BGE 98 Ib 13
 
3. Sentenza del 25 febbraio 1972 nella causa Comune di Gordola e Lega svizzera per la protezione della natura contro Consiglio di Stato del cantone Ticino e liteconsorti.
 
Regeste
Verwaltungsgerichtsbeschwerde. Legitimation (Art. 103 OG) im Fall der Verletzung des NHG und des GSchG. Ufervegetation.
2. Mit der Verwaltungsgerichtsbeschwerde wegen Verletzung des GSchG kann die Gemeinde Massnahmen anfechten, die geeignet sind, die Reinheit von Gewässern und dadurch deren allfällige künftige Verwendung durch die Beschwerdeführerin zu gefährden; der Umstand, dass die Wasserläufe nach dem kantonalen Recht dem Kanton gehören, ist ohne Bedeutung (Erw. 2 a).
3. Rechtzeitigkeit der Beschwerde (Erw. 4).
4. Begriff der Ufervegetation (Art. 21 NHG). Das in dieser Bestimmung enthaltene Verbot betrifft nur die Pflanzen, die das Ufer bedecken und im Wasser wachsen (Erw. 6).
 
Sachverhalt
A.- La particella n. 4130 di Locarno, appartenente agli eredi fu Quirico Leoni, giace in località "Reviscaglie", nel delta dei fiumi Verzasca e Ticino. Da anni vi si gettavano senza permesso e in modo incontrollato rifiuti d'ogni genere. Mediante risoluzione del 30 marzo 1971 il Consiglio di Stato del cantone Ticino ha concesso ai proprietari il permesso di procedere a una ripiena controllata del fondo. Questa doveva avvenire secondo precise prescrizioni e in una ben delimitata misura.
B.- Tale risoluzione è stata impugnata, attraverso la via del ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale, il 19 maggio 1971 dal comune di Gordola, e il 25 giugno 1971 dalla Lega svizzera per la protezione della natura.
a) Il comune di Gordola chiede l'annullamento della decisione impugnata e adduce che il permesso di procedere alla colmatura ha comportato la distruzione della flora ripuale, che non può essere rimossa giusta l'art. 21 della legge federale sulla protezione della natura e del paesaggio, del 1. luglio 1966 (LPNP). In più, il deposito litigioso di materiale sarebbe suscettibile di minacciare la purezza delle acque sotterranee, e contrasterebbe pertanto con l'art. 4 della legge federale sulla protezione delle acque dall'inquinamento, del 16 marzo 1955 (LPA). Infine, sul mappale in esame sorgerebbe un bosco d'arbusti e di cespugli, protetto dalla legislazione sulle foreste.
b) La Lega svizzera per la protezione della natura postula, oltre l'annullamento della risoluzione governativa, il parziale ripristino del fondo e, naturalmente, il divieto di qualsiasi ulteriore deposito. Essa fa valere una violazione delle norme legali sulla protezione della natura e del paesaggio, nonché di quelle sulla protezione delle acque. Aggiunge inoltre che il fondo litigioso fa parte d'una zona inclusa, quale oggetto n. 3.84, nell'Inventario dei monumenti naturali d'importanza nazionale meritevoli di protezione.
C.- Il Consiglio di Stato del cantone Ticino e i proprietari del mappale propongono di respingere i ricorsi.
D.- Le domande volte a far attribuire l'effetto sospensivo ai gravami sono state respinte dal Presidente della Camera di diritto amministrativo con decreti del 18 giugno, rispettivamente del 6 agosto 1971.
E.- Una Delegazione del Tribunale federale ha effettuato il sopralluogo il 22 novembre 1971.
 
Considerando in diritto:
a) Il comune di Gordola è legittimato ad interporre il presente ricorso dal profilo della citata legislazione. Certo, il mappale litigioso si trova in territorio del comune di Locarno. Ed è altrettanto evidente che il legislatore federale non ha voluto conferire ai comuni un diritto generale di impugnare con il ricorso di diritto amministrativo qualsiasi decisione che possa violare la LPNP, senza riguardo al territorio. Tuttavia, il diritto di ricorrere non va necessariamente limitato alle decisioni relative a beni trovantisi nel territorio del comune interessato, ma può essere esteso a quelle che comunque possono influire - per circostanze di luogo - sul comune stesso o i suoi abitanti. Ora, la particella litigiosa, per quanto appartenente giuridicamente al territorio di Locarno, si trova geograficamente inclusa, quale enclave, nel territorio del comune di Gordola. La veste di quest'ultimo ad impugnare la decisione litigiosa dal profilo della LPNP viene quindi ammessa. Fondata sull'art. 12 LPNP, essa sarebbe del resto data già sulla base dell'art. 103 lett. a OG, in virtù del quale ha diritto di ricorrere "chiunque è toccato dalla decisione impugnata ed ha un interesse degno di protezione all'annullamento o alla modificazione della stessa". In effetti, il principio che esclude, di massima, l'applicazione dell'art. 103 lett. a OG nei confronti delle autorità e degli organismi non vale per le collettività pubbliche (RU 97 I 607).
