51. Sentenza del 2 luglio 1975 nella causa Ferrovie federali svizzere contro Plastex di Alberto Greco
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Regeste
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I. Verfahrensrechtliche Fragen.
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2. Materielle Enteignung: Der Entschädigungsanspruch entsteht von Gesetzes wegen in dem Zeitpunkt, da das Gemeinwesen die die Rechte des Eigentümers einschränkende Massnahme annimmt (Erw. 3b).
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II. Materielle Fragen.
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3. Verjährung der Ansprüche aus den Art. 18 und 20 EBG. Das EBG schweigt sich hierüber aus. Analoge Anwendung anderer Gesetze (Erw. 5a-b).
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4. Wird ein Tauschvertrag, durch den die Nachteile aus der materiellen Enteignung ausgeglichen werden sollen, durch das Privatrecht oder - als verwaltungsrechtlicher Vertrag - durch das öffentliche Recht beherrscht? Frage offen gelassen. - Schliesst der Abschluss eines derartigen Vertrages durch den Enteigneten den Verzicht ein, später weitere Ansprüche geltend zu machen? Die Frage wurde verneint, indem der Vertrag im Lichte des Grundsatzes des guten Glaubens ausgelegt wurde (Erw. 6).
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5. Art. 18, 40 lit. a EBG: Die Anfechtung des Bauverbotes ist ein Recht und nicht eine Pflicht, die erfüllt sein müsste, um Schadenersatzansprüche geltend machen zu können (Erw. 7).
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6. Die von der Rechtsprechung entwickelte Regel, wonach dann, wenn ein Grundstück nur teilweise mit einem Bauverbot belegt wird, bei der Prüfung der Frage, ob eine materielle Enteignung vorliege, die Lage mit Bezug auf das ganze Grundstück in Betracht zu ziehen ist, gilt nicht absolut; vielmehr ist allfälligen Besonderheiten Rechnung zu tragen (Erw. 9b).
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7. Temporärer Charakter eines Verbotes: Der temporäre Charakter eines Verbotes muss im Zeitpunkt, da die die Rechte des Eigentümers einschränkende Massnahme angenommen wird, augenfällig sein; er darf sich nicht erst aus späteren Ereignissen ergeben (Erw. 9c).
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Sachverhalt
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A.- Alberto Greco, titolare della ditta individuale "Plastex", acquistò nell'ottobre 1961 il fondo n. 848 RFP del comune di Manno, con l'intenzione di erigervi una fabbrica. Dopo aver rilasciato, il 25 marzo 1962, il permesso di massima, il Municipio di Manno accordò la licenza edilizia l'11 aprile successivo. Il Dipartimento delle opere sociali del Cantone Ticino accordò a sua volta il permesso cantonale, dopo aver raccolto il preavviso dell'Ispettorato federale delle fabbriche e dell'INSAI.
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B.- Avvertito verbalmente che il suo disegno poteva collidere con progetti ferroviari, concernenti il collegamento fra la futura stazione merci del Vedeggio e la stazione di Taverne, Alberto Greco inviò i progetti della fabbrica alla Direzione del II circondario delle FFS. Con lettera del 12 giugno 1962, le FFS comunicavano a Greco che il mappale 848 di Manno era compreso nella zona riservata per il futuro scalo merci di Lugano, per cui ai sensi dell'art. 18 della legge federale sulle ferrovie del 20 dicembre 1957 il progetto soggiaceva all'approvazione dell'autorità ferroviaria, in assenza della quale i lavori non potevano iniziare. Nel corso di successive trattative, le FFS offrirono a Greco di comperargli il fondo, oppure di permutarlo con altro di loro proprietà. Un'intesa fu raggiunta già il 27 luglio 1962. In tale data, le FFS scrivevano a Greco di esser d'accordo di scambiare la particella 848 contro il fondo n. 62 1/4 p e di autorizzare l'immediato inizio dei lavori di costruzione su quest'ultima particella, ancor prima del perfezionamento delle pratiche di trapasso.
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L'atto pubblico di permuta fu stipulato soltanto il 27 marzo 1963. Ciò per la ragione che, mentre Greco desiderava che la questione del risarcimento di ulteriori pregiudizi, che pretendeva aver subito, restasse quantomeno aperta, impregiudicata la posizione delle FFS, le ferrovie esigevano che nel contratto si riconoscesse che con la permuta ogni pretesa di Greco era liquidata. Per finire, nessuna clausola, né di riserva né di tacitazione fu inserita nell'atto che documenta soltanto lo scambio delle due particelle.
