BGE 107 Ib 98 |
22. Estratto della sentenza 20 febbraio 1981 della II Corte di diritto pubblico nella causa R. contro Amministrazione federale delle contribuzioni (ricorso di diritto amministrativo) |
Regeste |
Bundesgesetz über die Verrechnungssteuer vom 13. Oktober 1965 (VStG): Art. 9, 12, 14 und 46. |
2. Die Kapitalisierung von Zinsen lässt die Steuerforderung im Sinne von Art. 12 Abs. 1 VStG trotz Zahlungsunfähigkeit der Bank entstehen (Erw. 3 a). |
3. Sinn von Art. 46 VStG (Erw. 4). Gemäss Abs. 1 dieser Bestimmung gehen die Rückgriffsrechte der Bank gegenüber dem Gläubiger der steuerpflichtigen Leistung, auf den die Steuer nicht überwälzt worden ist erst dann auf den Bund über, wenn über die Bank, sei es auch im Ausland, der Konkurs eröffnet wird (E. 5) also, nicht schon mit Gewährung der Nachlassstundung (Erw. 6). |
4. Der Gläubiger kann bis zum Konkurs der Bank deren Steuer-Rückgriffsrechte, mit seinen Forderungen gegen die Bank verrechnen, ohne Rücksicht darauf, dass ihm diese Beträge nicht belastet worden waren. Verhältnis zwischen den Abs. 1 und 2 des Art. 46 VStG (Erw. 7). |
Sachverhalt |
R. era titolare di un conto presso la Finanz- und Vertrauens-Handelsanstalt (FVA), con sede statutaria a Schaan nel Principato del Liechtenstein, il cui consiglio d'amministrazione era composta segnatamente da Elvio e Rolando Zoppi. I due controllavano nel medesimo tempo la Weisscredit, Banca commerciale e d'investimenti di Lugano, con filiali a Chiasso e Zurigo, della quale erano anche amministratori e impiegati. La FVA non aveva uffici nel Principato del Liechtenstein, esplicava l'intera sua attività a Chiasso, dove disponeva di un ufficio presso una società anonima controllata dalla Weisscredit, e non aveva sportelli aperti al pubblico: la raccolta di fondi, i versamenti dei clienti e gli accreditamenti dei loro interessi avvenivano per il tramite della Weisscredit e del suo personale. Le mansioni contabili e le necessarie registrazioni erano eseguite, secondo le istruzioni della Weisscredit, da un'impiegata di quest'ultima. Secondo gli accertamenti dell'Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC), in questo modo la FVA, dal 1965 al 1977, ha raccolto fondi da oltre mille clienti per complessivi 240 milioni di franchi, accreditando tra il 1972 e il 1977 interessi per 62 milioni di franchi circa. I fondi raccolti erano investiti in ogni parte del mondo.
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Il 28 febbraio 1977 la FVA ha ottenuto dal Landgericht di Vaduz una moratoria concordataria. Il 1o marzo 1977 la Commissione federale delle banche ha ordinato la chiusura della Weisscredit. Il 25 maggio successivo le autorità del Principato del Liechtenstein hanno dichiarato il fallimento della FVA.
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In precedenza, il 2 maggio 1977, l'AFC, considerando la FVA come banca o cassa di risparmio ai sensi dell'art. 9 cpv. 1 e 2 della legge federale sull'imposta preventiva del 13 ottobre 1965 (LIP) e rilevando altresì che il diritto di regresso della FVA verso R. per la riscossione dell'imposta preventiva era passato alla Confederazione in virtù dell'art. 46 cpv. 1 LIP con la concessione della moratoria concordataria, aveva chiesto a R. il pagamento dell'imposta preventiva relativa agli investimenti effettuati presso la FVA. Su reclamo dell'interessato l'AFC ha confermato questa decisione il 9 novembre 1978.
