BGer 9C_679/2009 |
BGer 9C_679/2009 vom 03.05.2010 |
Bundesgericht
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Tribunal fédéral
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Tribunale federale
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9C_679/2009 {T 0/2}
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Sentenza del 3 maggio 2010
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II Corte di diritto sociale
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Composizione
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Giudici federali U. Meyer, Presidente,
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Borella, Pfiffner Rauber,
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cancelliere Grisanti.
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Partecipanti al procedimento |
G.________, patrocinata dall'avv. Mario Molo,
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ricorrente,
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contro
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Cassa di compensazione del Cantone Ticino, via Ghiringhelli 15a, 6500 Bellinzona,
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opponente,
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P.________, patrocinato dall'avv. Carlo Brusatori,
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persona interessata.
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Oggetto
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Assicurazione per la vecchiaia e per i superstiti (responsabilità del datore di lavoro),
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ricorso contro il giudizio del Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino del 22 giugno 2009.
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Fatti:
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A.
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T.________ SA, iscritta a registro di commercio il ..., è stata affiliata in qualità di datrice di lavoro alla Cassa di compensazione AVS del Cantone Ticino fino al 31 ottobre 2005. Dei suoi organi, P.________ è stato presidente del consiglio di amministrazione dal 31 luglio 1989 al 26 luglio 2005 (data delle sue dimissioni), H.________ suo amministratore delegato dal 18 agosto 1999 al 1° agosto 2005 (data del suo decesso), e S.________, infine, amministratore unico dal 10 agosto 2005.
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Dopo essere entrata in mora con il pagamento dei contributi sociali, la società è stata sistematicamente diffidata e precettata. Il 2 giugno 2005 l'Ufficio esecuzione e fallimenti del Distretto di X.________ ha rilasciato degli attestati di carenza di beni relativi agli acconti AVS/AI/IPG/AD e AF non soluti dalla società per i mesi di luglio 2003, ottobre 2003 e gennaio 2004. Il 24 ottobre 2005 la Pretura del Distretto di X.________ ha concesso una moratoria concordataria. In seguito alla revoca della moratoria concordataria (cfr. decreto 15 dicembre 2006 della Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale d'appello del Cantone Ticino), T.________ SA è stata dichiarata fallita da detta Pretura il ....
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Constatato di aver subito un danno, la Cassa di compensazione ha chiesto, con vincolo di solidarietà, a G.________, vedova del defunto H.________, e P.________ il risarcimento di fr. 281'493.50 per il mancato pagamento dei contributi sociali non soluti dalla fallita società per il periodo dal 2002 al 2005 (quest'ultimo fino al mese di giugno; decisioni del 23 maggio 2007). Con una terza decisione di stessa data, la Cassa ha pure chiesto il risarcimento di fr. 26'535.70 a S.________ per gli acconti di luglio e agosto 2005 rimasti insoluti. Mediante decisioni dell'8 ottobre 2007 la Cassa ha respinto le opposizioni degli interessati.
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B.
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Con giudizio del 22 giugno 2009 il Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino, congiunte le cause, ha respinto i ricorsi P.________ e di G.________ contro le decisioni della Cassa, mentre ha accolto il gravame di S.________ annullando di conseguenza la decisione di risarcimento nei suoi confronti.
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C.
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G.________, come peraltro pure P.________ (cfr. causa 9C_657/2009), è insorta al Tribunale federale, al quale chiede di annullare la pronuncia cantonale e di essere liberata da ogni obbligo risarcitorio.
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La Cassa propone la conferma del giudizio impugnato, mentre l'Ufficio federale delle assicurazioni sociali ha rinunciato a determinarsi. Per parte sua, P.________ si riconferma nelle proprie conclusioni ricorsuali (cfr. causa 9C_657/2009).
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D.
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Con decreto del 30 ottobre 2009 il giudice dell'istruzione della II Corte di diritto sociale ha conferito l'effetto sospensivo al ricorso.
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Diritto:
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1.