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Trattative per la liquidazione degli ulteriori danni fatti valere da Greco non diedero esito alcuno.
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C.- Con istanza del 12 maggio 1966 Greco si rivolse alla Commissione federale di stima del VII (ora 13o) circondario (CFS), facendo valere nei confronti delle FFS pretese per complessivi Fr. 70'726.90, di cui Fr. 18'881.20 per l'abbandono del primitivo progetto, Fr. 1'845.70 per spese di impianto di cantiere e l'inizio degli scavi sul fondo 848, e Fr. 50'000.-- per mancato guadagno derivante dal ritardo della messa in attività della fabbrica.
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Le FFS chiedevano alla CFS di non entrare nel merito, rispettivamente di respingere la pretesa per carenza evidente di fondamento, sollevavano l'eccezione di prescrizione e contestavano l'esistenza di un danno.
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Con decisione del 3 gennaio 1972 la CFS ha condannato le FFS a pagare a Greco Fr. 18'881.20 a dipendenza delle spese di progettazione, e Fr. 1'500.-- per rimborso delle spese di impianto di cantiere, e respinto ogni ulteriore pretesa.
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D.- Con tempestivo ricorso di diritto amministrativo le FFS chiedono che, in riforma dell'impugnata decisione, non si entri nel merito dell'esame della domanda di indennità, rispettivamente che questa venga respinta integralmente e, in via subordinata, parzialmente.
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E.- La causa solleva alcune questioni di principio, dalla cui soluzione dipende un'eventuale ulteriore istruttoria. Per economia di giudizio il Tribunale federale si pronuncia su di esse con giudizio parziale.
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Considerando in diritto:
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I. Questioni di procedura
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b) Il litigio che oppone le parti ha tratto all'applicazione dell'art. 18 della legge federale sulle ferrovie del 20 dicembre 1957 (LFerr.) alla quale le FFS sottostanno in virtù dell'art. 4 cpv. 1 della legge federale del 23 giugno 1944 sulle FFS.
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L'art. 18 LFerr. ha ripreso le disposizioni dell'art. 14 e relativi della cessata legge sulla costruzione e l'esercizio delle ferrovie del 23 dicembre 1872, concernenti l'approvazione dei piani di costruzione degli impianti ferroviari (cfr. Messaggio del Consiglio federale del 3 febbraio 1956, FF franc. 1956 I pag. 236 segg.; BBl 1956 I pag. 241 segg.). Rispetto alla legge del 1872 è nuova la disposizione secondo cui soggiacciono alla procedura di approvazione dell'art. 18 LFerr., oltre i piani ferroviari, anche i "piani di terzi intesi a costruzioni che toccherebbero fondi destinati all'esercizio ferroviario o che potrebbero nuocere alla sicurezza della ferrovia e al suo esercizio o allo sviluppo degli impianti ferroviari" (cfr. Messaggio, FF franc. 1956 I pagg. 237/38; BBl 1956 I pag. 242). La giurisprudenza del tribunale federale ha già precisato a tal proposito che, perché sia dato obbligo d'approvazione, occorre che il progetto del terzo sia suscettibile d'avere un'incidenza diretta sugli impianti o il traffico ferroviario (DTF 98 Ib 480 consid. 3).
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Dal canto suo, l'art. 20 LFerr. dichiara che l'obbligo dell'impresa ferroviaria di indennizzare - ricorrendo certe condizioni, su cui si tornerà oltre - i terzi per la violazione di loro diritti è "disciplinato dalla legislazione federale sull'espropriazione".
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È palese che, con questa formulazione, il legislatore ha inteso dichiarare applicabili a codeste contestazioni le disposizioni di diritto materiale della legge sull'espropriazione. Meno evidente è se, con essa, il legislatore abbia anche sottoposto tali controversie alla procedura prevista dalla LEspr., ed in particolare radicato la competenza della Commissione federale di stima.