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Contro quest'ultima decisione R. ha proposto ricorso di diritto amministrativo. In via principale egli ha chiesto l'annullamento delle due decisioni dell'AFC; in via subordinata ha domandato, oltre all'annullamento di entrambe le decisioni, la sospensione della procedura di riscossione dell'imposta preventiva fintanto che le autorità del Liechtenstein non abbiano deciso la questione della liceità della rimunerazione dei crediti in franchi svizzeri investiti presso la FVA; in via ancora più subordinata il ricorrente ha postulato l'accertamento dell'estinzione per compensazione degli eventuali diritti di regresso della FVA nei suoi confronti. A questo proposito R. ha invocato una dichiarazione del 23 maggio 1977, anteriore quindi all'apertura del fallimento della FVA, con la quale i creditori della società fallita, tra i quali R., dichiaravano di compensare individualmente le pretese fatte valere in via di regresso dall'AFC, in applicazione della LIP, con le loro rispettive pretese verso la FVA derivanti dai depositi a termine fisso; nel medesimo documento le associazioni di difesa dei creditori della FVA, nella loro qualità di rappresentanti e cessionarie, esprimevano il loro accordo e dichiaravano a loro volta la compensazione.
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Il Tribunale federale ha accolto il ricorso di diritto amministrativo.
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Considerando in diritto: |
2. L'imposta preventiva che la Confederazione riscuote sui redditi di capitali mobili (art. 1 cpv. 1 LIP) ha per oggetto segnatamente gli interessi degli averi di clienti presso banche e casse di risparmio svizzere (art. 4 cpv. 1 lett. d LIP). È considerato banca o cassa di risparmio chiunque offre pubblicamente di accettare denari fruttiferi o accetta in modo continuo denari dietro interesse (art. 9 cpv. 2 LIP); sono considerate domiciliate in Svizzera le persone giuridiche o le società commerciali senza personalità giuridica, la cui sede statutaria si trova all'estero, ma che di fatto hanno la direzione e svolgono un'attività in Svizzera (art. 9 cpv. 1 LIP). L'obbligazione fiscale incombe sul debitore della prestazione imponibile (art. 10 cpv. 1 LIP).
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In DTF 104 Ib 280 il Tribunale federale si è già occupato dell'assoggettamento fiscale della FVA: statuendo sotto l'angolo della verosimiglianza, poiché si trattava di una procedura cautelare avente per oggetto la prestazione di garanzie (consid. 9), esso ha stabilito che la FVA è soggetta all'imposta preventiva per gli interessi maturati sugli averi dei clienti (art. 4 cpv. 1 lett. d LIP), dovendo essere considerata banca o cassa di risparmio svizzera (o domiciliata in Svizzera) ai sensi dell'art. 9 cpv. 1 e 2 LIP (consid. 4). Il ricorrente, pur ammettendo il carattere di banca o cassa di risparmio della FVA, contesta ancora l'esistenza di un domicilio fiscale svizzero ai fini della riscossione dell'imposta preventiva. La questione può ora essere risolta definitivamente.
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a) L'attività della FVA può riassumersi in tre aspetti: la raccolta di fondi, l'investimento dei medesimi e la gestione amministrativa e contabile. Queste tre componenti debbono essere localizzate a Chiasso.
