
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5.5 Ritenuto che la condanna del ricorrente per omicidio intenzionale non viola il diritto il federale, le addotte ipotesi di reato meno gravi non devono essere esaminate in questa sede. Né deve essere esaminata la censura di violazione del principio della parità di trattamento, invocata dal ricorrente in relazione a una sentenza del 25 giugno 2009 della Corte delle assise correzionali, che ha riconosciuto semplicemente un'aggressione a danno di una vittima presa a calci quando si trovava a terra. Premesso che il ricorrente stesso riconosce che in quest'ultimo caso il reato non ha comportato la morte della vittima e non adduce che la stessa avrebbe subito gravi ferite, tali da metterne in pericolo la vita, non è seriamente dimostrato che le due fattispecie sarebbero identiche e sarebbero state trattate in modo diverso, senza motivi oggettivi da parte dell'autorità. Ciò indipendentemente dalle intrinseche difficoltà nel diritto penale di apprezzare il rispetto del principio della parità di trattamento e l'uniformità nella commisurazione della pena (cfr. DTF 135 IV 191 consid. 3-3.3).
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6.
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6.1 Il ricorrente critica infine la commisurazione della pena. Rimprovera all'autorità cantonale di avere ravvisato a torto nel suo comportamento processuale una mancanza di assunzione di responsabilità. Lamenta inoltre il fatto che non sarebbe stata considerata la breve durata dell'aggressione e la situazione concitata al momento della rissa. Nega inoltre di avere avuto un comportamento egoista dopo i fatti e di non avere collaborato durante l'inchiesta. Ritiene quindi che non sarebbe stata considerata la durezza della carcerazione preventiva e la condanna sociale, mentre la sua giovane età sarebbe stata presa in considerazione solo a parole. Il ricorrente reputa per finire eccessiva la pena di 10 anni, che risulterebbe simile a una condanna inflitta ad adulti colpevoli di omicidio per dolo diretto.
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6.2 Giusta l'art. 47 CP, il giudice commisura la pena alla colpa dell'autore. Tiene conto della vita anteriore e delle condizioni personali dell'autore, nonché dell'effetto che la pena avrà sulla sua vita (cpv. 1); la colpa è determinata secondo il grado di lesione o esposizione a pericolo del bene giuridico offeso, secondo la riprensibilità dell'offesa, i moventi e gli obiettivi perseguiti, nonché, tenuto conto delle circostanze interne ed esterne, secondo la possibilità che l'autore aveva di evitare l'esposizione a pericolo o la lesione (cpv. 2).
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Questa norma conferisce al giudice un ampio potere di apprezzamento. Il Tribunale federale interviene solo quando il giudice cantonale cade nell'eccesso o nell'abuso del potere di apprezzamento, ossia laddove la pena esca dal quadro legale, sia valutata in base a elementi estranei all'art. 47 CP o appaia eccessivamente severa o clemente (DTF 135 IV 130 consid. 5.3.1; 134 IV 17 consid. 2.1; 129 IV 6 consid. 6.1 e rinvii).
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6.3 In questa sede, il ricorrente ribadisce sostanzialmente le censure sollevate dinanzi alla CCRP contro la sentenza di primo grado, ma non si confronta con il giudizio impugnato, che ha in sostanza ritenuto inconsistenti tali argomentazioni, siccome si dipartivano da fatti diversi da quelli accertati. In particolare, non è stato minimamente adombrato ch'egli si sarebbe trovato coinvolto in una rissa ed avrebbe agito nella foga del momento. Né, per le ragioni esposte, si può ritenere che la fattispecie si situerebbe al limite della negligenza cosciente. Altresì a torto il ricorrente pretende che la gravità della colpa sarebbe già presa in considerazione dalla pena prevista dall'art. 111 CP e che, giudicando la sua colpa come molto grave, l'autorità cantonale l'avrebbe doppiamente punito. La disposizione citata prevede infatti per il reato di omicidio intenzionale unicamente che la pena detentiva non sia inferiore a cinque anni. Come visto, la pena deve poi essere commisurata alla colpa dell'autore (art. 47 CP), che a ragione i giudici cantonali hanno stabilito alla luce delle circostanze concrete, ravvisando un grado elevato di colpa anche per il fatto che il ricorrente aveva agito per il solo gusto di menare le mani, prendendosela con una persona presente per caso e che non aveva assunto alcun atteggiamento provocatorio nei confronti di alcuno. Per il resto, egli non sostiene che gli accertamenti, in base ai quali la Corte di merito ha ravvisato egoismo nel suo atteggiamento dopo i fatti e mancanza di assunzione di responsabilità nel suo comportamento processuale, sarebbero in chiaro contrasto con gli atti. D'altra parte, come ha rettamente rilevato la precedente istanza, tale comportamento non ha di per sé implicato un aggravamento della pena, ma semplicemente la mancata possibilità di beneficiare di una sua riduzione: esso, sostanzialmente, è quindi stato valutato in modo neutro dai giudici cantonali. Il ricorrente, che non fa valere l'esistenza di circostanze attenuanti ai sensi dell'art. 48 CP, disattende inoltre che della sua giovane età, della sua incensuratezza (da maggiorenne) e della condanna sociale è stato tenuto conto dalle precedenti autorità, che al riguardo, ai fini della commisurazione della pena, non erano tenute a specificare in cifre o percentuali l'importanza attribuita a questi elementi (cfr. DTF 127 IV 101 consid. 2c).
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In definitiva, il ricorrente non adduce motivi che i giudici cantonali avrebbero omesso di prendere in considerazione o avrebbero considerato a torto e che giustificherebbero una modifica della pena. La commisurazione della stessa, compiutamente motivata dalla Corte di merito ed avallata dalla CCRP, si situa all'interno del quadro legale previsto per il reato di omicidio intenzionale (art. 111 CP in relazione con l'art. 40 CP) e non si basa su elementi estranei all'art. 47 CP. In considerazione dell'elevata gravità della colpa del ricorrente, la pena detentiva di dieci anni non è eccessivamente severa e non è quindi suscettibile di costituire un abuso del potere di apprezzamento da parte delle autorità cantonali.
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7.
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Ne segue che, in quanto ammissibile, il ricorso deve essere respinto. La domanda di assistenza giudiziaria con gratuito patrocinio può essere accolta, vista la situazione finanziaria del ricorrente (art. 64 cpv. 1 e 2 LTF).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
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2.
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La domanda di assistenza giudiziaria è accolta.
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3.
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Non si prelevano spese giudiziarie.
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4.
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La cassa del Tribunale federale verserà al patrocinatore del ricorrente fr. 3'000.-- a titolo di indennità di patrocinio per la procedura dinanzi al Tribunale federale.
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5.
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Comunicazione ai patrocinatori delle parti, al Ministero pubblico e alla Corte di cassazione e di revisione penale del Tribunale d'appello del Cantone Ticino.
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Losanna, 11 marzo 2010
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In nome della Corte di diritto penale
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del Tribunale federale svizzero
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Il Presidente: Il Cancelliere:
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Favre Gadoni
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