BGer 4C_1/2015 |
BGer 4C_1/2015 vom 15.07.2015 |
{T 0/2}
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4C_1/2015
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Sentenza del 15 luglio 2015 |
I Corte di diritto civile |
Composizione
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Giudici federali Kiss, Presidente,
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Klett, Kolly, Hohl, Niquille,
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Cancelliere Piatti.
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Partecipanti al procedimento |
1. Ordine degli Avvocati del Cantone Ticino, 6830 Chiasso, rappresentato dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati del Cantone Ticino, 6830 Chiasso,
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2. A.________,
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entrambi patrocinati dall'avv. Gianluca Padlina,
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ricorrenti,
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contro
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Consiglio di Stato del Cantone Ticino,
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Residenza governativa, 6501 Bellinzona,
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opponente.
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Oggetto
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contratto normale di lavoro,
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ricorso contro il decreto emanato il 5 febbraio 2015 dal Consiglio di Stato del Cantone Ticino concernente il contratto normale di lavoro per gli impiegati di commercio negli studi legali.
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Fatti: |
A. Sul foglio ufficiale del Cantone Ticino n. 101 del 19 dicembre 2014 è stato pubblicato, per iniziativa della Commissione tripartita in materia di libera circolazione delle persone, il contratto normale di lavoro (CNL) per gli impiegati di commercio negli studi legali. Una premessa spiegava che i controlli effettuati dall'Ufficio dell'ispettorato del lavoro avevano accertato abusi ai sensi dell'art. 360a CO, ragione che aveva indotto la Commissione tripartita a proporre al Consiglio di Stato del Cantone Ticino un contratto normale di lavoro con salario minimo vincolante. Il testo pubblicato, con l'avvertenza che "le disposizioni evidenziate in grassetto avranno carattere obbligatorio" è questo:
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Al salario orario di base vanno aggiunte le seguenti indennità:
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B. L'Ordine degli Avvocati del Cantone Ticino e l'avv. A.________ insorgono davanti al Tribunale federale con ricorso in materia di diritto pubblico del 13 aprile 2015 con cui postulano, previo conferimento dell'effetto sospensivo al gravame, in via principale l'annullamento del predetto decreto e del contratto normale di lavoro. In via subordinata chiedono che, annullati il decreto e il CNL, gli atti siano ritornati al Consiglio di stato, affinché effettui una procedura di consultazione nel senso dell'art. 3 cpv. 2 della legge ticinese sull'avvocatura (LAvv/TI; RL 3.2.1.1); in via ancora più subordinata domandano l'annullamento degli art. 1 e 5 del CNL e il rinvio degli atti al governo cantonale per esperire un tentativo di conciliazione nel senso dell'art. 360b cpv. 3 CO. Affermano che non sussiste una competenza cantonale per emanare il CNL e lamentano la mancata consultazione dell'Ordine degli Avvocati, l'assenza di un tentativo di intesa, un accertamento manifestamente errato dei fatti, un abuso del potere di apprezzamento, nonché la violazione delle garanzie procedurali generali e del principio della proporzionalità.
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Diritto: |
Erwägung 1 |
1.1. Il decreto governativo impugnato è un atto normativo contro il quale il ricorso in materia di diritto pubblico è proponibile in forza degli art. 82 lett. b e 87 LTF. I contratti normali di lavoro adottati dai Cantoni in esecuzione degli art. 359a cpv. 1 e 360a cpv. 1 CO sono infatti atti normativi di diritto privato cantonale, validi entro i limiti di diritto federale, che si applicano immediatamente a un numero indeterminato di destinatari, ovvero a tutti i rapporti tra datori di lavoro e lavoratori del settore regolamentato, anche ai contratti già in corso (sentenza 4C_3/2013 / 4C_4/2013 del 20 novembre 2013 consid. 2, con i rinvii a giurisprudenza e dottrina, non pubblicato nella DTF 140 III 59).
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1.2. Il ricorso contro un atto normativo deve essere depositato presso il Tribunale federale entro 30 giorni dalla pubblicazione secondo il diritto cantonale (art. 101 LTF). Quando l'atto normativo è soggetto al referendum facoltativo il termine inizia a decorrere soltanto dalla pubblicazione della decisione di promulgazione, che pone fine alla procedura legislativa (DTF 133 I 286 consid. 1; sentenza 8C_825/2010 dell'11 luglio 2011 consid. 1.3).
