BGE 109 Ib 223
 
39. Estratto della decisione del 23 giugno 1983 della I Corte di diritto pubblico nella causa Gelli c. Ufficio federale di polizia (opposizione a una domanda d'estradizione - domanda di concessione della libertà provvisoria)
 
Regeste
Auslieferung. Europäisches Auslieferungsübereinkommen, Auslieferungsgesetz vom 22. Januar 1892 (AuslG) und BG über internationale Rechtshilfe in Strafsachen vom 20. März 1981 (IRSG).
 
Sachverhalt
Il cittadino italiano Licio Gelli, trovato in possesso di documenti d'identità falsi, fu fermato a Ginevra il 13 settembre 1982 e posto in detenzione a titolo estradizionale nel carcere di Champ-Dollon, su ordine dell'Ufficio federale di polizia (UFP) emesso a richiesta dell'Interpol di Roma. L'Ambasciata d'Italia a Berna ha chiesto la sua estradizione con nota del 22 settembre 1982. La domanda si fonda su tre mandati di cattura del Giudice istruttore presso il Tribunale di Roma ed un ordine di cattura del Procuratore della Repubblica di Milano per una serie di imputazioni di cui, ove occorra, si dirà in seguito. Gelli si è opposto all'estradizione.
Con istanza 29 marzo 1983 dei suoi difensori, il ricercato ha chiesto all'UFP la concessione della libertà provvisoria. Nell'allegato si espone in sostanza:
- che gran parte delle imputazioni non possono dar luogo ad estradizione per il carattere politico dei reati, per intervenuta amnistia o per pregressa revoca del mandato di cattura o perché i fatti sono oggettivamente falsi, e che per le cinque superstiti imputazioni fa difetto il requisito della doppia incriminabilità;
- che una decisione non potrà esser presa a breve termine per la complessità del caso e la necessità di nuove determinazioni dei difensori;
- che la salute del ricercato, sessantaquattrenne, si degrada e che una volta liberato egli dovrà esser ricoverato in clinica, già essendosi provveduto per la cura medica e la sicurezza personale;
- che la domanda dev'esser decisa non più in applicazione del cessato art. 25 LEstr, che faceva dell'arresto la regola, della libertà l'eccezione, ma dell'art. 47 AIMP, disposizione che consacra, almeno per il ricercato al beneficio - come Gelli - della presunzione d'innocenza (art. 6 par. 2 CEDU), il principio inverso;
- che nelle concrete circostanze la liberazione si impone in virtù degli art. 47 e 50 cpv. 3 AIMP, delle esigenze generali poste ad ogni carcerazione preventiva ed infine del principio per cui l'arresto estradizionale non può soggiacere a condizioni meno rigorose di quelle richieste per un arresto preventivo nello Stato richiedente;
- che secondo le disposizioni della legge italiana, i limiti massimi della detenzione preventiva sono superati per tutte le imputazioni, fuorché per quella di bancarotta fraudolenta aggravata, il cui limite massimo è di un anno;
- che per quest'ultima imputazione, tuttavia, è fornita la prova dell'alibi e che osta all'estradizione la massima "ne bis in idem";
- che pertanto l'arresto in vista dell'estradizione deve cessare perché, fosse estradato, il ricercato dovrebbe esser immediatamente scarcerato in Italia, dal momento che il carcere estradizionale dev'esser computato ed il limite massimo di sei mesi è superato;
- che, per le ragioni suesposte proprie del diritto italiano, dovrebbe esser applicabile anche l'art. 5 par. 3 CEDU, che normalmente non è riferibile al carcere estradizionale;
- che comunque la protrazione del carcere estradizionale è ingiustificata in applicazione dell'art. 5 par. 1 lett. f CEDU, non per abusi di potere che fossero imputabili all'UFP, ma perché gravi rimproveri si debbono muovere allo Stato richiedente che avrebbe mantenuto mandati d'arresto nonostante amnistia, presentato richieste d'estradizione per reati politici o amnistiati, sostenuto accuse manifestamente prive di fondamento e presentato incarti lacunosi, con la conseguenza di un'intollerabile protrazione della procedura e dell'arresto.