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1.1 Oggetto del contendere è sapere se e in quale misura la ricorrente debba rispondere nei confronti dell'opponente per il danno derivante dal mancato versamento, nel periodo 2002 - giugno 2005, dei contributi sociali da parte della fallita T.________ SA. La questione di diritto preponderante determina l'attribuzione di un affare a una corte (art. 36 cpv. 1 del Regolamento del Tribunale federale del 20 novembre 2006 [RTF; RS 173.110.131]). La seconda Corte di diritto sociale è competente a trattare le cause in materia di assicurazione vecchiaia e superstiti, fra cui rientra anche la procedura di risarcimento a norma dell'art. 52 LAVS (art. 35 lett. a RTF). Benché le controversie in materia di assicurazione sociale cantonale (cui soggiace in concreto la richiesta di risarcimento per i contributi relativi agli assegni familiari) rientrino formalmente nella competenza della prima Corte di diritto sociale (art. 34 lett. e RTF), ragioni di economia processuale e l'aspetto secondario giustificano che la seconda Corte di diritto sociale tratti anche questi aspetti (sentenza 9C_704/2007 del 17 marzo 2008 consid. 1, non pubblicato in DTF 134 I 179, ma in SVR 2008 FL n. 1 pag. 1).
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1.2 Presentato da una parte direttamente toccata dalla decisione e avente un interesse degno di protezione al suo annullamento o alla sua modifica (art. 89 cpv. 1 LTF), il ricorso, diretto contro una decisione finale (art. 90 LTF) resa in una causa di diritto pubblico (art. 82 lett. a LTF) da un'autorità cantonale di ultima istanza (art. 86 cpv. 1 lett. d LTF combinato con l'art. 62 LPGA), interposto in tempo utile (art. 100 cpv. 1 LTF) è di massima ammissibile anche perché non ricade sotto alcuna delle eccezioni menzionate all'art. 83 LTF.
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1.3 Il ricorso in materia di diritto pubblico può essere presentato per violazione del diritto, così come stabilito dagli art. 95 e 96 LTF. Per contro, in linea di principio, il Tribunale federale fonda il suo ragionamento giuridico sull'accertamento dei fatti svolto dall'autorità inferiore (art. 105 cpv. 1 LTF); può scostarsene solo se è stato svolto in violazione del diritto ai sensi dell'art. 95 LTF o in modo manifestamente inesatto (art. 105 cpv. 2 LTF; DTF 134 V 53 consid. 4.3 pag. 62). Occorre però dimostrare che l'eliminazione dell'asserito vizio possa influire in maniera determinante sull'esito della causa (art. 97 cpv. 1 LTF).
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1.4 Secondo l'art. 42 cpv. 1 e 2 LTF, il gravame dev'essere motivato in modo sufficiente, spiegando nei motivi perché l'atto impugnato viola il diritto (DTF 133 II 249 consid. 1.4.1 pag. 254). Il Tribunale federale esamina in linea di principio solo le censure sollevate; esso non è tenuto a vagliare, come lo farebbe un'autorità di prima istanza, tutte le questioni giuridiche che si pongono, se queste ultime non sono presentate nella sede federale. Per di più, quando è invocata la violazione di diritti costituzionali, il Tribunale federale, in applicazione dell'art. 106 cpv. 2 LTF, esamina le censure sollevate soltanto se sono state esplicitamente sollevate e motivate in modo chiaro e preciso (DTF 134 II 244 consid. 2.2 pag. 246; 133 II 249 consid. 1.4.2 pag. 254).
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2.
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2.1 L'autorità giudiziaria cantonale, alle cui considerazioni si rinvia, ha già correttamente esposto le norme legali e i principi di giurisprudenza disciplinanti la responsabilità del datore di lavoro (art. 52 LAVS, nella versione valida prima e dopo l'entrata in vigore, il 1° gennaio 2003, della relativa novella legislativa).
