BGE 96 I 415
 
65. Estratto della sentenza del 9 ottobre 1970 nella causa Innovazione SA contro Consiglio di Stato del canton Ticino.
 
Regeste
Verwaltungsgerichtsbeschwerde, Zulässigkeit. Ausverkauf; Widerruf der Bewilligung.
2. Prüfung der Beschwerde, obwohl ein aktuelles praktisches Interesse fehlt (Erw. 2).
3. Begriff der öffentlichen Ankündigung im Sinne des Art. 1 AO. Ankündigungen im Innern eines Warenhauses (Erw. 5).
4. Der Entzug der Ausverkaufsbewilligung ist nur zulässig, soweit er dem Schutz von Treu und Glauben dient (Erw. 6). Dabei ist der Grundsatz der Verhältnismässigkeit zu beachten (Erw. 7).
 
Sachverhalt
Riassunto della fattispecie:
A.- Con istanza del 19 dicembre 1969 l'Innovazione SA chiese al Dipartimento dell'economia pubblica del cantone Ticino l'autorizzazione ad eseguire una vendita di ribasso, a partire dal 19 gennaio 1970 e per 12 giorni lavorativi consecutivi, nei propri negozi siti nel cantone. L'autorizzazione fu concessa il 10 gennaio 1970 per il periodo dal 19 al 31 gennaio. Per quel che riguarda la pubblicità, il permesso dipartimentale contiene le seguenti condizioni:
"Qualsiasi attività pubblicitaria riferentesi alla vendita sopraindicata può aver luogo al più presto a partire dal 17 gennaio.
L'apertura delle vetrine, l'esposizione di scritte o decorazioni concernenti tali vendite possono essere fatte dopo la chiusura del negozio, la sera del 17 gennaio."
Il 15 gennaio 1970 due funzionari del Dipartimento constatarono che l'Innovazione SA aveva posto in vendita, nei negozi di Lugano-Centro e di Lugano-Lago, centinaia di articoli contrassegnati da cartellini recanti il vecchio prezzo annullato e il nuovo prezzo più favorevole. Mediante decisione del 16 gennaio 1970 il Dipartimento cantonale dell'economia pubblica annullò quindi, con effetto immediato, la concessa autorizzazione. Esso ordinò inoltre il ritiro di tutti i cartellini con i doppi prezzi, e vietò qualsiasi pubblicità relativa alla vendita di ribasso; nel caso in cui gli annunci pubblicitari fossero già apparsi o non potessero essere revocati, l'Innovazione SA avrebbe dovuto informare il pubblico che i saldi non potevano aver luogo.
Con atto del 17 gennaio 1970 l'Innovazione SA si aggravò davanti al Consiglio di Stato del cantone Ticino, chiedendo l'annullamento della revoca. L'esecutivo cantonale respinse il gravame mediante decisione del 20 gennaio 1970; esso accertò che l'interessata aveva proceduto, senza averne il permesso, a vere e proprie vendite di ribasso, contravvenendo così in modo manifesto alle disposizioni federali stabilite in materia.
B.- Il 22 gennaio 1970 l'Innovazione SA impugna questa decisione davanti al Tribunale federale mediante un ricorso di diritto amministrativo. Essa chiede di annullarla.
Con decreto del 26 gennaio 1970 il Presidente della Camera di diritto amministrativo ha accordato effetto sospensivo al ricorso.
 
Estratto dai considerandi:
1. Giusta l'art. 97 cpv. 1 OG, il ricorso di diritto amministrativo è ammissibile contro le decisioni nel senso dell'art. 5 della legge federale del 20 dicembre 1968 sulla procedura amministrativa (LPA). Sono decisioni ai sensi di tale norma i provvedimenti delle autorità nel singolo caso, fondati sul diritto pubblico federale e concernenti, in particolare, la costituzione, la modificazione o l'annullamento di diritti o di obblighi (cpv. 1 lett. a). In concreto, il gravame è diretto contro la revoca del permesso di procedere a una vendita di ribasso, vale a dire contro l'annullamento di un diritto spettante alla ricorrente. L'uno dei citati requisiti è quindi adempiuto. Rimane tuttavia ancora da esaminare se anche l'altro requisito è adempiuto, vale a dire se la decisione impugnata poggia sul diritto pubblico della Confederazione.