L'UFP ha trasmesso l'istanza al Tribunale federale il 19 maggio 1983 con un memoriale in cui esprime parere sfavorevole e ha fatto successivamente pervenire copia delle sue osservazioni alla memoria d'opposizione prodotta dal ricercato il 7 febbraio 1983. I difensori hanno ulteriormente inoltrato al Tribunale federale copia della nota 17 maggio 1983, con la quale l'Ambasciata d'Italia ha ritirato la domanda d'estradizione per talune imputazioni coperte da amnistia, nonché copia di un complemento d'opposizione all'estradizione del 3 giugno 1983.
 
Considerando in diritto:
2. a) La Convenzione europea d'estradizione (CEEstr), applicabile ai rapporti italo-svizzeri, contiene solo alcune disposizioni circa l'arresto provvisorio. Essa si limita a consacrare il diritto della Parte richiedente di domandarlo ed a sancire l'obbligo della Parte richiesta di decidere su tale domanda, avvertendo la Parte richiedente dell'esito (art. 16 par. 1 e 3). Applicabile è esclusivamente il diritto della Parte richiesta (art. 16 par. 1 e art. 22). Dopo aver stabilito i termini, trascorsi i quali l'arresto provvisorio potrà e, rispettivamente, dovrà cessare se la domanda d'estradizione non è presentata col prescritto corredo (art. 16 par. 4, prima frase), la Convenzione precisa (ivi, seconda frase) che, tuttavia, la liberazione provvisoria è sempre possibile "in quanto la Parte richiesta prenda tutte le misure da essa ritenute necessarie per evitare la fuga". Nessuna disposizione contiene invece la CEEstr circa la carcerazione estradizionale tra il momento della presentazione della domanda e la decisione: applicabile è quindi unicamente il diritto dello Stato richiesto, compatibilmente col rispetto degli obblighi di consegna del ricercato che derivano dalla Convenzione (decisioni inedite 7 novembre 1975 in re Morlacchi, 11 settembre 1979 in re Tetteroo, 15 febbraio 1980 in re Groppelli; SCHULTZ, Gesetzgebung und Rechtsprechung der Schweiz im internationalen Strafrecht 1978-1981, Annuaire Suisse de droit international 1982, pag. 262).
b) Gelli è stato arrestato in via provvisoria dall'UFP in virtù degli art. 17 e 18 LEstr; la presentazione entro i termini della domanda d'estradizione ha trasformato, secondo la prassi vigente sotto l'impero della cessata legge, l'arresto provvisorio in arresto definitivo in vista dell'estradizione. La nuova legge, entrata in vigore il 1o gennaio 1983, ha esplicitamente confermato questa prassi. L'ordine d'arresto emesso in applicazione dell'art. 47 cpv. 1 AIMP, come risulta dalla relazione con l'art. 50 cpv. 1 AIMP, può essere e solitamente è un ordine d'arresto provvisorio: esso diventa definitivo e giustifica in linea di principio il mantenimento d'ufficio ("ohne besondere Verfügung") della carcerazione per tutta la durata della procedura (art. 51 cpv. 1 AIMP), purché la domanda e i documenti a sostegno pervengano in tempo utile e l'estradizione non sia manifestamente inammissibile.
c) Dal confronto del cessato art. 25 cpv. 1 LEstr con il testo dell'art. 47 AIMP, l'istante pretende desumere un profondo mutamento della situazione, nel senso che, sotto il vecchio diritto, il carcere sarebbe stato la regola, la libertà provvisoria l'eccezione, mentre nel nuovo diritto varrebbe il principio opposto.
Questo modo di considerare le cose non può esser condiviso. L'argomentazione dell'istante poggia principalmente sul tenore letterale del testo francese dell'art. 25 cpv. 1 LEstr, per cui la libertà provvisoria "pourra être accordée si cette mesure paraît être exigée par les circonstances" e fa leva sul carattere effettivamente restrittivo del termine "exigée". Quest'argomento meramente terminologico perde però ogni peso, non appena si consultino i testi - indubbiamente meno rigidi - tedesco e italiano ("wenn diese Massregel den Umständen nach geboten erscheint", "se le circostanze siano tali da giustificare questa misura").