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2.2 Così, dopo avere ricordato il principio della responsabilità sussidiaria degli organi di una persona giuridica nel caso di inadempienza degli obblighi contributivi da parte della stessa (DTF 123 V 12 consid. 5b pag. 15; cfr. pure DTF 132 III 523 consid. 4.5 pag. 528, nonché DTF 129 V 11 consid. 3), avere quantificato, per il periodo in esame, l'importo del debito contributivo e del conseguente danno, avere ricordato gli oneri inalienabili di un consigliere d'amministrazione (art. 716a cpv. 1 cifra 5 CO), incombenti anche al defunto marito della ricorrente per il fatto di avere accettato il mandato (DTF 114 V 219 consid. 4a pag. 223 con riferimenti; cfr. pure SVR 2003 AHV no. 5 pag. 13 [H 92/01] consid. 5.3.2, nonché la sentenza del Tribunale federale delle assicurazioni H 208/01 del 16 settembre 2002 consid. 4) e avere rilevato che lo stesso è venuto meno a questi obblighi rendendosi responsabile di grave negligenza per non avere svolto sufficiente controllo e attività di vigilanza o verifica sul pagamento dei contributi (cfr. SVR 2001 AHV no. 15 pag. 51 [H 136/00]), i primi giudici hanno dettagliatamente esposto i motivi che li hanno indotti a ritenere giustificata la condanna della ricorrente al risarcimento del danno. In particolare, i giudici cantonali hanno ricordato come l'obbligo di risarcire il danno giusta l'art. 52 LAVS risultante dalla responsabilità presunta del de cuius per la sua qualità di organo della persona giuridica fallita passi agli eredi (cfr. da ultimo DTF 129 V 300).
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3.
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Oggetto del contendere è in primo luogo proprio questa questione - giuridica - della trasmissibilità agli eredi degli obblighi di risarcimento danni fondati sull'art. 52 LAVS e, in secondo luogo, il tema della fondatezza nel merito della pretesa.
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3.1 Anche in sede federale l'insorgente incentra la propria tesi difensiva sull'inammissibilità di una estensione agli eredi della responsabilità del datore di lavoro ai sensi dell'art. 52 LAVS. Rileva in particolare che, in assenza di una specifica base legale - che per contro è prevista dall'art. 12 LIFD per la successione nei diritti e negli obblighi fiscali del contribuente -, un obbligo fondato sul diritto pubblico non può trasmettersi per via successoria. Si oppone quindi ugualmente a un'applicazione, anche solo per analogia, del principio della successione universale posto dall'art. 560 cpv. 2 CC. A sostegno della sua posizione richiama diverse tesi dottrinali. Osserva pure che la responsabilità dell'art. 52 LAVS avrebbe chiari connotati di natura punitiva e che essendo di natura strettamente personale dovrebbe estinguersi con la morte del colpevole. Fa inoltre valere che alla data del decesso del marito il debito nemmeno esisteva e che pertanto gli eredi non avevano motivo di chiedere il beneficio d'inventario (art. 580 CC). Ritenendo la pronuncia impugnata contraria alla presunzione di innocenza, al principio di legalità e al diritto a un processo equo, la ricorrente domanda di rivedere la prassi in materia sviluppata dal Tribunale federale (delle assicurazioni) e da ultimo confermata in DTF 129 V 300.
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3.2 Secondo il sistema istituito dall'art. 560 cpv. 2 CC, gli eredi acquistano a titolo universale tutti gli elementi trasferibili del patrimonio del de cuius. Rientrano in questa categoria l'insieme dei rapporti giuridici che non sono strettamente legati alla persona del defunto e in particolare quelli derivanti dal diritto delle obbligazioni. Così, gli eredi riprendono gli obblighi risultanti da un atto illecito commesso prima del decesso, anche se il debito non esisteva ancora in quel momento. Poco importa quindi che la commissione dell'atto illecito e la realizzazione del danno siano intervenute in date diverse. L'importante è che l'atto illecito sia stato commesso quando il responsabile era ancora in vita (DTF 103 II 330 consid. 3 pag. 334).
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3.3 Come rettamente osservato dalla Corte cantonale, il Tribunale federale delle assicurazioni ha sempre applicato il principio della successione ereditaria - istituito per gli obblighi derivanti da un atto illecito - all'obbligo di risarcimento del datore di lavoro ai sensi dell'art. 52 LAVS. A ben vedere, le basi per tale concezione sono state gettate nel 1970, allorquando qualificandolo come un principio generale del diritto (amministrativo) applicabile - in mancanza di espressa disposizione contraria - anche in ambito LAVS, ha stabilito che il principio della successione universale si estende(va) ugualmente ai debiti di diritto pubblico nella misura in cui questi sono di natura patrimoniale (DTF 96 V 72 consid. 1 pag. 74). A sostegno della sua tesi, la Corte federale aveva ricordato in quella occasione come tale volontà fosse desumibile anche dall'art. 43 OAVS nella misura in cui il legislatore federale aveva disposto che, riservati gli articoli 566, 589 e 593 del CC, gli eredi rispondono solidalmente del pagamento dei contributi dovuti fino al giorno del decesso se la persona tenuta a pagare i contributi muore.