Il Consiglio di Stato del cantone Ticino ha confermato la revoca del permesso in applicazione dell'ordinanza federale sulle liquidazioni ed operazioni analoghe, del 16 aprile 1947 (OL). Questa ordinanza è stata emanata dal Consiglio federale in esecuzione alla legge federale del 30 settembre 1943 sulla concorrenza sleale (LCS) la quale, a sua volta, poggia sugli art. 34 ter, 64 e 64 bis CF, e comprende quindi tanto disposizioni di diritto pubblico quanto disposizioni di diritto privato.
Secondo l'art. 34 ter CF, nel testo in vigore quando fu emanata la LCS, la Confederazione ha il diritto di "statuire prescrizioni uniformi nel dominio delle arti e dei mestieri". Risulta dalle deliberazioni dell'Assemblea federale che l'art. 34 ter CF è stato citato in testa alla LCS solo con riferimento alle speciali prescrizioni di polizia sulle vendite di liquidazione e sui vantaggi speciali contenute nella legge medesima (Boll. sten. CN 1943, p. 115; v. pure Boll. sten. CSt. 1943, p. 23). Ora, l'art. 17 LCS sottopone all'obbligo di uno speciale permesso l'annuncio e l'esecuzione pubblica di una liquidazione (cpv. 1); esso prescrive poi che il permesso dev'essere rifiutato, o sottoposto a condizioni restrittive, quando lo esiga la buona fede (cpv. 2), la cui protezione nei rapporti commerciali è appunto uno degli scopi per i quali è possibile apportare restrizioni di polizia alla libertà del commercio e dell'industria (art. 31 cpv. 2 CF, RU 91 I 104 e 462, 94 I 600, 95 I 15). Tali limitazioni attengono manifestamente al diritto pubblico. Del resto, le prescrizioni della LCS sulle liquidazioni e l'intera OL sono concordemente attribuite dalla dottrina al diritto amministrativo (A.O. GERMANN, Concurrence déloyale - Unlauterer Wettbewerb - Concorrenza sleale, 1945, p. 355; GIGER, Der Vollzug der eidgenössischen und kantonalen Vorschriften über Ausverkäufe und Ausnahmeverkäufe, ZBl 50/1949, p. 229 e segg., in particolare p. 230; VON BÜREN, Kommentar zum UWG unter Einschluss der AO, 1957, p. 222; FLÜELER, Die rechtliche Regelung des Ausverkaufswesens in der Schweiz, 1957, p. 31 e segg; WYDLER, Ausverkäufe und ausverkaufsähnliche Veranstaltungen in wettbewerbsrechtlicher Beleuchtung, 1957, p. 131/132).
Certo, l'OL persegue non solo la protezione della buona fede nei rapporti commerciali, sibbene anche effetti di carattere politico-economico, in quanto stabilisce una comune base di partenza per tutti i venditori. Le restrizioni esposte negli art. 9 e segg., 12 e 16 OL sono infatti destinate innanzitutto a favore "del piccolo e del medio commerciante al minuto", i grandi magazzini e i negozi con più filiali non sentendo "in altrettanta misura il bisogno di essere protetti contro le varie forme di abuso" (v. Osservazioni e schiarimenti del Dipartimento federale dell'economia pubblica in merito alla OL, FF, ed. italiana, 1947, p. 568 e segg., in particolare p. 570). Questi effetti accessori dell'OL non sono tuttavia evidentemente tali da modificarne il carattere.
Ne consegue che la decisione governativa adempie i requisiti di cui agli art. 97 cpv. 1 OG e 5 LPA. Nessuna delle eccezioni menzionate negli art. 99 e 102 OG è d'altra parte adempiuta; il presente ricorso è quindi senz'altro ricevibile.