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c) Secondo l'art. 40 cpv. 2 LFerr. il Tribunale federale è competente per giudicare quale istanza unica e secondo la procedura di diritto amministrativo (art. 116 OG), le controversie sorte nell'applicazione delle disposizioni del Capo IV della legge (di cui fan parte anche gli art. 18 e 20) e concernenti "le spese e la loro ripartizione e le indennità". Ma, a tal proposito, l'art. 40 cpv. 2 rinvia soltanto agli art. 19 cpv. 2, 21 cpv. 2 (ripartizione delle spese necessarie per l'adozione di misure di sicurezza nei confronti di opere pubbliche e, rispettivamente, di impianti privati), 25 a 32 (ripartizione delle spese per incroci con strade pubbliche e private, con altre ferrovie o altri impianti). Le controversie sgorganti dagli art. 18 e 20 LFerr. non sono menzionate. A meno di considerare il rinvio espresso nell'art. 40 LFerr. come incompleto, se ne deduce, a contrario, che la Commissione federale di stima è, in linea di principio, competente per giudicare delle pretese di indennità fondate sulle predette disposizioni.
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d) Tale conclusione si giustifica anche per motivi sostanziali e di sistematica legislativa.
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Allorquando concerne piani ferroviari, la procedura di approvazione prevista dall'art. 18 LFerr. sfocia semplicemente in un permesso di polizia, con il quale è constatato che, sotto il punto di vista dell'interesse pubblico, nulla osta alla costruzione dell'opera ferroviaria così come prevista. Esterna al procedimento espropriativo, questa approvazione non esamina né se per la prevista opera sia necessario o meno il ricorso ad una procedura espropriativa, né se di tale procedura espropriativa siano dati i presupposti (HESS, Commentario, Vorbemerkungen zu Abschnitt V, n. 3 e 20).
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Diversa appare la situazione allorquando la procedura dell'art. 18 LFerr. è applicata a progetti di terzi. Questi vi soggiacciono non solo se toccano fondi adibiti all'esercizio ferroviario, o compromettono la sicurezza o l'esercizio della ferrovia, ma anche allorquando la loro esecuzione potrebbe esser d'ostacolo allo sviluppo futuro (Ausbau) degli impianti ferroviari (cfr. Messaggio, FF franc. 1956 I 238, BBl 1956 I pag. 242; HAEFELIN, relatore al Consiglio degli Stati, Boll.Sten. CSt. 1957, pag. 151). In questi casi la negata approvazione del progetto può, secondo le circostanze, equivalere all'imposizione sul fondo di una restrizione della proprietà con conseguenze analoghe a quelle di un'espropriazione, e costituire pertanto un'espropriazione materiale. Già per un'esigenza costituzionale (art. 22ter. Cost.) deve, in simili casi, essere aperta al proprietario la via per chiedere ed ottenere un'indennità (DTF 98 Ia 33 in alto). Ora, in casi che sono analoghi a quello qui menzionato, il legislatore ha scelto di affidare il giudizio di simili controversie alle Commissioni federali di stima. Ciò si verifica nel caso delle zone di protezione degli aerodromi. Secondo l'art. 43 cpv. 3 della legge federale sulla navigazione aerea del 21 dicembre 1948 (RU 1950 vol. 1 pag. 479), nel tenore in vigore prima della modifica del 17 dicembre 1971 (RU 1973 vol. 1 pag. 738), disposizione alla quale il legislatore si è riferito per l'introduzione dell'art. 18 LFerr. (cfr. Messaggio, FF franc. 1956 I pag. 238, BBl 1956 I pag. 242; HAEFELIN, rel. al CSt., Boll.Sten. 1957 pag. 151), la legge federale sull'espropriazione è applicabile alle pretese degli interessati per risarcimento di danni. La riforma della legge sulla navigazione aerea del 17 dicembre 1971 ha confermato il principio, stabilito il "dies aestimandi" (art. 44 cpv. 2), il modo e il termine per la notificazione (art. 44 cpv. 3) ed infine, espressamente previsto, l'applicabilità per analogia della procedura di stima della legge federale sull'espropriazione.
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Anche la legge sulle strade nazionali prevede, per il giudizio circa l'indennità dovuta per restrizioni derivanti dalle zone riservate, la competenza della CFS e l'applicabilità del procedimento di stima previsto dagli art. 57 e segg. LEspr. (art. 18 LSN).
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La competenza della CFS nella contestata materia, deve quindi esser riconosciuta, con la conseguenza di escludere quella del Tribunale federale quale istanza unica (art. 117 lett. c OG).