In realtà, l'entrata in vigore dell'AIMP, sotto questo profilo, non ha sostanzialmente mutato la situazione. Il principio resta quello dell'ordine di arresto (art. 47 cpv. 1 prima frase), anche se l'Ufficio può prescindervi ("davon absehen", "y renoncer") se sono adempiute le due condizioni elencate alla lettera a, oppure se è fornita la prova dell'alibi di cui alla lettera b. È vero che tale elenco non può esser considerato esaustivo, com'è dimostrato dall'impiego del termine "segnatamente" ("namentlich", "notamment") che precede l'enumerazione, nonché dal fatto che, nel successivo cpv. 2, si allude ad "altri motivi" senza ulteriore precisazione: questi motivi concretano pur sempre delle eccezioni alla regola dell'arresto. Che il carcere, comunque, sia il principio e la libertà provvisoria l'eccezione è d'altronde esplicitamente ribadito nell'art. 50 cpv. 3 AIMP - disposizione qui determinante - secondo cui "la scarcerazione può essere eccezionalmente ordinata in qualsiasi stadio della procedura qualora ciò sembri opportuno secondo le circostanze" ("wenn dies nach den Umständen angezeigt erscheint", "si les circonstances le justifient"). Ad analoga conclusione porta anche il già ricordato testo dell'art. 51 cpv. 1 AIMP, per cui la carcerazione estradizionale dura, per principio, quanto dura la procedura.
È questa la ragione per cui - come rileva SCHULTZ, op.cit., pag. 271 - i criteri giurisprudenziali sviluppati dal Tribunale federale per l'interpretazione dell'art. 25 LEstr possono servire anche per quella dell'art. 50 cpv. 3 AIMP. Si osservi che gli obblighi internazionali assunti dalla Svizzera rispetto agli Stati membri della Convenzione europea sono immutati, ed in particolare che, se è vero che per la concessione della libertà provvisoria fa stato unicamente il diritto svizzero, il quale determina anche le eventuali misure sostitutive (art. 16 par. 4 CEEstr), la Svizzera è tenuta, come quello stesso articolo espressamente rammenta, ad evitare la fuga e a vegliare di non porsi per fatto proprio nell'impossibilità di rispettare gli impegni convenzionali (decisioni inedite 7 novembre 1975 in re Morlacchi e 11 ottobre 1982 in re Federici). Ne viene, per questo elemento di natura convenzionale, che le condizioni di concessione della libertà provvisoria sono in genere più rigorose che per la liberazione dal carcere a fini istruttori (decisione inedita 28 ottobre 1977 in re Wirth, consid. 1a). V'è tanto meno motivo di scostarsi da quei criteri giurisprudenziali, che sono riassunti nell'articolo di SCHULTZ (op.cit., pagg. 271/72), dal momento che taluni di essi sono stati addirittura inclusi nella nuova legge: così quello dell'intollerabilità della carcerazione (art. 47 cpv. 2), quello della manifesta inammissibilità dell'estradizione (art. 51 cpv. 1) o quello dell'alibi immediatamente fornito (art. 47 cpv. 1 lett. b).
a) (...)
b) Anche se si volesse ammettere - senza con ciò per nulla anticipare o compromettere il giudizio di merito - che buona parte dei fatti imputati all'istante non possano fondare l'estradizione per il loro carattere politico assoluto o che una consegna del ricercato sia esclusa per decadenza dei mandati di cattura o per amnistia (cfr. però su quest'ultima questione DTF 102 Ia 319 /20 consid. 2b), resterebbero pur sempre alcune imputazioni di non poco momento, per le quali - contrariamente a quanto richiesto dall'art. 51 cpv. 1 AIMP - l'estradizione non appare "manifestamente inammissibile". D'altro canto, occorre in questo contesto ribadire che la presentazione di un'istanza di liberazione condizionale non può e non deve avere per effetto di costringere il Tribunale federale ad anticipare un esame approfondito del merito.