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1.3. I ricorrenti sono un avvocato iscritto nel registro ticinese degli avvocati, avente il suo studio legale in Ticino, e l'Ordine degli Avvocati del Cantone Ticino (in seguito: Ordine). Quest'ultimo è una corporazione di diritto pubblico (art. 3 LAvv/TI), che indica nell'art. 3 dei suoi statuti fra gli scopi perseguiti anche la tutela degli interessi della corporazione e dei suoi membri. Entrambi gli insorgenti sono legittimati a impugnare il contestato decreto. Infatti, con riferimento al primo ricorrente basta ricordare che in materia di controllo astratto delle norme può ricorrere chi è effettivamente toccato nei propri interessi dalla norma in questione oppure potrà esserlo in futuro. Un interesse virtuale è sufficiente, a condizione che vi sia un minimo di probabilità che l'interessato possa prima o poi essere toccato direttamente dalla regolamentazione contestata. L'interesse degno di protezione non deve essere necessariamente giuridico; basta un interesse di fatto (DTF 136 I 49 consid. 2.1; 135 II 243 consid. 1.2; 133 I 286 consid. 2.2). Per quanto invece riguarda il secondo ricorrente ci si può limitare a ribadire che le corporazioni sono legittimate a ricorrere in proprio nome se gli scopi statutari prevedono la difesa degli interessi degni di protezione dei loro membri, a condizione che tali interessi siano, come nella fattispecie, comuni alla maggioranza o perlomeno a un grande numero di associati e che ognuno di loro sarebbe legittimato a prevalersene a titolo personale (DTF 137 II 40 consid. 2.6.4 pag. 46 seg.; 133 V 239 consid. 6.4 pag. 243).
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1.4. Ne discende che il ricorso si rivela in linea di principio ammissibile.
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1.5. Pure ammissibile risulta essere la risposta presentata dalla Divisione dell'economia per il Consiglio di Stato: contrariamente a quanto affermato dai ricorrenti nell'arzigogolo contenuto nella replica, secondo cui in concreto dovrebbe trovare applicazione l'art. 70 lett. h della Costituzione ticinese, l'ordinamento sulle deleghe è stato rispettato, atteso che il Consiglio di Stato è semplicemente stato invitato a determinarsi su un ricorso.
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2. Come osservato, impugnato è un atto normativo. Tale circostanza non influisce solo sulle condizioni di ammissibilità del ricorso, ma ha pure un'incidenza sulle censure che possono essere validamente proposte in questa sede. Per tale motivo giova premettere che le - numerose - argomentazioni ricorsuali attinenti alla violazione di diritti concessi dalla Costituzione federale, dall'art. 6 n. 1 CEDU e dalla legge di procedura amministrativa cantonale a una parte in una procedura giudiziaria o amministrativa (che sfocia in un provvedimento dell'autorità in un singolo caso) si rivelano di primo acchito inconferenti. Giova del resto rilevare che, pur lamentando di non aver potuto accedere agli atti, con la replica i ricorrenti non menzionano alcun documento che sarebbe mancante dopo la risposta del Consiglio di Stato.
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Erwägung 3 |
3.1. Nella parte iniziale del gravame i ricorrenti narrano che nel giugno 2014 l'Ordine è stato favorevolmente contattato dall'Ufficio dell'ispettorato del lavoro (UIL) con una richiesta di aiuto per la rilevazione di dati, criticano le modalità che hanno preceduto la pubblicazione del comunicato stampa con cui la Commissione tripartita annunciava l'intenzione di proporre un contratto normale di lavoro e lamentano che un incontro con i funzionari dell'UIL e una delegazione dell'Ordine ha unicamente potuto avvenire l'11 febbraio 2015, senza che però sia stato possibile accedere agli atti. I ricorrenti sostengono che l'Ordine non è stato consultato prima dell'emanazione del CNL, circostanza che violerebbe sia l'art. 3 cpv. 2 LAvv/TI, sia l'art. 359a cpv. 2 CO.
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3.2. Giusta l'art. 3 cpv. 2 LAvv/TI l'Ordine promuove la dignità e l'esercizio corretto della professione e viene coinvolto dallo Stato in particolare per discutere i problemi generali dell'avvocatura e dell'amministrazione della giustizia. L'art. 359a cpv. 2 CO prevede invece che prima dell'adozione del contratto normale di lavoro, oltre alla pubblicazione con l'indicazione di un termine per presentare osservazioni, sarà chiesto il parere delle associazioni professionali o di utilità pubblica interessate.
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Erwägung 4 |
4.1. Sempre da un punto di vista formale i ricorrenti lamentano l'assenza dell'esperimento di un tentativo d'intesa ai sensi dell'art. 360b cpv. 3 CO.
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4.2. Nella sua risposta il Consiglio di Stato spiega che la Commissione tripartita non ha proceduto a un esperimento di conciliazione perché gli studi legali coinvolti erano 33, "ossia un numero tale da fare apparire sin dall'inizio del tutto inutile, infruttuosa e peraltro troppo laboriosa l'intesa diretta con i relativi datori di lavoro".