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3. a) Nei casi di espropriazione formale, non basta che la Commissione di stima sia competente "ratione materiae", ma ancora occorre che siano date le premesse per l'apertura di un procedimento espropriativo. Così, il Tribunale federale ha annullato decisioni della CFS, ch'essa aveva pronunciato prima che l'impresa si fosse fatta conferire il diritto d'espropriazione (DTF 96 I 191, consid. 2 e 3), oppure, nel caso delle strade nazionali, prima che fossero approvati i piani esecutivi che ne costituiscono il presupposto (DTF 99 Ib 490 consid. 2). Parimenti il Tribunale federale ha costantemente ribadito che l'apertura di un procedimento espropriativo formale può esser richiesta solo dall'ente che, munito del diritto di espropriazione, esegue l'opera, e che la Commissione di stima non può astringerlo a fare ciò, tale potere spettando solo al Consiglio federale (DTF 67 I 172; DTF 88 I 196; DTF 92 I 179; GAAC 1948/50 n. 180; cfr. sul problema LIVER, Die nachbarrechtliche Haftung des Gemeinwesens, ZbJV 99 (1963) pag. 241 segg., in part. 254 seg.).
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b) Quest'ultimo principio non vale però nel caso in cui la CFS è dalla legge riconosciuta competente per giudicare pretese di privati fondate su di un'espropriazione materiale. Mentre nel caso di espropriazione formale, infatti, spetta unicamente all'impresa decidere se far uso o meno del diritto d'espropriazione che le compete, e il diritto dell'espropriato di richiedere l'indennità è una conseguenza di tale esercizio, nell'espropriazione materiale, invece, il diritto del proprietario di richiedere un'indennità sorge per legge al momento in cui l'ente pubblico ha adottato il provvedimento che restringe la facoltà del proprietario (DTF 97 I 814; cfr. art. 44 cpv. 2, 3, 4 della LF sulla navigazione aerea; art. 18 cpv. 2 LSN). In questo caso, il proprietario gravato è tenuto unicamente a notificare le proprie pretese tempestivamente all'ente pubblico interessato: in caso di contestazione sull'esistenza o l'ammontare della pretesa, egli deve poter adire direttamente l'autorità competente per materia a decidere la vertenza - in casu la CFS - analogamente a quanto avviene allorquando la competenza è conferita quale istanza unica al Tribunale federale (art. 116 OG). Greco poteva quindi adire direttamente la CFS.
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II. Questioni di merito
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a) la LFerr. non contiene disposizioni concernenti la prescrizione delle pretese derivanti dall'applicazione degli art. 18 e 20. Nel silenzio del diritto positivo, per stabilire la durata e l'inizio del termine di prescrizione di pretese pecuniarie fondate sul diritto pubblico occorre riferirsi alle norme che il legislatore ha previsto per casi analoghi (DTF 78 I 89 consid. 4, 191/92; DTF 83 I 218 segg.; DTF 85 I 183 consid. 3; DTF 93 I 397; DTF 101 Ia 24 consid. 5b). In mancanza di tali norme, o in presenza di soluzioni contraddittorie o casuali, il giudice amministrativo deve stabilire il termine come se fosse un legislatore (DTF 98 Ib 356 segg., consid. 2b e c);
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b) per analogia con la legge sulla navigazione aerea (art. 44 cpv. 3), cui il legislatore si è ispirato per introdurre nella LFerr. la procedura d'approvazione di piani di terzi, il termine di prescrizione che si impone di adottare è quello di 5 anni, e decorre del momento in cui l'interessato ha avuto conoscenza della mancata approvazione del progetto. Per interromperlo, basta che l'interessato notifichi le sue pretese alle FFS, analogamente alla soluzione che ha ritenuto il legislatore per il caso di aerodromi (art. 43, cpv. 3 lett. a). Tali termini sono stati in casu ossequiati, comunque si vogliano considerare le cose, e sia che per il termine d'inizio ci si basi sulla lettera delle FFS del 12 giugno 1962, sia sull'atto di permuta del 27 marzo 1963. L'eccezione di prescrizione è quindi infondata.