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Questa posizione è quindi stata confermata nel 1993 in DTF 119 V 165, in cui il Tribunale federale delle assicurazioni ha ribadito che il debito risultante dall'art. 52 LAVS passa agli eredi del responsabile che non abbiano rinunciato alla successione. Sei anni più tardi, la stessa Corte ha ribadito i concetti precedentemente sviluppati precisando che l'obbligo risarcitorio dell'art. 52 LAVS passa agli eredi che hanno accettato l'eredità indipendentemente dal fatto che la decisione amministrativa di riparazione del danno sia stata emessa prima o dopo il decesso del datore di lavoro responsabile. Parimenti ha sottolineato che, dal profilo dell'AVS, la questione della copertura di un danno non riveste alcun carattere penale (sentenza H 279/97 del 14 giugno 1999 consid. 3a, in SVR 2000 AHV n. 16 pag. 49). Da ultimo, il Tribunale federale delle assicurazioni ha confermato la propria prassi in materia nel 2003 in DTF 129 V 300, in cui ha ribadito che l'obbligo di risarcire il danno giusta l'art. 52 LAVS a dipendenza della responsabilità del de cuius per la sua qualità di organo della persona giuridica fallita si trasferisce agli eredi.
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3.4 È vero, come osserva G.________ nel suo ricorso, che parte della dottrina (segnatamente: Ivo Schwander, in Basler Kommentar, 3a ed., 2007, n. 8 all'art. 560 CC) sembrerebbe sostenere la tesi contraria, in base alla quale, in mancanza di una espressa base legale, gli obblighi di diritto pubblico del de cuius non si trasmettono agli eredi. Tuttavia, tale tesi non fa l'unanimità. Anzi, vi sono numerosi autori che sostengono (implicitamente) la posizione assunta dal Tribunale federale delle assicurazioni nella predetta prassi.
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Così per Tarkan Göksu (in Handkommentar zum Schweizer Privatrecht, 2007, n. 11 all'art. 560 CC) i debiti pecuniari di diritto pubblico già scaduti al momento del decesso o che sono comunque stati definiti per un periodo precedente al decesso sono soggetti alla successione universale perché non vi sarebbe valido motivo per trattarli diversamente dai crediti di diritto pubblico (cfr. ad esempio la sentenza 1C_106/2008 del 24 settembre 2008 consid. 6.3.4, in Zbl 109/2008 pag. 614, in relazione alla trasferibilità agli eredi della pretesa per torto morale fondata sulla legge concernente l'aiuto alle vittime di reati) o dai debiti di diritto privato. Similmente, André Grisel (A propos de la succession en droit public: le transfert des droit et des obligations des administrés, in Miscellanea Henri Zwahlen, 1977, pag. 297 segg., pag. 321) osserva che in mancanza di norme di diritto pubblico, le disposizioni di diritto privato si applicano per analogia al trasferimento, per causa di morte, delle pretese e degli obblighi pubblici. Anche Jean Nicolas Druey (Grundriss des Erbrechts, 5a ed. 2002, § 13 n. 20) sembra di principio sposare la tesi della trasferibilità (ereditaria) delle posizioni di diritto pubblico. E pure Hans Michael Riemer (Vererblichkeit und Unvererblichkeit von Rechten und Pflichten im Privatrecht und im öffentlichen Recht, in recht 2006 pag. 26 segg., pag. 31), citato dalla ricorrente a sostegno della propria posizione, in realtà non si oppone, in assenza di regolamentazione specifica, a un'applicazione per analogia dell'art. 560 cpv. 2 CC nel diritto pubblico se tale applicazione non contrasta con (altri) principi del diritto pubblico.
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3.5 Di conseguenza, anche alla luce di questi pareri dottrinali, il fatto che l'art. 12 LIFD preveda espressamente la successione fiscale degli eredi per i diritti e gli obblighi del contribuente (ma non per le sanzioni a carattere penale: cfr. sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo nella causa Letter-Schwanz contro Svizzera del 29 agosto 1997, Recueil CourEDH 1997-V pag. 1509, n. 53), non significa necessariamente che, in assenza di un'espressa base legale, l'art. 560 cpv. 2 CC non possa applicarsi per analogia alla responsabilità del datore di lavoro di cui all'art. 52 LAVS.