2. La ricorrente chiede di annullare la revoca del permesso litigioso, concessole con effetto a partire dal 19 gennaio 1970 e per i 12 giorni feriali consecutivi; il Consiglio di Stato del cantone Ticino domanda invece che tale revoca sia confermata. Entrambe le richieste non hanno più nessun valore pratico attuale: dato il tempo trascorso, e considerato del resto che al gravame era stato attribuito effetto sospensivo ai sensi dell'art. 111 cpv. 2 OG, la vendita di ribasso ha potuto svolgersi regolarmente, e una eventuale conferma della revoca non potrebbe evidentemente influire sul permesso accordato nello scorso mese di gennaio.
V'è tuttavia da rilevare che la ricorrente possiede senza dubbio ancora un interesse degno di protezione al giudizio della vertenza (art. 103 lett. a OG). D'altra parte, la fattispecie posta alla base di questa causa può ancora ripetersi in avvenire. Si giustifica quindi di entrare nel merito e di prendere una decisione (v. riguardo la giurisprudenza adottata, in casi analoghi, per il ricorso di diritto pubblico: RU 87 I 245 e riferimenti; 89 I 264, 91 I 325 e segg., 92 I 29, 94 I 33 consid. 1). È ancora opportuno aggiungere che, nel breve periodo di tempo tra il rilascio del permesso e la fine della liquidazione, è praticamente da escludere che il Tribunale federale possa pronunciare un giudizio di merito su di una fattispecie come la presente.
a) La ricorrente nega innanzitutto di aver annunciato "pubblicamente" la vendita prima del giorno autorizzato. A torto. È infatti pacifico ch'essa ha applicato, già il 15 e il 16 gennaio, dei cartellini con il vecchio prezzo e il prezzo ribassato a numerosi articoli posti in vendita all'interno dei negozi di Lugano-Centro e di Lugano-Lago, ove il 17 gennaio ha pure appeso grandi cartelli con la scritta "Saldi". Certo, la ricorrente non ha esposto quegli articoli e quei cartelli in vetrina o fuori del negozio. Tuttavia, già poco dopo l'emanazione della OL, s'è considerato che quanto avviene all'interno dei grandi magazzini, giornalmente frequentati da migliaia di persone che vi accedono anche senza speciali intenzioni di acquisto, può essere altrettanto "pubblico" di quanto è annunciato, ad esempio, in una vetrina (cfr. GIGER, op.cit., p. 234). Questa opinione è stata in seguito comunemente condivisa (cfr. VON BÜREN, op.cit., p. 225 n. 6; FLÜELER, op.cit., p. 76; WYDLER, op.cit., p. 14). Anche il Tribunale federale vi ha aderito, e nella sentenza pubblicata in RU 85 II 443 e segg. ha negato il carattere pubblico dell'annuncio solo per quei casi in cui l'operazione fosse stata comunicata unicamente al personale del negozio, a determinate persone ad esso estranee o al singolo cliente, oppure per quei casi in cui la comunicazione a cerchie più estese fosse avvenuta da parte di terzi, per il cui agire non sono responsabili nè il titolare del negozio nè alcuna persona incaricata della sua conduzione (RU 85 II 447 lett. b). Nessuna di queste eccezioni si avvera però in concreto. Come il Consiglio di Stato accerta, i negozi che l'Innovazione SA tiene a Lugano appartengono alla categoria dei grandi magazzini che chiunque può liberamente visitare, anche senza vincolo d'acquisto. La ricorrente medesima, del resto, non contesta questo accertamento. I cartelli appesi all'interno del negozio con la scritta "Saldi" erano pertanto degli annunci pubblici, così come lo erano i cartellini grandi con l'indicazione dei prezzi vecchi e di quelli ribassati. Ci si può invero chiedere se pure avessero il carattere del pubblico annuncio i più piccoli cartoncini di appena qualche centimetro di dimensione, applicati a taluni articoli, e che verosimilmente potevano essere letti solo da persone interessate all'acquisto dell'oggetto: ma tale questione può rimanere indecisa, il requisito dell'annuncio pubblico essendo già realizzato dagli avvisi sopra indicati.
b) Perchè vi sia una vendita di liquidazione ai sensi della OL, non basta che sia dato un annuncio pubblico, ma occorre pure che il vantaggio offerto al compratore sia temporaneo ed eccezionale. La ricorrente nega anche l'adempimento di questo requisito.