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In primo luogo, la raccolta di fondi è avvenuta quasi esclusivamente a Chiasso: la Weisscredit procacciava clienti alla FVA e le versava i loro fondi a Chiasso, benché la società non avesse aperto sportelli nella città di confine. Da questo profilo è irrilevante il fatto che la Weisscredit avesse agenti sparsi in altre parti del mondo, che suggerivano investimenti presso la FVA. In secondo luogo, benché il denaro raccolto fosse generalmente investito all'estero, la politica degli investimenti era diretta dalla Svizzera. Infatti Elvio e Rolando Zoppi, entrambi domiciliati nel Cantone Ticino, avevano un ruolo determinante sugli investimenti, nella loro qualità di azionisti e amministratori della FVA. La posizione decisiva della famiglia Zoppi è stata accertata anche dall'autorità penale, segnatamente dalla Corte delle Assise criminali di Lugano con la sentenza del 27 febbraio 1979, con cui Elvio e Rolando Zoppi, Renzo Di Piramo e Reto Kessler sono stati condannati per vari reati commessi nell'ambito delle loro attività in senso alla Weisscredit e alla FVA: questo giudizio accerta, in sostanza, che gli Zoppi esercitavano un'influenza pressoché assoluta nell'organizzazione, nell'amministrazione e nella gestione della FVA. Non giova al ricorrente porre l'accento sull'influenza esercitata da Di Piramo, che non ha mai fatto parte del consiglio d'amministrazione della FVA. Certo la sua influenza sugli investimenti della FVA è stata notevole, tant'è vero che nella succitata sentenza penale è stato condannato come correo; ciò non toglie che egli non aveva poteri decisionali in seno alla FVA, per cui non è sicuramente possibile ravvisare una sede della società nelle Filippine, dove Di Piramo risiedeva. Le decisioni vincolanti per la FVA sono sempre state prese a Chiasso. Da ultimo, è ammesso che l'attività amministrativa e contabile della FVA avveniva per intero in un ufficio a Chiasso. Si trattava invero di una struttura amministrativa alquanto semplice se si tiene conto dell'ampiezza dell'attività commerciale della FVA; non esistevano tuttavia uffici altrove.
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b) Secondo R. l'AFC era al corrente sin dal 1966 dell'esistenza della FVA, per cui l'attuale richiesta di pagamento dell'imposta preventiva rappresenterebbe un cambiamento inammissibile della prassi oppure un "voltafaccia" contrario al principio della buona fede. Nella risposta l'AFC ribadisce che essa conosceva solo l'esistenza di una "Anstalt X" e di non aver potuto assumere informazioni più precise.
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Niente permette di concludere che l'AFC avesse conosciuto l'organizzazione e l'attività della FVA, in particolare gli elementi ritenuti essenziali per stabilire il domicilio chiassese, come la composizione del consiglio d'amministrazione e l'esistenza dell'ufficio presso la Edilconsult SA. In queste circostanze non può essere mosso rimprovero all'AFC per aver applicato la legge solo dopo essere venuta a conoscenza della situazione reale, in seguito all'intervento della Commissione federale delle banche.
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c) Infine, inutilmente il ricorrente rileva l'incoerenza e gli inconvenienti derivanti dal fatto che le differenti autorità chiamate a statuire su uno dei molteplici aspetti legati al crollo finanziario della Weisscredit e della FVA, prendono in considerazione, a seconda delle leggi che applicano, a volte il domicilio civile e a volte quello fiscale della FVA. Nella misura in cui queste conseguenze sono volute dal legislatore, esse non impediscono l'applicazione dell'art. 9 cpv. 1 LIP, che per la riscossione dell'imposta preventiva prevede appunto un domicilio fiscale svizzero distinto dalla sede statutaria estera (o domicilio civile).
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d) Rettamente l'AFC ha quindi considerato che la FVA è una banca o cassa di risparmio svizzera ai sensi dell'art. 9 cpv. 1 e 2 LIP.
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a) Egli ritiene che la FVA non abbia realmente versato interessi ai sensi dell'art. 4 cpv. 1 LIP: l'accreditamento e la capitalizzazione d'interessi si sarebbero esauriti in manovre contabili, dal momento che la FVA era insolvente sin dal 1972. Questa critica è infondata.
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Secondo l'art. 12 cpv. 1 LIP, per i redditi di capitali mobili il credito fiscale sorge alla scadenza della prestazione imponibile; in particolare, la capitalizzazione degli interessi implica il sorgere del credito fiscale. In concreto, il bonifico d'interessi sul conto costata formalmente la scadenza della prestazione e il sorgere del credito fiscale. Irrelevante è se gli interessi siano stati effettivamente versati, come è avvenuto in numerosi casi, oppure se siano stati capitalizzati. Neppure l'insolvenza della banca può influire sull'obbligo fiscale: una persona giuridica (o fisica) può validamente assumere obblighi anche se si trova in stato d'insolvenza, che, del resto, potrebbe essere soltanto passeggero.