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3.6 Del resto non va dimenticato che l'art. 52 LAVS costituisce una norma speciale del diritto federale sulla responsabilità. Infatti, il datore di lavoro - con l'obbligo di riscossione, di versamento e di conteggio dei contributi paritetici - assume una posizione di organo esecutivo in diversi settori del diritto assicurativo sociale federale. Esso soggiace pertanto al diritto federale sulla responsabilità. Per questa ragione, sebbene la legge sulla responsabilità della Confederazione, dei membri delle autorità federali e dei funzionari federali del 14 marzo 1958 (LResp; RS 170.32) concerna la responsabilità della Confederazione nei confronti di terzi danneggiati, mentre l'art. 52 LAVS abbia per oggetto la responsabilità interna del datore di lavoro responsabile, le norme generali della LResp vanno prese in considerazione anche ai fini interpretativi dell'art. 52 LAVS (DTF 122 V 185 consid. 3b pag. 187; 114 V 219 consid. 3b pag. 220 con riferimenti). Ciò vale pure nel caso in cui il diritto sulla responsabilità nell'AVS non disciplini una determinata questione giuridica. In particolare, sono applicabili per analogia le disposizioni del CO sulle obbligazioni derivanti da atti illeciti (art. 9 cpv. 1 LResp). Anche per questo motivo, dunque, l'applicabilità - anche solo per analogia e altrimenti pacifica per le normali obbligazioni derivanti da atto illecito (v. sopra, consid. 3.2) - dell'art. 560 cpv. 2 CC alla presente fattispecie non appare errata.
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3.7 In tali circostanze, non si realizzano i presupposti per procedere a un cambiamento di giurisprudenza e per scostarsi dalla costante prassi in materia. Per essere compatibile con il principio della parità di trattamento sancito dall'art. 8 cpv. 1 Cost. un cambiamento di giurisprudenza deve infatti fondarsi su motivi oggettivi, quali una conoscenza più approfondita dell'intenzione del legislatore, la modifica delle circostanze esterne o un cambiamento della concezione giuridica (v. DTF 134 V 359 consid. 8.1 pag. 366 con riferimenti). Secondo la giurisprudenza non potrebbe in effetti essere mantenuta una prassi che si sia rivelata erronea o la cui applicazione abbia condotto a ripetuti abusi (DTF 133 V 37 consid. 5.3.3 pag. 39; 132 V 357 consid. 3.2.4.1 pag. 360 e riferimenti). Per quanto poc'anzi esposto, queste condizioni non sono date.
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4.
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Di conseguenza le censure sollevate dalla ricorrente per opporsi alla trasferibilità, in concreto, dell'obbligo di risarcimento danni giusta l'art. 52 LAVS sono infondate.
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4.1 Già si è detto (v. sopra, consid. 3.3) che la responsabilità fondata su tale disposto non ha carattere penale. Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, essa è infatti sprovvista di qualsivoglia carattere punitivo, il procedimento essendo soltanto finalizzato al risarcimento di contributi sociali (e quindi alla riparazione pecuniaria di un danno effettivo) non soluti dal datore di lavoro analogamente a quanto avviene nell'ambito di un processo civile per atto illecito. Di conseguenza, risulta vano ogni tentativo di invocare una violazione del principio della presunzione di innocenza garantito dall'art. 6 n. 2 CEDU.
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4.2 Per quanto osservato (v. sopra, consid. 3.2 e consid. 3.3) non sarebbe inoltre nemmeno di rilievo il fatto che al momento dell'apertura della successione il debito non esistesse ancora, come sostiene la ricorrente (sul momento di insorgenza del danno e, di riflesso, anche del debito risarcitorio [DTF 123 V 12 consid. 5c pag. 16], e sulla responsabilità sussidiaria degli organi in caso di rilascio di un attestato di carenza di beni cfr. tuttavia DTF 113 V 256 segg.). Né la ricorrente può convincentemente sostenere che l'obbligo risarcitorio fondato sull'art. 52 LAVS sarebbe di natura strettamente personale e si estinguerebbe con la morte del responsabile in applicazione dell'art. 31 CC. A invalidare questa tesi, dottrina e giurisprudenza hanno infatti già avuto modo di sottolineare che il debito risarcitorio derivante dall'art. 52 LAVS non è di natura strettamente personale (così espressamente: DTF 119 V 165 consid. 3c pag. 168; cfr. pure Marco Reichmuth, Die Haftung des Arbeitgebers und seiner Organe nach Art. 52 AHVG, 2008, pag. 69, n. 283).