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a) Quando ha luogo una procedura d'espropriazione formale, gli accordi stipulati fra l'impresa e un privato e destinati a procacciare alla prima i fondi occorrenti, o a regolare problemi di risarcimento, cadono nell'ambito del diritto privato se sono stipulati prima della pubblicazione dei piani d'espropriazione; essi costituiscono invece contratti del diritto amministrativo, retti dal diritto pubblico, se sono conclusi dopo tale data (cfr. art. 53 e 54 LEspr.; GRISEL, Droit administratif suisse, pagg. 390/91, HESS, ad art. 54 n. 2 e 3; sentenza 30 aprile 1971 in re Rauss c. Vaud).
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b) Trattandosi d'espropriazione materiale, codesti criteri giurisprudenziali non soccorrono. Comunque, la questione di sapere se l'atto di permuta stipulato fra le parti sia retto esclusivamente dal diritto privato, come parrebbe probabile, o invece, quale contratto di diritto amministrativo, dal diritto pubblico, può restare indecisa. Infatti, tale distinzione sarebbe rilevante solo nel caso in cui la CFS fosse stata tenuta, in applicazione dell'art. 69 cpv. 1 LEspr., a rinviare al giudice ordinario l'esame dell'eccezione dedotta dalle FFS da un contratto del diritto privato, e concernente l'esistenza della pretesa. Ma tale ipotesi non si verifica, perché le parti, con esplicita dichiarazione, hanno consentito alla Commissione di pronunciarsi direttamente anche sulle pregiudiziali di diritto privato (art. 69 cpv. 2 LEspr.). c) La tesi delle FFS appare infondata.
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Nel contratto di permuta, nessuna allusione è fatta ad ulteriori pretese di Greco: né per dichiararle liquidate, né per riservarle. Di una rinuncia espressa, pertanto, le FFS non possono avvalersi. Esse non possono neppure prevalersi di una rinuncia implicita. Dalla corrispondenza che ha preceduto (e seguito) la stipulazione del contratto di permuta, risulta al contrario che Greco intendeva far valere ulteriori pretese per danni, e riservarsi la facoltà di adire l'autorità competente in materia. Neppure può rimproverarsi a Greco di aver accettato il terreno, che le FFS gli offrivano, per assicurarsi immediatamente, senza le difficoltà di una causa, una parte del risarcimento, cui pretendeva, tenendo per così dire in riserva le pretese per il resto. Intanto, giudicando le cose con gli occhi di allora, non può affermarsi che la permuta fosse nell'interesse esclusivo di Greco: anche le FFS vi erano interessate, tanto per assicurarsi la proprietà di un fondo, di cui pensavano di necessitare in futuro, quanto per contenere nel minimo possibile il danno di Greco derivante dal blocco dei lavori, di cui esse non potevano escludere a priori di dover rispondere. Secondo i principi dell'affidamento, pertanto, l'atto di permuta dev'esser interpretato come una liquidazione di punti sui quali l'accordo era raggiunto fra le parti, senza pregiudizio per nessuna di esse delle rispettive ulteriori ragioni.
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Certo, la lettera delle FFS del 12 giugno 1962 si limitava ad avvertire Greco che il suo progetto era soggetto all'obbligo di approvazione previsto dall'art. 18 LFerr. Essa, tuttavia, accennava anche a una "zona riservata", peraltro non meglio precisata, e comunque non pubblicata. Da questa circostanza e dall'ulteriore atteggiamento delle ferrovie - segnatamente dalla proposta di acquistargli il fondo - il destinatario poteva però in buona fede dedurre che le FFS si opponevano alla costruzione, che rischiava di intralciare la loro libertà di progettazione e l'ampliamento futuro di impianti ferroviari. Certo, Greco aveva la facoltà tanto di contestare che la procedura dell'art. 18 LFerr. potesse applicarsi al suo caso (cfr. DTF 98 Ib 480), quanto di formalmente instare presso l'autorità di vigilanza affinché, nonostante l'opposizione delle FFS, il suo progetto fosse approvato (art. 40 lett. a LFerr.). Le ferrovie ne deducono che, avendo tralasciato ogni impugnativa, Greco non potrebbe avanzare pretese. Esse trascurano di considerare che l'impugnazione del divieto costituiva per Greco un diritto, non un obbligo condizionante la pretesa di risarcimento. Indipendentemente da ciò, le FFS non possono - senza contraddire ai precetti della buona fede - rimproverare a Greco di essersi adagiato alla loro ingiunzione, rinunciando ad impugnarla, né di essersi prestato a trattative, incoate oltretutto dalle stesse FFS, che, se ridondavano a di lui vantaggio per la speranza di poter tosto eseguire la costruzione altrove, erano nel contempo nell'interesse delle FFS per le ragioni che già si son dette sopra (consid. 5).