b) La veste della Lega svizzera per la protezione della natura ad interporre il presente ricorso di diritto amministrativo per violazione dell'art. 21 LPNP è fuori discussione (v. art. 103 lett. c OG, RU 96 I 691 lett. c).
a) Nessuna disposizione della LPA conferisce in modo esplicito al comune il diritto di adire il Tribunale federale attraverso la via del ricorso di diritto amministrativo. L'art. 14 LPA si limita in effetti a dichiarare impugnabili con questo rimedio le "decisioni prese in ultima istanza dal Cantone in esecuzione della ... legge". Con la revisione della OG, tuttavia, è stata introdotta al già citato art. 103 lett. a una disposizione generale che abilita al ricorso di diritto amministrativo chiunque sia colpito dalla decisione e abbia un interesse degno di protezione al suo annullamento o alla sua modificazione. Indubbiamente, in concreto, il comune di Gordola ha un interesse meritevole di protezione all'annullamento della risoluzione litigiosa. Anche se esso non utilizza attualmente la falda freatica, nè ha sostenuto di volerla validamente utilizzare in un prossimo avvenire, è chiaro che la misura impugnata è di per sè in grado di creare pericoli d'inquinamento e di stroncare eventualmente con ciò qualsiasi futura velleità di sfruttamento dell'acqua. Se si volesse limitare il diritto di ricorrere al cantone, proprietario dei "corsi d'acqua compresi quelli sotterranei" (v. art. 99 cpv. 2 LAC ticinese, art. 1 e segg. legge cantonale riguardante l'utilizzazione delle acque, del 17 maggio 1894), si restringerebbe in misura inopportuna la tutela delle acque. È non si vede proprio chi potrebbe allora intervenire, nel caso in cui il cantone, per negligenza, se ne stesse immobile. In ogni caso, il citato art. 103 OG non contiene più l'esigenza dell'interesse giuridico contenuto nella vecchia norma, per cui il quesito della proprietà delle acque è irrilevante.
b) Il quesito di sapere se la Lega svizzera per la protezione della natura ha veste per invocare, attraverso il presente rimedio, una violazione della LPA è dubbio. Esso può comunque essere lasciato aperto nella fattispecie.
4. La risoluzione litigiosa reca la data del 30 marzo 1971. Essa non è stata intimata ai ricorrenti, che nella procedura cantonale non avevano la qualità di parte. Non risulta d'altra parte che vi sia stata una pubblicazione ufficiale ai sensi dell'art. 36 PAF. In simili circostanze, giusta l'art. 107 cpv. 3 OG, che non fa ricadere sulle parti le conseguenze pregiudizievoli di una notificazione irregolare, i ricorrenti avevano la facoltà di interporre il ricorso nel termine di trenta giorni dalla data in cui è stato loro possibile prendere conoscenza della decisione litigiosa (RU 96 I 692 consid. 1). Ora, in concreto, il comune di Gordola è stato reso edotto della decisione governativa, tramite il Municipio di Locarno, il 22 aprile 1971; da parte sua, la Lega svizzera per la protezione della natura non ha mai ricevuto copia alcuna della risoluzione litigiosa, nonostante l'avesse sollecitata. Ne consegue che i ricorsi di diritto amministrativo presentati il 19 maggio 1971 dal comune di Gordola, rispettivamente il 25 giugno 1971 dalla Lega svizzera per la protezione della natura, debbono essere considerati tempestivi.
5. Entrambi i gravami concernono la medesima fattispecie e, interposti contro una stessa decisione, contengono identiche censure. Si giustifica quindi, per economia di giudizio, di deciderli con una sola sentenza.
Giusta l'art. 21 LPNP, la vegetazione ripuale - ad esempio i canneti e i giuncheti - delle acque pubbliche non dev'essere dissodata, sotterrata, nè altrimenti annientata. I ricorrenti fanno appunto valere che il deposito litigioso di materiale fa scomparire dalla particella n. 4130 la vegetazione ripuale protetta.
Il fondo in esame giace nel delta della Verzasca e appartiene pure alla zona ripuale del lago Maggiore. I canneti che spuntano al margine del prato rientrano quindi manifestamente nel novero della vegetazione che l'art. 21 LPNP vieta di toccare. Può pure darsi che talune piante oltre la riva - considerati la vicinanza dell'acqua e il periodico allagamento - presentino particolari caratteristiche: tuttavia, si andrebbe troppo lontano a voler qualificare come protetta anche la vegetazione che spunta su di un prato vicinissimo alla riva. La protezione prevista dalla citata norma concerne la vegetazione della zona ripuale inutilizzabile dal profilo agricolo, e non già quella presente sui prati coltivati che si trovano nelle vicinanze sia pure immediate delle acque. Certe particolarità botaniche riscontrabili tra le erbe della zona sfruttata non bastano a far applicare il divieto dell'art. 21 LPNP. Del resto, la stessa nota marginale di questa norma ("Vegetazione ripuale"), il suo tenore ("La vegetazione ... delle acque pubbliche") e gli esempi riprodotti ("come i canneti e i giuncheti") stanno ad indicare ch'essa si applica unicamente alle piante che ricoprono le rive nonché a quelle che crescono nell'acqua (v. RU 96 I 692 consid. 2 lett. a).
