1. Sentenza della II Corte civile del 10 giugno 1981 nella causa B. c. Consiglio di Stato del Cantone Ticino (ricorso di diritto amministrativo)
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Regeste
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Art. 10 BüG; Verlust des Schweizer Bürgerrechts durch das im Ausland geborene Kind eines ebenfalls im Ausland geborenen Schweizer Bürgers.
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Die Verbindung mit der Schweiz muss sich auf eine Willensäusserung des Kindes oder seiner gesetzlichen Vertreter stützen können. Fehlen dieser Voraussetzung im vorliegenden Fall.
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Sachverhalt
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A.B. nacque il 18 aprile 1916 in Italia da B.B., attinente di C. (Cantone Ticino), nato in Italia, e da A.A., di origine italiana, divenuta svizzera per matrimonio.
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I coniugi B. avevano avuto altri tre figli: E. e F., nati entrambi in Italia, e G. nato a L. (Cantone Ticino).
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B.B. figura iscritto nel registro delle famiglie di C. assieme ai tre figli E., G. e F. Non vi figura invece iscritta la figlia A., la cui nascita non fu mai notificata al comune di origine del padre.
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Con sentenza 8 febbraio 1924 del Pretore ticinese competente fu pronunciato il divorzio dei coniugi B. A. fu affidata alla madre. Il 10 maggio 1924 il Tribunale di appello confermò il giudizio del Pretore. Il dispositivo della sentenza fu comunicato d'ufficio agli Uffici di stato civile di O. (Italia), C. e L. (Cantone Ticino).
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L'8 ottobre 1976 A.B. notificò la propria nascita al comune di C. ai fini dell'iscrizione nel registro delle famiglie. Successivamente, il 21 dicembre 1977, il competente Consolato generale di Svizzera in Italia annotò sull'atto di famiglia presentatogli che A.B. non era cittadina svizzera, la perdita della cittadinanza essendo intervenuta a mente dell'art. 10 LCit.
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Dopo che la Direzione cantonale dello stato civile aveva confermato il punto di vista del Consolato generale, il Consiglio di Stato del cantone Ticino, con decisione 30 settembre 1980, dichiarò la perenzione della cittadinanza svizzera nei confronti di A.B.
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Quest'ultima ha interposto ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale, chiedendo l'annullamento della decisione del Consiglio di Stato e l'accertamento della propria cittadinanza svizzera e ticinese, con attinenza nel comune di C.
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Il Tribunale federale ha respinto il gravame.
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Considerando in diritto:
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"1. Il figlio nato all'estero da padre svizzero parimente nato all'estero perde la cittadinanza svizzera a ventidue anni compiuti se possiede ancora un'altra cittadinanza, a meno che, fino a questa età, non sia stato notificato a un'autorità svizzera in patria o all'estero, non si sia annunciato egli stesso o non abbia dichiarato per iscritto di voler conservare la cittadinanza svizzera.
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2. ...
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3. In particolare, è considerata come notificazione nel senso del capoverso 1 ogni comunicazione dei genitori, dei parenti o dei conoscenti intesa a far iscrivere il figlio nei registri del Comune di origine, a immatricolarlo o fargli rilasciare i documenti di legittimazione.
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4. Chi, contro la sua volontà, non ha potuto annunciarsi o sottoscrivere una dichiarazione, in tempo utile, conformemente al capoverso 1, può farlo ancora validamente entro il termine di un anno a contare dal giorno in cui l'impedimento è cessato."
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L'art. 57 cpv. 3 delle disposizioni finali e transitorie della LCit. prevede che, quando le condizioni di applicazione dell'art. 10 siano adempiute, le persone che hanno più di ventidue anni alla data dell'entrata in vigore della legge oppure avranno ventidue anni l'anno successivo a quello dell'entrata in vigore perdono la cittadinanza svizzera qualora non provvedano entro il termine di un anno a fare la notificazione o la dichiarazione previste in detto articolo.