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4.3 L'insorgente non può quindi validamente pretendere di essere (stata) privata della possibilità di condurre un equo processo per il motivo che, dopo non essere mai stata al corrente dell'attività del marito, non sarebbe ora in grado di fare valere elementi giustificativi o comunque di sua discolpa. A ben vedere, questa problematica è contingente alla situazione e si porrebbe negli stessi termini anche nell'ambito di un processo civile senza che ciò osterebbe all'ammissibilità del trasferimento degli obblighi (e dei diritti) per successione universale. A ciò si aggiunge che la ricorrente, patrocinata da un legale, ha avuto accesso a tutta la documentazione necessaria per esaminare la fattispecie e quindi anche per verificare (e contestare) l'esistenza dei presupposti della responabilità del defunto marito.
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4.4 Quanto al fatto, infine, che la decisione amministrativa, emessa a quasi due anni dalla morte del marito, l'avrebbe altresì privata della possibilità di chiedere il beneficio d'inventario (art. 580 segg. CC) o di rinunciare alla successione (art. 566 CC), la ricorrente parte da un presupposto errato. Essa dimentica che è all'atto dell'apertura della successione che gli eredi devono porsi la questione di rifiutare l'eredità o di esigere l'allestimento dell'inventario entro i termini legali. Soprattutto se all'apertura della successione la situazione patrimoniale del de cuius non è chiara, gli eredi hanno la possibilità di cautelarsi da eventuali imprevisti limitando, con la richiesta del beneficio d'inventario, la propria responsabilità ai debiti inventariati (art. 589 seg. CC; cfr. pure Kurt Wissmann, in Basler Kommmentar, Zivilgesetzbuch II, 3a ed. 2007, n. 4 e 10 ad Vorbemerkungen agli art. 580-592 CC). Pertanto, nella misura in cui accettano o per lo meno lasciano decorrere infruttuosamente i termini, non possono più dolersi successivamente della loro scelta (o omissione), avendo accettato almeno implicitamente il rischio di assumere un'eredità indebitata o di comunque dovere far capo agli eventuali obblighi pecuniari del de cuius.
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Nel caso di specie, proprio il fatto - poc'anzi evocato - di non essere stata al corrente dell'attività del marito doveva indurre l'insorgente a particolare attenzione e a seriamente domandarsi se non fosse il caso di quanto meno chiedere il beneficio d'inventario. Non essendosi allora avvalsa di questo strumento protettivo, essa non può ora sfuggire alla sua (seppur derivata) responsabilità - per quanto gravosa sia - solo perché si è realizzato un rischio sconosciuto all'apertura della successione, dal quale, come detto, avrebbe potuto tutelarsi. Non soccorre pertanto alla ricorrente il richiamo alla sentenza 1A.273/2005, peraltro relativa a tutt'altra situazione.
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5.
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La ricorrente non può neppure prevalersi di un motivo di riduzione del risarcimento ai sensi dell'art. 44 CO per non essere stata tempestivamente informata dalla Cassa opponente dell'esistenza dei debiti in esame.
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I motivi di riduzione previsti dall'art. 44 CO, applicabili per analogia alla procedura di risarcimento danni dell'art. 52 LAVS (DTF 122 V 185 consid. 3b pag. 187 seg.), consentono di attenuare l'obbligo di risarcimento del datore di lavoro solo qualora e nella misura in cui causa adeguata del danno o del suo aggravamento sia stata una grave violazione del dovere di diligenza da parte dell'amministrazione (cfr. DTF 122 V 185 consid. 3c pag. 189). Nel caso di specie è però evidente, anche in considerazione di quanto esposto in precedenza, che il comportamento della Cassa non ha inciso in maniera causale (adeguata) né sull'insorgenza del danno né tanto meno su un suo ipotetico aggravamento.
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6.