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b) In seguito il ricorrente considera nullo l'obbligo assunto dalla FVA di corrispondere interessi sui capitali depositati dai clienti, in quanto che contrario alla legislazione monetaria della Svizzera e del Liechtenstein (per la Svizzera cfr. il decreto federale per la protezione della moneta dell'8 ottobre 1971 con le relative modificazioni e norme d'esecuzione). Questa nullità implica, sempre secondo R., la decadenza dell'obbligo fiscale. Dal momento che la questione è pendente dinanzi alle autorità del Liechtenstein, il ricorrente chiede l'annullamento della decisione impugnata e la sospensione della procedura in attesa del giudizio.
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Effettivamente dinanzi ai tribunali civili del Liechtenstein è pendente una causa, consecutiva all'estromissione dalla graduatoria dei crediti insinuati da R. nel fallimento della FVA, nell'ambito della quale dovrà essere stabilita la validità, dal profilo della legislazione monetaria, degli accordi intervenuti tra la FVA e i suoi clienti. La sospensione della procedura relativa all'imposta preventiva in attesa del giudizio civile non è tuttavia necessaria, poiché il ricorso, come si vedrà, deve essere accolto per altri motivi. Tutte le considerazioni che seguono lasciano quindi impregiudicata la questione della validità o meno dell'obbligo di pagare interessi, contratto dalla FVA: il Tribunale federale, nel presente giudizio, parte dal presupposto che esiste l'obbligo fiscale della FVA per gli interessi maturati sui capitali investiti.
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4. In virtù dell'art. 14 cpv. 1 LIP, il debitore della prestazione imponibile, ossia il soggetto fiscale (art. 10 cpv. 1 LIP), deve dedurre l'imposta preventiva all'atto del pagamento, della girata, dell'accreditamento o del computo di questa prestazione, senza riguardo alla persona del beneficiario (traslazione, come indica il titolo marginale, o addossamento). Se il contribuente è dichiarato fallito o se nell'ambito di un'esecuzione promossa nei suoi confronti è chiesto il pignoramento, senza che egli abbia addossato l'imposta preventiva al beneficiario, i diritti di regresso che gli competono passano alla Confederazione sino a concorrenza dell'imposta non ancora pagata (art. 46 cpv. 1 LIP); se alla dichiarazione del fallimento o all'atto del pignoramento il contribuente ha già addossato l'imposta al beneficiario, ma non l'ha ancora pagata, il credito fiscale è collocato in seconda classe, sino a concorrenza dell'ammontare addossato (art. 46 cpv. 2 LIP).
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La ratio di questa disposizione va ricercata nel fatto che giuridicamente l'imposta preventiva non è un'imposta dovuta dal beneficiario della prestazione e riscossa alla fonte dalla banca; soggetto fiscale è esclusivamente la banca. Affinché l'imposta colpisca ugualmente il beneficiario, la legge ha previsto l'addossamento obbligatorio retto dall'art. 14 cpv. 1 LIP. Se la banca contribuente, in violazione di questa norma, versa integralmente al beneficiario la prestazione imponibile, essa conserva contro di lui un diritto di regresso per il ricupero dell'imposta preventiva (DTF 96 I 675; ASA 44.322 segg.). Ora, il fisco di regola non possiede alcun privilegio per i crediti d'imposte nelle procedure esecutive e subisce le medesime perdite dei creditori ordinari di quinta classe. Anzi, la Confederazione, dovendo a determinate condizioni rimborsare integralmente al beneficiario della prestazione l'imposta preventiva che il contribuente gli ha addossato (art. 21 segg. LIP), corre il rischio di dover restituire più di quanto essa ha potuto riscuotere direttamente dal soggetto fiscale insolvente. L'art. 46 LIP è stato concepito, appunto, per ovviare a queste conseguenze (DTF 96 I 675 /676; messaggio del Consiglio federale del 18 ottobre 1963, FF 1963 pag. 1572): in caso d'insolvenza del contribuente, la Confederazione acquisisce ovvero il privilegio del collocamento del credito fiscale in seconda classe ovvero il diritto di regresso verso il beneficiario, a seconda che l'imposta preventiva sia già stata addossata o no al beneficiario.