Ne consegue che, per quanto riguarda la particella litigiosa, risulta protetto il canneto ripuale, non anche il prato. Nei confronti del canneto, l'art. 21 LPNP deve essere però considerato applicabile senza riserve. È bensì vero che, giusta l'art. 22 cpv. 2 LPNP, l'autorità cantonale può autorizzare la rimozione della vegetazione ripuale "qualora l'interesse pubblico l'esiga". Tuttavia, manifestamente, i requisiti per tale eccezione alla regola generale del divieto non sono adempiuti in concreto. Innanzitutto, il volume e l'area che il proprietario guadagnerebbe qualora gettasse materiale di ripiena anche sulla riva, sarebbero modesti, e in ogni caso non proporzionali - e di gran lunga - al notevole interesse generale per la conservazione del canneto. D'altra parte, se non si vuole interpretare in senso troppo lato la nozione di vegetazione ripuale protetta, e se se ne esclude l'estensione alla zona non direttamente alla riva, bisogna essere prudenti nell'ammettere eccezioni al divieto di rimozione. Questa potrebbe essere concessa solo se lo richieda un interesse del tutto rilevante, ad esempio connesso alla costruzione di opere stradali - carreggiate, ponti, muri di sostegno, eccetera - non collocabili altrove. In taluni casi, la creazione d'un deposito di materiali può invero essere dettata da un indubbio interesse pubblico: tuttavia, ciò non dovrebbe di regola essere sufficiente a fondare un'eccezione al divieto imposto dall'art. 21 LPNP; in caso contrario, questa norma perderebbe parte essenziale della sua importanza pratica. V'é anzi da considerare che la legge, attraverso la citata disposizione, vuol manifestamente impedire che vengano gettati in una zona ripuale rifiuti o deposti materiali di scavo.
Il Consiglio di Stato, comunque, sembra ammettere che il deposito litigioso non deve compromettere la flora ripuale; e in effetti, il punto 7 lett. d della relazione tecnica che accompagna la decisione impugnata impone il rispetto della vegetazione protetta ai sensi dell'art. 21 LPNP. Tuttavia, come il sopralluogo ha mostrato, questa clausola, formulata peraltro in modo astratto, non è stata sufficientemente seguita. È così, il deposito di materiali arriva oggi sino al canneto. Si giustifica quindi di ordinare al Consiglio di Stato ticinese l'adozione immediata di provvedimenti concreti atti a salvaguardare in maniera efficace i canneti e la vegetazione ripuale esistenti sul fondo. Ciò comporta egualmente che, una volta compiuta la ripiena, vengano prese misure - quali una ricopritura del terreno, una piantagione e una recinzione - atte ad impedire un deposito "selvaggio" di rifiuti nella zona ripuale protetta.
7. La censura del comune di Gordola, secondo cui il deposito litigioso comprometterebbe la purezza delle acque e quindi un loro futuro possibile sfruttamento, è molto generica e sprovvista di una circostanziata motivazione. È vero che il deposito di materiali di varia origine può essere di natura tale da inquinare le acque, siano esse superficiali o sotterranee. Tuttavia, attraverso adeguate misure di controllo, dovrebbe essere possibile impedire che vengano gettati sul mappale litigioso materiali suscettibili di provocare un inquinamento delle acque. Ora, la già citata relazione tecnica prescrive, al punto 8, che la natura dei materiali dovrà di volta in volta essere esaminata dalla Sezione cantonale per la protezione delle acque e dell'aria. Se questa prescrizione viene osservata, e di conseguenza viene impedito il deposito di materiali pericolosi dal profilo della protezione delle acque, non vi dovrebbe essere alcun pericolo d'inquinamento. Sulla base del sopralluogo e degli atti di causa non v'é motivo di decretare al riguardo misure più severe e radicali. Da un lato, non v'é attualmente alcuna captazione delle acque; dall'altro, il deposito vien compiuto in una zona alquanto marginale e al limite a lago della falda freatica; infine, il deposito è limitato al materiale non inquinante (contrariamente a quel che era il caso nella fattispecie alla base della sentenza Bolz e Co contro Obwalden, pronunciata il 26 novembre 1971, ove si trattava del colaticcio proveniente da un porcile). V'é tuttavia da attendere - e non v'é motivo di dubitare - che la Sezione cantonale per la protezione delle acque e dell'aria assolva regolarmente i suoi compiti di controllo.
Il Tribunale federale pronuncia:
I ricorsi sono parzialmente accolti, nel senso che il Consiglio di Stato del cantone Ticino è invitato a prendere misure per la stretta osservanza del divieto di rimozione della flora ripuale (canneti) esistente sulla particella n. 4130 di Locarno.