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4.3. Il Tribunale federale ha già stabilito che l'art. 360b cpv. 3 CO permette alla Commissione tripartita di rinunciare alla procedura conciliativa, qualora non appaia possibile che l'intesa sia raggiunta nel termine di due mesi (sentenze 4C_3/2013 / 4C_4/2013 del 20 novembre 2013 consid. 11.2 e 4C_1/2014 dell'11 maggio 2015 consid. 5.3). In ragione dell'elevato numero di datori di lavoro che avrebbero dovuto essere coinvolti, non è possibile rimproverare all'autorità cantonale di avere ecceduto nel suo potere di apprezzamento per non aver d'entrata ricercato un'intesa.
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5. I ricorrenti sostengono pure che il governo ticinese non aveva la competenza di emanare il contestato decreto, perché - giusta l'art. 359a cpv. 1 CO - il Consiglio federale è competente per stabilire il contratto normale di lavoro se il suo campo di applicazione si estende sul territorio di più Cantoni. A sostegno della loro tesi citano anche la legge federale sulla libera circolazione degli avvocati (LLCA) e affermano che fra le competenze rimaste ai Cantoni "non figura la possibilità di regolamentare in qualche modo l'organizzazione interna degli studi legali e i rapporti contrattuali legati alla stessa".
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6.
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6.1. Sotto il profilo sostanziale i ricorrenti contestano la definizione del salario determinante per individuare una situazione di abuso, asseverando segnatamente che questo non poteva essere stabilito semplicemente riprendendo il salario minimo previsto da un CCL, che reputano essere applicabile a un settore diverso da quello esaminato. Essi sostengono poi che la considerazione dei contratti conclusi o modificati negli ultimi due anni è stata una scelta meramente strumentale affinché la quota dei salari abusivi superi il 10 %. Ritengono pure che non possa essere stabilita una soglia percentuale uguale per tutti i settori. Affermano infine che non sarebbe nemmeno possibile equiparare "la situazione di neoassunti senza alcuna esperienza nel settore e dipendenti formati e con esperienza", ciò in ragione dell'accresciuto onere formativo che incombe sugli avvocati nei confronti delle persone appena ingaggiate e senza specifica esperienza. Sempre a mente dei ricorrenti, le "autorità coinvolte nella procedura di adozione del contratto normale di lavoro" avrebbero abusato del loro potere di apprezzamento e violato il principio della proporzionalità.
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6.2. Nella risposta il Consiglio di Stato ha spiegato che in base al modello di valutazione elaborato dall'Istituto di Ricerche Economiche (IRE) e approvato dalla Commissione tripartita, nel caso in cui vengono esaminati un ramo o una professione con un CCL/CNL con un salario minimo di riferimento è quest'ultimo che viene utilizzato come soglia minima di raffronto per determinare l'abuso, senza alcun margine di tolleranza. Inoltre, qualora i contratti stipulati negli ultimi due anni nel settore analizzato sono meno del 15 %, per la valutazione del dumping salariale vengono considerati tutti i lavoratori, altrimenti si tiene conto unicamente dei lavoratori soggetti a tali contratti recenti. Tale limitazione ha per scopo la determinazione della presenza di un dumping salariale prima che esso si radichi nell'intero settore. In entrambi i casi, se la percentuale dei salari inferiori a quello di raffronto supera il 5 %, si è in presenza di abusi ripetuti.
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6.3. L'art. 360a CO elenca le condizioni che permettono all'autorità competente di stabilire, in un contratto normale di lavoro di durata limitata, salari minimi differenziati secondo le regioni, e all'occorrenza il luogo, allo scopo di combattere o impedire abusi. Dal profilo materiale un contratto normale di lavoro nel senso della norma in discussione presuppone che nell'ambito di un ramo o di una professione vengano ripetutamente e abusivamente offerti salari inferiori a quelli usuali per il luogo, la professione o il ramo (dumping salariale). L'esistenza di questa condizione dev'essere constatata dalla Commissione tripartita, che i Cantoni devono istituire per il loro territorio e che è composta di un numero uguale di rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori nonché di rappresentanti dello Stato (art. 360b cpv. 1 CO). La determinazione dell'esistenza di un dumping salariale ha una componente politica e legislativa (Vischer/Albrecht, op. cit., n. 3 ad art. 360a CO; Giacomo Roncoroni, op. cit., n. 87 ad art. 360a CO), che conferisce alla Commissione tripartita un ampio margine di apprezzamento.
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7. Da quanto precede discende che il ricorso, nella misura in cui risulta ammissibile, si appalesa infondato e come tale va respinto. Le spese giudiziarie sono poste a carico dei ricorrenti (art. 66 cpv. 1 LTF), ma allo Stato non vengono assegnate ripetibili (art. 68 cpv. 3 LTF).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia: |
1. Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
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2. Le spese giudiziarie di fr. 5'000.-- sono poste a carico dei ricorrenti in solido.
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3. Comunicazione alle parti.
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Losanna, 15 luglio 2015
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In nome della I Corte di diritto civile
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del Tribunale federale svizzero
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La Presidente: Kiss
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Il Cancelliere: Piatti
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