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5. Nella fattispecie è pacifico che la FVA non ha pagato l'imposta preventiva e non l'ha addossata a R., ciò che avrebbe dovuto fare nonostante gli accordi secondo i quali essa avrebbe pagato interessi esenti dall'imposta preventiva (art. 14 cpv. 1 ultima frase LIP). Ne discende, qualora la traslazione dell'imposta non fosse avvenuta in altro modo, che i diritti di regresso della FVA verso R. sarebbero passati alla Confederazione almeno con la dichiarazione di fallimento del 25 maggio 1977, in virtù dell'art. 46 cpv. 1 LIP. Contrariamente all'avviso del ricorrente, la Confederazione può acquisire i diritti di regresso anche se il fallimento è stato aperto nel Principato del Liechtenstein, dove la FVA ha la propria sede statutaria (DTF 104 Ib 284 /285). Questa conclusione è implicita nell'assimilazione alle società svizzere delle società con sede statutaria estera ma aventi direzione e attività in Svizzera (art. 9 cpv. 1 LIP). Nella misura in cui essa è voluta dal legislatore, non v'è violazione del principio della territorialità del fallimento.
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R. sostiene che la Confederazione il 2 maggio 1977, quando gli chiese il pagamento dell'imposta preventiva, non era ancora titolare dei diritti di regresso, poiché la FVA si trovava solo in moratoria concordataria: anche volendo interpretare estensivamente l'art. 46 cpv. 1 LIP, non si potrebbe comunque far dipendere il trasferimento dei diritti di regresso da questo semplice atto conservativo. Inoltre, il ricorrente afferma che gli eventuali diritti di regresso della FVA verso di lui sono stati estinti con la dichiarazione di compensazione del 23 maggio 1977, consegnata ai rappresentanti della banca ancor prima della dichiarazione del fallimento.
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L'AFC, che nella decisione impugnata ha difeso l'interpretazione estensiva dell'art. 46 cpv. 1 LIP, nelle prese di posizione dinanzi al Tribunale federale ravvisa una lacuna di questa norma, che non menziona il concordato. Questo istituto rappresenterebbe "una procedura d'esecuzione forzata di diritto pubblico, apparentata con il fallimento e generalmente orientata all'ordinamento vigente per il fallimento". Secondo l'AFC, ai fini dell'applicazione dell'art. 46 LIP la concessione della moratoria concordataria deve quindi essere equiparata alla dichiarazione del fallimento o alla richiesta di pignoramento. L'AFC ritiene inoltre irrilevante la dichiarazione di compensazione del 23 maggio 1977, poiché il credito d'imposta, essendo passato alla Confederazione già al momento della concessione della moratoria concordataria (28 febbraio 1977) e essendo inoltre fondato anche sull'art. 12 della legge federale sul diritto penale amministrativo del 22 marzo 1974 (DPA), sarebbe un credito di diritto pubblico, non compensabile senza l'accordo della creditrice.
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a) L'AFC ha rettamente abbandonato la tesi dell'interpretazione estensiva dell'art. 46 LIP. In diritto fiscale, dove il principio della legalità deve essere applicato rigidamente, tale procedimento interpretativo è ammissibile solo se la norma in questione contiene termini generici o imprecisi; esso deve inoltre essere compatibile con il testo e con la ratio della norma (DTF 102 Ia 347, DTF 96 I 604, DTF 84 I 94 e riferimenti; ASA 47.263, 31.217/218; cfr. RIVIER, Droit fiscal suisse, pag. 57). L'art. 46 cpv. 1 LIP non può essere interpretato estensivamente: le nozioni di fallimento e di pignoramento sono chiare e non possono essere estese a quella di moratoria concordataria.