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Deve pertanto concludersi che le ferrovie hanno effettivamente inibito a Greco l'esecuzione, peraltro già avviata, del progetto, e che non si può rimproverare a quest'ultimo né di essersi adagiato all'ingiunzione, né di aver adottato misure atte a contenere il danno (art. 42 cpv. 2 CO). Anche quest'eccezione delle FFS è pertanto infondata.
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A' sensi dell'art. 20 LFerr., tale pregiudizio deve essere risarcito, a meno che la lesione dei diritti di Greco debba "esser tollerata conformemente al diritto di vicinato o a altre prescrizioni legali".
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b) È pacifico che un obbligo di Greco di tollerare il divieto senza indennizzo non può, in casu, scaturire dalle prescrizioni regolanti i rapporti fra vicini. Queste, infatti, sono determinanti quando si tratta di stabilire quali immissioni debbano tollerarsi senza indennizzo, quali per contro comportino, in quanto eccessive, l'obbligo di risarcimento (art. 684 CCS; cfr. DTF 100 Ib 195 /96, 205 consid. 2 e riferimenti).
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Le FFS non invocano nemmeno altre prescrizioni legali particolari. Esse si limitano a sostenere che non ricorrono gli estremi di un'espropriazione materiale.
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c) A torto, nel loro ricorso, le FFS sembrano ritenere che la questione dell'esistenza degli estremi dell'espropriazione materiale costituisca una pregiudiziale concernente "l'esistenza del diritto" a' sensi dell'art. 69 cpv. 1 LEspr., sulla quale la CFS si è potuta pronunciare solo in virtù dell'assenso delle parti (art. 69 cpv. 2 LEspr.). La questione di sapere se una limitazione imposta alla proprietà equivale nei suoi effetti ad un'espropriazione, è infatti il tema principale riservato al giudice amministrativo, in casu alla CFS ed al Tribunale federale. La giurisprudenza più recente del Tribunale federale considera persino che è riservato al solo giudice amministrativo di decidere se determinate immissioni da un'opera pubblica siano "eccessive" a' sensi dell'art. 684 CCS e pertanto comportino l'obbligo di risarcimento (sentenze citate).
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d) Secondo la giurisprudenza, vi è espropriazione materiale quando l'uso attuale o il previdibile uso futuro della cosa sono vietati o ristretti in modo particolarmente grave; vi è altresì espropriazione materiale, allorquando un solo proprietario, o un numero limitato di proprietari soltanto, sono toccati in modo tale che il sacrificio loro imposto in favore della collettività apparirebbe, fosse negato loro l'indennizzo, eccessivamente gravoso. La giurisprudenza distingue pertanto due casi: nel primo, il proprietario è colpito in modo estremamente grave ed è privato di una delle facoltà essenziali derivante dal diritto di proprietà: l'indennità è sempre dovuta. Nel secondo caso, la limitazione imposta al proprietario, per quanto importante, non riveste la stessa intensità, ma l'indennità è dovuta quando il sacrificio altrimenti impostogli sarebbe incompatibile col principio dell'uguaglianza, con riguardo alla situazione degli altri proprietari. In ambo le ipotesi, la protezione si estende tanto all'uso attuale, quanto ai futuri usi possibili del fondo, a condizione che essi appaiano come molto probabili in un prossimo avvenire (DTF 97 I 634 consid. 5 e rif.; DTF 98 Ia 384 consid. 2 e rif.).
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a) A torto le ricorrenti contestano la natura edilizia del fondo, o quantomeno la possibilità di Greco di erigervi immediatamente una fabbrica. Non solo risulta dagli atti che Greco aveva comperato il fondo nell'ottobre 1961 nell'intento di erigervi la sua fabbrica di materie plastiche, ma consta ch'egli aveva ottenuto le licenze edilizie comunale e cantonale, col preavviso favorevole tanto dell'ispettorato delle fabbriche, quanto dell'INSAI. Le FFS non possono neppure arguire che all'immediata edificazione avrebbe fatto ostacolo la presenza sul fondo di un elettrodotto; non solo questo non comportava una servitù di non costruire, ma le stesse FFS avevano ammesso che lo spostamento parziale dello stesso avrebbe richiesto solo un paio di settimane.