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Infine, giusta l'art. 21 LCit., chi abbia omesso, per motivi scusabili, di notificarsi o di fare la dichiarazione scritta conformemente all'art. 10 e ha di conseguenza perduto la cittadinanza svizzera per perenzione, può essere reintegrato. La domanda deve essere presentata entro il termine di dieci anni a contare dalla perenzione.
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D'altra parte, il termine decennale dell'art. 21 LCit. è trascorso infruttuosamente il 31 dicembre 1963. La ricorrente ammette di non poter beneficiare di tale disposizione.
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Infine, non si può seriamente sostenere che la ricorrente sia stata impedita contro la propria volontà di annunciarsi tempestivamente ad un'autorità svizzera. Il Tribunale federale ha già dichiarato che l'ignoranza delle norme della LCit. non costituisce un impedimento ai sensi dell'art. 10 cpv. 4 della legge (DTF 91 I 382). Resta da decidere se una notificazione sia avvenuta giusta il cpv. 1 dell'art. 10 LCit.
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È esatto che la legge non enumera tutte le circostanze suscettibili di essere considerate come valida notificazione. Lo si deduce già dalla locuzione "In particolare" che introduce il cpv. 3 dell'art. 10 LCit. Ma occorre pur sempre che ne risulti un vincolo, benché minimo, ed un attaccamento alla Svizzera, come è segnatamente il caso quando la famiglia notifichi la nascita del figlio ad una rappresentanza svizzera all'estero o ad un'autorità in patria, oppure quando il figlio si immatricoli presso un consolato svizzero, chieda dei documenti o manifesti in altro modo la propria intenzione di rimanere svizzero (Messaggio del Consiglio federale del 9 agosto 1951, FF 1951 pag. 893 segg., in particolare pagg. 919-920).
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Nello stesso senso si sono espressi i relatori delle commissioni durante la discussione della legge in Parlamento (Boll. sten. CN 1951 pagg. 801-802 e CS. 1952 95-96). Il vincolo con la patria e l'attaccamento a quest'ultima devono potersi fondare su una manifestazione di volontà dell'interessato o dei suoi rappresentanti legali. Ora, gli unici segni di attaccamento invocati dalla ricorrente consistono nel fatto che essa fu menzionata, ai fini del proprio affidamento, negli atti della causa di divorzio dei genitori promossa davanti al Pretore, e che la pronuncia del divorzio fu notificata d'ufficio dall'autorità giudiziaria agli uffici di stato civile di C., luogo d'origine del padre, e di L. Ma la semplice menzione nella causa di divorzio dei genitori di un figlio minorenne, ai fini dell'attribuzione della potestà parentale e della regolamentazione dell'obbligo di mantenimento, anche se avvenuta davanti a un tribunale svizzero, non ha nessun rapporto con la cittadinanza, non implica minimamente la manifestazione di un vincolo di attaccamento alla Svizzera e la volontà di far valere la cittadinanza svizzera, né può considerarsi una valida notificazione ai sensi dell'art. 10 cpv. 1 LCit. Quanto alla comunicazione d'ufficio della sentenza di divorzio, essa riguarda unicamente l'iscrizione della modifica dello stato civile dei genitori sul figlio aperto al padre nel registro delle famiglie del comune di attinenza. Non se ne può dedurre una richiesta di iscrizione della figlia nel registro in questione o una qualsiasi rivendicazione a suo favore della cittadinanza svizzera. Persino la notifica della nascita alle autorità locali estere e l'informazione d'ufficio da parte di queste ultime delle autorità di stato civile svizzere è ritenuta insufficiente, nel messaggio del Consiglio federale (loc.cit. pag. 920), ai fini della conservazione della cittadinanza svizzera.
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Per il resto, è incontestato che la ricorrente è sempre vissuta in Italia, ove è sempre stata considerata cittadina italiana, e non è mai stata in possesso di un documento di identità svizzero. Figlia nata all'estero da padre svizzero pure nato all'estero, la ricorrente, che è in possesso di una cittadinanza estera, ha quindi perso la cittadinanza svizzera, in assenza di una valida notificazione ai sensi dell'art. 10 cpv. 1 e 3 LCit.
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