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Insufficientemente motivata (v. sopra, consid. 1.4), oltre che infondata, è quindi la censura in base alla quale la condanna al pagamento - in solido con P.________ - del risarcimento di fr. 281'493.50 costituirebbe una violazione del diritto al rispetto della vita familiare e privata (art. 8 CEDU) poiché ridurrebbe sul lastrico la ricorrente e le sue figlie. Oltre a non adeguatamente spiegare in che misura l'obbligo risarcitorio rientrerebbe nel campo di applicazione dell'art. 8 CEDU, l'insorgente non si confronta minimamente con il tema della proporzionalità del provvedimento, sottacendo così (in questo contesto) in particolare l'esistenza, nell'ordinamento nazionale, di strumenti adeguati alla tutela degli eredi che non sanno o che temono di dover fare fronte a una successione indebitata.
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7.
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Infine, la ricorrente contesta la responsabilità stessa del defunto marito. Osserva che la società fallita, ancora il 17 maggio 2004, il 12 ottobre 2004 e il 3 marzo 2005, avrebbe effettuato importanti versamenti per garantire la sua esistenza in vista di un suo concreto risanamento, già contrattualmente stabilito. A dimostrazione di questa circostanza rammenta l'avvenuto pagamento di fr. 410'000.- nel corso del 2005.
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Sennonché ai primi giudici non può essere rimproverato un abuso del potere di apprezzamento per avere, senza arbitrio, escluso che il differimento dei pagamenti fosse riconducibile a una passeggera situazione di illiquidità della società (più in generale sui motivi di giustificazione e di discolpa riconosciuti in quest'ambito cfr. sentenza 9C_812/2007 del 12 dicembre 2008 consid. 3 con riferimenti). Dagli atti si evince infatti che - con riferimento al periodo in esame (2002-2005) - la Cassa ha mensilmente diffidato la T.________ SA per il versamento degli acconti dal mese di gennaio 2002, mentre i primi precetti sono stati spiccati nel marzo 2003. Dagli atti penali richiamati dalla Corte cantonale risulta inoltre che la T.________ SA dal 2002 ha cominciato a registrare i primi sintomi di mancanza di liquidità (v. verbali di interrogatorio 9 febbraio 2007 di A.________, responsabile per la gestione dei costi dei cantieri, e 3 maggio 2007 di U.________, direttore tecnico della fallita società). Nel corso del 2004 sono quindi iniziati pure i ritardi nei pagamenti dei salari, mentre i fornitori, che in precedenza prestavano lavoro a credito con termini di pagamento di 30/60 giorni, avevano cominciato ad esigere il pagamento diretto in contanti (v. verbale U.________). Quanto alle trattative in corso per l'acquisizione del gruppo societario P.________ da parte di L._______, il revisore ha evidenziato che il tentativo di allestire un rapporto di revisione relativo all'esercizio del 2004 era fallito perché la documentazione era troppo incompleta, mentre lo stesso L._______, nel suo verbale del 3 maggio 2007, ha affermato che: "La situazione non si districava, nel senso che io continuavo ad avere l'impressione che le cifre che mi venivano sottoposte non fossero giuste [...] Inoltre prendevo mano a mano conoscenza di istanze di fallimento dei vari creditori di cui nessuno mi aveva dato informazione [...]". In queste condizioni, contrariamente a quanto pretende la ricorrente, le prospettive di successo del previsto risanamento societario non apparivano per nulla scontate (cfr. sentenza 9C_111/2007 del 17 settembre 2007 consid. 4).
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Di conseguenza, il fatto che la società si sia adoperata nel corso del 2004 e del 2005 per ridurre, con importanti versamenti, l'onere contributivo, che altrimenti sarebbe risultato ancor maggiore, non permette di liberare gli organi dalla loro responsabilità. Come giustamente fatto notare dalla Corte cantonale, seguendo il ragionamento di parte ricorrente, sarebbe altrimenti sufficiente che una società che abbia accumulato importanti debiti contributivi per un lungo periodo cominci a rimborsare una parte anche importante di tale debito per fare sì che i suoi organi non possano, per questo solo motivo, più essere ritenuti responsabili ai sensi dell'art. 52 LAVS. Ciò sarebbe tuttavia contrario al senso stesso del disposto in esame (v. sentenza del Tribunale federale delle assicurazioni H 270/03 del 28 giugno 2004 consid. 5.4 con riferimenti).
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8.