c) L'istante sottace il rischio che, liberato, egli possa sottrarsi all'estradizione (art. 47 cpv. 1 lett. a AIMP; cfr. decisioni inedite 3 ottobre 1977 in re Panovski e Letnikovski, consid. 4; 11 ottobre 1982 in re Federici). Ora, tale rischio esiste e non può essere affatto minimizzato: l'istante non ha alcun vincolo particolare con la Svizzera, dispone di larghi mezzi e vanta relazioni numerose che gli possono facilitare la partenza. Né può esser dimenticato che - al momento del fermo - egli viaggiava sotto false generalità corroborate da documenti di legittimazione falsi. Date le condizioni patrimoniali del ricercato e gli interessi in gioco è perlomeno dubbio che l'imposizione di una cauzione - anche elevata - costituisca efficace incentivo a non abbandonare la Svizzera.
d) Come già si è rilevato, tanto l'arresto a fini estradizionali quanto l'eventuale concessione della libertà provvisoria sono rette esclusivamente dal diritto svizzero. Il giudice dell'estradizione, contrariamente all'opinione dell'istante, non deve quindi esaminare se nel concreto caso, ove il ricercato fosse incarcerato in Italia in virtù dei mandati di cattura della magistratura italiana, sarebbero superati secondo il diritto italiano i limiti massimi della custodia (= detenzione) preventiva (art. 272 CPPI), né tantomeno deve decidere se nel calcolo di tali massimi, secondo il diritto italiano, si debba tener conto - come l'istante pretende - anche del carcere a fini estradizionali sofferto in Svizzera. D'altronde si osservi che la carcerazione a fini estradizionali è retta esclusivamente dall'AIMP anche per riguardo al diritto processuale cantonale, e che né l'UFP né il giudice dell'estradizione avrebbero da prendere in considerazione disposizioni di diritto processuale penale cantonale che, alla stregua dell'art. 272 CPPI, garantissero all'arrestato a fini istruttori la liberazione, trascorso un determinato periodo massimo.
Per il rilievo che in materia estradizionale può avere il principio di reciprocità (cfr. art. 8 AIMP), giova però ricordare che la Corte di cassazione italiana ha costantemente ribadito che al carcere ordinato in Italia su richiesta del Ministero di grazia e giustizia in vista dell'estradizione ad uno Stato estero (art. 663 CPPI) non si applicano le norme ordinarie relative alla custodia preventiva, e segnatamente non si applicano quelle relative alla durata massima (art. 272 CPPI) poiché "l'applicazione, peraltro analogica, di tali norme dettate a tutt'altro scopo potrebbe frustrare le finalità del procedimento speciale in parola, diretto a realizzare gli impegni internazionali assunti dagli Stati ai fini della repressione della delinquenza e della consegna dell'estradando allo Stato richiedente" (cfr.: Cassazione, 13 febbraio 1980, Vallon, in Repertorio del Foro italiano 1981, voce "Libertà personale dell'imputato", n. 68; Cassazione, 14 maggio 1976, Zippo, in Foro italiano 1978 II pagg. 212/14; Cassazione, 14 febbraio 1972, Klicker, in Repertorio del Foro italiano 1973, voce "Estradizione", n. 11; inoltre, in senso conforme, MANZINI, Trattato di diritto processuale penale italiano, 1967, vol. I, pag. 165 nota 12). Si può quindi constatare che, sotto questo profilo importante ai fini della reciprocità, v'è concordanza fra la giurisprudenza italiana e quella svizzera, nel rispetto delle disposizioni della CEEstr.
Con riferimento alle adduzioni dell'istante, giova infine rilevare che nella recente sentenza Tedeschi del 6 febbraio 1979 (Giustizia penale 1980 III pagg. 633/34; Repertorio del Foro italiano 1980, voce "Libertà personale dell'imputato", n. 51) la Corte di cassazione italiana, scostandosi da taluni precedenti (21 ottobre 1977, Morlacchi, in Giustizia penale 1978 III pagg. 618/19) ed in conferma di altri (4 marzo 1974, Comitini, in Giustizia penale 1975 III pag. 235), ha giudicato che "la custodia preventiva subita all'estero a fini estradizionali, mentre deve essere computata nella pena definitivamente inflitta in Italia [cfr. per la Svizzera gli art. 14 AIMP e 69 CP], non è valutabile ai fini della custodia preventiva da subire in Italia, stante la diversa finalità delle due forme di limitazione della libertà personale: pertanto, il tempo trascorso "in vinculis" all'estero non può esser calcolato per stabilire se si debba far luogo alla scarcerazione per decorso dei termini" (cfr. anche, seppur in materia solo analoga, la sentenza 18 luglio 1973 della Corte costituzionale italiana, La Mattina, in Foro italiano 1973 I pagg. 2957/58).