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b) Come s'è detto, l'AFC sostiene davanti al Tribunale federale che l'art. 46 LIP contiene una lacuna, nella misura in cui non prevede il trasferimento dei diritti di regresso in caso di concessione della moratoria concordataria. La legge può in genere contenere lacune improprie e lacune proprie: le prime esistono, in materia fiscale, laddove una norma non contempla una fattispecie che di per sé, considerato lo scopo della legge, dovrebbe o potrebbe essere colpita dall'imposta; vi sono invece lacune del secondo tipo quando una questione non regolata dal legislatore deve necessariamente essere risolta per poter applicare la legge. Il Tribunale federale ha ripetutamente precisato che solo le lacune nel senso proprio possono essere colmate dall'autorità chiamata ad applicare la legge (DTF 95 I 510 consid. 2 b, DTF 90 I 141; ASA 37.421 con i rispettivi riferimenti; HÖHN, Steuerrecht, pagg. 74/75).
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Manifestamente l'art. 46 cpv. 1 LIP non contiene lacune nel senso proprio: la norma può essere applicata senza inconvenienti anche in mancanza dell'espressa menzione dell'istituto della moratoria concordataria. Nessuna lacuna deve quindi essere colmata. Le motivazioni addotte dall'AFC tendono in realtà all'estensione del campo d'applicazione della legge in modo incompatibile con il testo legale, ciò che lederebbe il principio della legalità (cfr. DTF 95 I 510 consid. 2 a).
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c) Del resto, il diritto di regresso della Confederazione verso il beneficiario in caso di moratoria concordataria del contribuente, non rientra necessariamente nella logica della regolamentazione dell'art. 46 cpv. 1 LIP. Come s'è visto nel considerando 4, la ratio dell'art. 46 cpv. 1 LIP è di evitare che la Confederazione debba rifondere al beneficiario, a titolo di rimborso dell'imposta preventiva, più di quanto essa ha percepito nel fallimento del contribuente. Perdite di questo genere possono verificarsi se l'imposta non è stata addossata al beneficiario, ciò che rende inapplicabile l'art. 46 cpv. 2 LIP che prevede il collocamento privilegiato del credito d'imposta.
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Ma al momento della concessione della moratoria concordataria, la situazione è ancora incerta e può evolvere in direzioni differenti. Si può ad esempio giungere al fallimento; in caso di dichiarazione di fallimento del contribuente, non preceduta da una procedura concordataria, nessun trasferimento dei diritti di regresso alla Confederazione è possibile prima del fallimento stesso, anche se numerose sono le esecuzioni pendenti e manifesta è l'insolvenza del contribuente. In questo caso, malgrado il rischio di forti perdite a carico della Confederazione, la legge (art. 46 cpv. 1 LIP) esclude chiaramente il trasferimento dei diritti di regresso prima della dichiarazione di fallimento. Tale regolamentazione restrittiva trova la giustificazione nel fatto che l'art. 46 cpv. 1 LIP rappresenta un'eccezione al principio secondo cui, in materia d'imposta preventiva, vi sono relazioni dirette tra il fisco e il beneficiario della prestazione imponibile solo al momento del rimborso dell'imposta.
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Pertanto, il passaggio alla Confederazione dei diritti di regresso verso il beneficiario già al momento della moratoria concordataria, significherebbe, in caso di fallimento successivo, accordarle un diritto che il legislatore ha chiaramente escluso in caso di fallimento non preceduto dalla procedura concordataria. Una regolamentazione differente delle due fattispecie non si giustifica.