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Nell'ambito della procedura di ricorso che lo concerne, P.________ ha prodotto un documento di lavoro interno dell'équipe finanziaria del Ministero pubblico del Cantone Ticino, intitolato «Riassunto dati "trattenute ai dipendenti"», che il suo patrocinatore avrebbe ottenuto nell'ambito del procedimento penale in corso, segnatamente per il reato di appropriazione indebita di trattenute salariali (art. 159 CP; cfr. ad esempio la decisione su reclamo 29 gennaio 2008 del Giudice dell'istruzione e dell'arresto contro l'ordine di perquisizione e di sequestro disposto dal Procuratore incaricato dell'inchiesta nei confronti della P.________ SA), e nel quale figura, in relazione a V.________ SA (apparentemente: T.________ SA), un importo di fr. 61'636.- nello spazio riservato a «Cassa compensazione SSIC - AVS». Preso atto di questa documentazione, G.________ ha proposto di sospendere la procedura.
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Una sospensione della procedura davanti al giudice delle assicurazioni sociali in attesa dell'esito di una procedura parallela può giustificarsi per motivi di economia processuale (cfr. art. 6 PC in combinazione con l'art. 71 LTF), segnatamente per evitare la ripetizione di provvedimenti istruttori. Parimenti può ammettersi la sospensione se un giudizio penale dovesse permettere di statuire su una questione decisiva per gli esiti della causa entro un termine ragionevole. La sospensione del processo comporta tuttavia il rischio di ritardare inutilmente la procedura, motivo per cui è ammessa soltanto in via eccezionale tenuto conto dell'esigenza di celerità posta dall'art. 29 cpv. 1 Cost. (DTF 130 V 90 consid. 5 seg. pag. 94 seg. con riferimenti). Il giudice adito dispone di un certo margine di apprezzamento nel ponderare gli interessi delle parti, fermo restando però che nei casi limite l'esigenza di cerelerità prevale sugli altri interessi (cfr. DTF 119 II 386 consid. 1b pag. 388; RSAS 2007 pag. 73 consid. 4.1 [B 143/05]).
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Nel caso di specie, la richiesta di sospensione diviene priva di oggetto con l'emanazione del giudizio, ma era comunque destinata ad insuccesso. Va infatti ricordato che i parametri di valutazione della responsabilità del datore di lavoro ai sensi dell'art. 52 LAVS sono diversi da quelli applicati dal giudice penale. A ciò si aggiunge che, oltre a non emanare da un accertamento definitivo dell'autorità penale, il documento lascia spazio a diverse possibili interpretazioni poiché - per quanto previsto dall'art. 159 CP, il cui campo di applicazione non coincide con quello dell'art. 52 LAVS (J. Hurtado Pozo, Droit pénal, Partie spéciale, 3a ed. 2009, pag. 454 seg.; Christian Favre/ Marc Pellet/ Patrick Stoudmann, Code pénal annoté, 2007, n. 1.1 ad art. 159) - sembrerebbe considerare le sole trattenute applicate sui salari dei dipendenti. Per il resto non sono fatti valere né tanto meno sono comprovati pagamenti a riduzione del danno (risultante dagli atti) originariamente reclamato dalla Cassa e nulla permette allo stato attuale (a distanza di 10 mesi dalla pronuncia impugnata) di sapere, anche solo approssimativamente, entro quali termini verrà emesso un giudizio penale (definitivo). In tali circostanze, le condizioni per eccezionalmente ammettere la sospensione della procedura non sono date. Ciò non preclude comunque all'insorgente la possibilità di introdurre una istanza di revisione qualora la procedura penale dovesse apportare elementi decisivi che permettano di scostarsi da quanto deciso nella presente procedura di assicurazioni sociali (cfr. per analogia RCC 1991 pag. 381 consid. 3b).
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9.
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Ne segue che il ricorso va respinto nella misura della sua ammissibilità. Le spese seguono la soccombenza e sono poste a carico della ricorrente (art. 66 cpv. 1 LTF).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
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2.
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Le spese giudiziarie di fr. 8000.- sono poste a carico della ricorrente.
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3.
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Comunicazione alle parti, al Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino e all'Ufficio federale delle assicurazioni sociali.
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Lucerna, 3 maggio 2010
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In nome della II Corte di diritto sociale
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del Tribunale federale svizzero
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Il Presidente: Il Cancelliere:
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Meyer Grisanti
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