Si rilevi d'altronde che, se stesse la tesi dell'istante e se egli potesse beneficiare in considerazione del carcere a fini estradizionali sofferto in Svizzera di una decisione italiana di scarcerazione, ciò equivarrebbe ad una decadenza del mandato di cattura che costituisce una delle premesse dell'estradizione (art. 12 par. 2 lett. a CEEstr; sentenza 2 marzo 1983 in re Federici, consid. 4): in simile situazione non si tratterebbe quindi più di accordare all'estradando la libertà provvisoria, ma di constatare addirittura la decadenza della procedura di estradizione medesima. Che un simile risultato sarebbe inaccettabile in relazione con gli impegni e le finalità consacrate dalla CEEstr, non occorre dimostrare.
e) (...)
f) Resta quindi da esaminare se la liberazione provvisoria non debba essere ordinata in ragione della durata della procedura. Il principio della proporzionalità, che si applica anche in materia estradizionale (SCHULTZ, Das neue Schweizer Recht der internationalen Zusammenarbeit in Strafsachen, SJZ [RSJ] 1981, pagg. 93/94), esige infatti che il carcere in vista d'estradizione sia contenuto entro i limiti determinati dalle necessità della procedura e dalle particolarità della fattispecie, e non venga protratto inutilmente dalle autorità dei due Stati (decisioni inedite 7 novembre 1975 in re Morlacchi, 10 settembre 1981 in re Bartolai, 6 ottobre 1981 in re Carron; SCHULTZ, op.cit., in Annuaire suisse de droit international, pag. 272). Ciò è d'altronde richiesto anche dall'art. 5 par. 1 lett. f CEDU: come la Commissione europea dei diritti dell'uomo ha riconosciuto, una detenzione a fini estradizionali inizialmente giustificata secondo la predetta disposizione può divenire illegittima, se la procedura non è condotta con la diligenza doverosa (decisione 6 ottobre 1976, Lynas c. Svizzera, in "Décisions et Rapports" 1977, n. 6, pagg. 141 segg., 153; decisione 12 dicembre 1977, X. c. Regno Unito, ibidem, 1978, n. 12, pagg. 207 segg., 211/12).
L'istante stesso riconosce che negligenze non possono esser rimproverate all'UFP. Per contro, egli intende censurare l'atteggiamento delle autorità dello Stato richiedente. Per quanto è dato di vedere in base agli atti attualmente in possesso del Tribunale federale, non può affermarsi che lo Stato richiedente abbia trascinato la procedura: in particolare, le autorità italiane hanno con sollecitudine fornito le informazioni loro richieste dall'UFP ed hanno altresì provveduto a trasmettere entro breve termine le decisioni giudiziarie che comportavano il ritiro della domanda d'estradizione per taluni capi d'imputazione. Né il fatto che la domanda si estenda anche ai delitti politici assoluti contemplati nei mandati di cattura ha minimamente provocato - data la chiarezza della situazione - un prolungamento della procedura: lo stesso UFP, infatti, ha avvertito subito il ricercato che per tali reati l'estradizione è esclusa. Per altro verso, non può invece essere ignorato che parecchie proroghe sono state richieste ed ottenute dallo stesso collegio di difesa del ricercato e che sono stati presentati memoriali d'opposizione particolarmente voluminosi. Non può quindi affermarsi che, allo stato attuale, la carcerazione sia illegittima e non possa esser ulteriormente protratta. D'altra parte, ci si deve attendere che gli atti siano quanto prima trasmessi al Tribunale federale: quand'anche si dovesse render necessaria una nuova presa di posizione del ricercato, si può dunque prevedere la possibilità di una decisione entro termini non eccessivamente lontani. In contrario caso, la questione dovrà invece esser riesaminata.
Per questi motivi, il Tribunale federale decide:
La domanda di concessione della libertà provvisoria è respinta.