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Ne discende che al momento della concessione della moratoria concordataria i vari sbocchi possibili della procedura non giustificano, tutti, il trasferimento dei diritti di regresso: la regolamentazione dell'art. 46 cpv. 1 LIP conserva la sua logica e coerenza e non contiene lacune nel senso proposto dall'AFC. Sulla chiara volontà del legislatore non può influire, come vorrebbe l'AFC, il fatto che il Tribunale federale, in concordanza con la dottrina dominante, considera il concordato giudiziario come una forma speciale e attenuata dell'esecuzione forzata, ossia una procedura di diritto pubblico apparentata a quella fallimentare (DTF 104 Ib 284, DTF 103 III 59 /60, DTF 50 II 504 e riferimenti). Certo, nella fattispecie, la Confederazione non potrà prevalersi del privilegio dell'art. 46 cpv. 2 LIP nel fallimento della FVA, poiché l'esecuzione forzata ha luogo nel Principato del Liechtenstein. Tuttavia, questo inconveniente nulla toglie alla coerenza intrinseca dell'art. 46 LIP, necessariamente concepito per essere applicato in Svizzera. D'altra parte, proprio il caso specifico di R. fornisce due ulteriori motivi per rifiutare l'estensione della portata di questa disposizione. In primo luogo, la moratoria concordataria non ha dato esito positivo e la FVA è stata dichiarata fallita; in secondo luogo, nei confronti di R., la Confederazione non è esposta ad alcun rischio consecutivo al rimborso dell'imposta preventiva. Il ricorrente è infatti domiciliato nel B., con cui la Svizzera non ha concluso accordi concernenti la doppia imposizione che possano prevedere la restituzione dell'imposta.
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d) Contrariamente all'AFC si deve di conseguenza concludere che il trasferimento alla Confederazione dei diritti di regresso della FVA verso R., in virtù dell'art. 46 cpv. 1 LIP, ha potuto verificarsi solo con la dichiarazione di fallimento del 25 maggio 1977; gli effetti della dichiarazione di compensazione del 23 maggio 1977 devono pertanto essere esaminati poiché, a questa data, la FVA era ancora titolare dei diritti di regresso verso il ricorrente.
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a) Ci si potrebbe chiedere se la compensazione non sia esclusa dall'art. 125 n. 3 CO, secondo cui tale modo di pagamento non è ammissibile nei confronti degli enti pubblici, contro la loro volontà, per le obbligazioni derivanti dal diritto pubblico. Infatti, il diritto di regresso che la banca conserva verso il cliente è una pretesa di diritto pubblico (ASA 44.322/323 e 324): il suo fondamento è un'imposta, che la banca è legalmente tenuta ad addossare al beneficiario, nulla essendo ogni convenzione contraria (art. 14 cpv. 1 LIP). Tuttavia, malgrado la natura pubblica della pretesa, prima della dichiarazione di fallimento del 25 maggio 1977, titolare del diritto di regresso verso R. era la FVA, ossia un ente privato. Il chiaro testo dell'art. 125 n. 3 CO, la cui giustificazione è la solvibilità dell'ente pubblico (URSPRUNG, Die Verrechnung öffentlichrechtlicher Geldforderungen, ZBl 80 pag. 153), impedisce quindi la sua applicazione nella fattispecie. Il Tribunale federale si è già espresso in questo senso, rilevando che il diritto di regresso verso il beneficiario diviene inestinguibile per compensazione solo nel momento in cui passa alla Confederazione in virtù dell'art. 46 cpv. 1 LIP (DTF 96 I 677 consid. 4). Del resto le banche stesse, nella maggior parte dei casi, concretano l'addossamento dell'art. 14 cpv. 1 LIP, nei confronti dei loro clienti, con l'istituto della compensazione.
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b) Inoltre, non si deve dimenticare che la posizione del beneficiario della prestazione imponibile è sensibilmente migliore se al momento del fallimento della banca l'imposta preventiva gli è già stata addossata: l'art. 46 cpv. 2 LIP, che costituisce la regola, è più vantaggioso per il beneficiario che non l'art. 46 cpv. 1 LIP. L'esempio numerico seguente (dove il beneficiario ha verso la banca una pretesa imponibile di Fr. 100.--, il dividendo del fallimento è del 20% e l'imposta preventiva ammonta a Fr. 35.--) lo dimostra. Nel caso dell'art. 46 cpv. 2 LIP egli è ammesso nella graduatoria con un credito di Fr. 65.-- e riceve un dividendo di Fr. 13.--; nel caso dell'art. 46 cpv. 1 LIP, invece, il beneficiario deve pagare direttamente alla Confederazione l'imposta preventiva di Fr. 35.--, è ammesso in graduatoria con un credito di Fr. 100.--, riceve un dividendo di Fr. 20.-- e perde quindi Fr. 15.--. In entrambe le ipotesi egli può eventualmente chiedere il rimborso dell'imposta, ma ciò non cambia il risultato più favorevole in caso d'applicazione dell'art. 46 cpv. 2 LIP.