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b) È vero, a fondarsi sulle proposte di permuta parziale formulate dalle FFS, che queste intendevano colpire solo una parte del fondo con un divieto di costruzione. Ma, se esso conservava una parziale edificabilità, non si addiceva più alla fabbrica progettata da Greco. La regola giurisprudenziale, secondo cui quando la particella è colpita solo parzialmente da un divieto di costruzione, occorre, per stabilire se vi sia espropriazione materiale, tener conto del fondo nella sua totalità (DTF 82 I 165) non ha portata assoluta, ma dev'essere tenuto conto di eventuali situazioni particolari (DTF 89 I 385 consid. 2). Nel caso concreto si giustifica di tener conto della circostanza per cui il fondo di Greco non era più atto allo scopo per il quale era stato poco prima acquistato. D'altronde, su questa circostanza si sono basate le stesse FFS per determinarsi ad offrire a Greco la sostituzione in natura.
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c) Le FFS asseverano che il divieto sarebbe stato imposto solo in via temporanea, perché già nel 1965, si è potuto assodare che il fondo di Greco non era più necessario per gli scopi ferroviari. Sennonché la situazione non deve esser giudicata alla luce di avvenimenti posteriori, bensì quale essa si presentava nella primavera del 1962. Ora, le FFS non affermano che, a quell'epoca, esse fossero in grado di limitare la restrizione nel tempo, né risulta ch'esse abbiano sin d'allora fatto allusioni in tal senso. Del carattere di temporaneità della restrizione non può quindi esser tenuto conto nelle concrete circostanze del caso. Come che si vogliano considerare le cose è palese che, nelle concrete circostanze, non potevasi esigere da Greco di attendere sia pur solo alcuni anni per saper se il suo progetto si potesse realizzare.
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d) Nella fattispecie in esame la portata del divieto appare di una gravità sufficientemente incisiva, per attribuire il caso alla prima delle due categorie sopracitate, in cui l'indennità è sempre dovuta. Si volesse lasciar aperta tale questione, esso rientrerebbe sicuramente nella seconda categoria. A tal fine, giova tener conto delle larghe possibilità di intervento, che l'art. 18 LFerr. consente all'impresa, quando la procedura è applicata a piani di terzi. Questi, infatti, come nel caso in esame, possono trovarsi nell'assoluta impossibilità di prevedere che il loro progetto possa collidere con interessi ferroviari, specie allorquando la procedura è applicata ad ampliamenti futuri degli impianti. Diversamente da quanto avviene in altri casi (strade nazionali, aerodromi) nessuna pubblicazione ufficiale avverte i proprietari che i progetti di costruzione debbono esser approvati anche sotto il profilo ferroviario. I privati possono così esser indotti - in perfetta buona fede - ad adottare provvedimenti - acquisto di fondi a scopi edilizi, progettazioni costose - che, preavvertiti, essi avrebbero tralasciato, o comunque intrapreso solo dopo essersi cerziorati presso l'autorità dei prevedibili ostacoli alla realizzazione dei loro intenti. Nel caso concreto, non è contestato che Greco non aveva alcun motivo di prevedere che le FFS avrebbero ostacolato il suo progetto, né si pretende ch'egli fosse tenuto ad informarsi presso le ferrovie prima di acquistare il fondo e prima di procedere, una volta ottenuto dalle competenti autorità comunali il permesso di massima, alla progettazione dettagliata della sua costruzione. In simili circostanze, contravverrebbe ai principi dell'uguaglianza di trattamento pretendere ch'egli si addossasse le spese di una progettazione divenuta inutile in conseguenza del divieto successivamente impostogli.
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Se ne deve concludere che, a buona ragione, la CFS ha ritenuto le ferrovie responsabili del risarcimento delle spese sostenute da Greco in vista dell'esecuzione del progetto, spese avveratesi inutili in seguito all'intervento delle ferrovie.
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Il Tribunale federale ha condannato le FFS a risarcire a Greco le spese di progettazione e di esecuzione dell'opera avveratesi inutili in seguito al divieto da loro imposto.
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