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Queste considerazioni portano alla conclusione che al beneficiario diligente dev'essere data la possibilità di creare le premesse per l'applicazione della norma a lui più favorevole, segnatamente provocando l'addossamento dell'imposta (art. 14 cpv. 1 LIP) mediante una dichiarazione di compensazione diretta alla banca. Le conseguenze che siffatto modo di procedere implica per la pretesa fiscale che la Confederazione deve far valere nel fallimento della banca, devono essere vagliate dal giudice del fallimento (art. 250 LEF); in concreto, la questione non riguarda le autorità svizzere, poiché l'esecuzione forzata contro la FVA è in corso nel Principato del Liechtenstein.
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b) La facoltà dei firmatari della dichiarazione di rappresentare validamente il ricorrente non è deducibile dagli atti, ma non è oggetto di contestazione. Lo stesso dicasi per la loro qualità di cessionari delle pretese di R. verso la FVA. La questione non deve però essere approfondita, poiché la dichiarazione è stata fatta, tra l'altro, in nome e per conto di R., il quale manifestamente l'ha ratificata. La dichiarazione di compensazione del 23 maggio 1977 è quindi valida giusta gli art. 32 segg. CO.
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c) La formulazione della dichiarazione di compensazione non è delle più chiare: gli interessati sembrano voler compensare i diritti di regresso dell'AFC con le loro pretese verso la FVA, ciò che non sarebbe ovviamente possibile. Ma la dichiarazione di compensazione è stata indirizzata ai rappresentanti della FVA. I firmatari ritenevano quindi, a quel momento, che la FVA era ancora titolare dei diritti di regresso nei loro confronti. La dichiarazione deve quindi essere interpretata nel senso che i firmatari intendevano compensare i diritti di regresso a titolo d'imposta preventiva della FVA verso di loro, rivendicati dall'AFC, con le loro pretese verso la FVA. Questa interpretazione corrisponde alla formulazione proposta da R. nelle conclusioni del suo ricorso.
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D'un canto, la dichiarazione di compensazione, nella misura in cui rispetta le esigenze legali, rappresenta l'esercizio di un diritto formatore risolutivo che estingue definitivamente e irrevocabilmente i rispettivi crediti (OSER, art. 124 n. 4; ENGEL, Traité des obligations en droit suisse, pagg. 32 e 33). Essa non può essere revocata unilateralmente. D'altro canto, non risulta assolutamente dall'accordo che R. avrebbe rinunciato a prevalersi della compensazione nei confronti della FVA. Con questo accordo i creditori della FVA sono stati ammessi, con il 75% dell'investimento originario, nella graduatoria della Weisscredit, alla quale hanno ceduto le loro pretese verso la FVA. Essi hanno dichiarato di autorizzare la Weisscredit "a versare all'AFC l'imposta preventiva nella misura che fosse determinata con decisione cresciuta in giudicato e sino a concorrenza massima dell'importo sequestrato, imputando il versamento sul dividendo concordatario". In questa dichiarazione l'AFC ravvisa una rinuncia alla compensazione. Tuttavia, come l'inequivocabile testo indica, i creditori della FVA intendevano semplicemente rimettersi al giudizio delle autorità per quanto concerne l'imposta preventiva.
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e) Pertanto la dichiarazione di compensazione del 23 maggio 1977 ha validamente estinto le pretese che la FVA poteva avere contro R. a titolo d'imposta preventiva. La Confederazione, con il fallimento della FVA, non ha potuto acquisire contro R. alcun diritto di regresso in virtù dell'art. 46 cpv. 1 LIP, poiché l'imposta preventiva era già stata addossata al beneficiario.
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