È certo che la censurata indicazione dei ribassi sui cartellini non conteneva in concreto alcun elemento che potesse far sorgere l'idea di una loro limitazione nel tempo. La semplice riduzione del prezzo di oggetti di moda o di stagione non basta, in realtà, a fare di una vendita una vendita di liquidazione: tale riduzione corrisponde spesso soltanto a un adattamento del prezzo in seguito alla svalutazione della merce, e viene di solito accordata per molti resti di magazzino senza limitazione nel tempo (RU 85 II 449/451). Più delicata è invece la questione dei cartelli con la scritta "Saldi". Esposti in un periodo in cui il pubblico si attende notoriamente speciali vendite di liquidazione, essi possono senz'altro far nascere negli avventori l'idea di vantaggi accordati solo a titolo temporaneo (cfr. RU 82 IV 114/115, 83 II 462).
Il diritto federale prevede al riguardo, come pene, la detenzione o la multa (art. 19 cpv. 1 lett. b OL). Il ritiro del permesso di vendita non è una pena, ma una misura di polizia (RU 57 I 380; WYDLER, op.cit., p. 131; FLÜELER, op.cit., p. 155). Ciò non esclude però che siffatto provvedimento possa colpire l'interessato in modo più intenso e più radicale di una semplice pena: caso che può verificarsi, in particolare, a proposito dei grandi magazzini, i quali vendono un gran numero di articoli soggetti a rapida svalutazione, che devono anche essere eliminati per far posto ai nuovi articoli di stagione.
Il rifiuto e il ritiro del permesso non sono surrogati della pena. Giusta l'art. 17 cpv. 2 LCS, il permesso di vendita di liquidazione dev'essere rifiutato, o sottoposto a condizioni restrittive, "per quanto le norme della buona fede lo esigano". Di conseguenza, all'inizio dell'art. 6 OL, il Consiglio federale ha dichiarato che il rifiuto del permesso è possibile solo nella misura in cui lo richiedano le norme della buona fede. Questa riserva non è ripetuta nell'art. 7 OL, che concerne il ritiro del permesso. Tuttavia, essa deve riferirsi anche al ritiro dell'autorizzazione almeno in quei casi ove quest'ultimo colpisce il commerciante in misura uguale del rifiuto. Questo caso si verifica quando, come in concreto, il permesso viene ritirato ancor prima che abbia inizio l'operazione di vendita.
Ne consegue che il ritiro del permesso previsto all'art. 7 OL è, giusta l'art. 17 cpv. 2 LCS, ammissibile solo in quanto serva alla protezione della buona fede, in particolare nei confronti del pubblico. Ciò sarà il caso qualora questo venga ingannato mediante annunci inesatti o fallaci (v. gli esempi menzionati all'art. 15 cpv. 2 OL), oppure qualora vengano violate le prescrizioni sulle liquidazioni o le relative decisioni (art. 7 cpv. 1 lett. b OL), se queste infrazioni violano nel contempo il principio della buona fede. Una siffatta violazione sussisterebbe, in particolare, quando in una vendita di ribasso si comprenda "merce acquistata o fabbricata prima della liquidazione o durante la stessa nell'intento di comprenderla nella liquidazione" (art. 13 cpv. 1 OL).
Dalla decisione impugnata non si desume affatto che l'Innovazione SA abbia ingannato o tentato di ingannare il pubblico. Non si vede d'altra parte in quale misura, attraverso le censurate operazioni, la ricorrente abbia violato o anche soltanto pregiudicato la buona fede nei rapporti commerciali. Ciò conduce all'annullamento della decisione governativa.
La revoca litigiosa non adempiva, in concreto, questi requisiti, e rappresentava un provvedimento troppo grave e sproporzionato all'entità della censurata violazione. Essa non era, innanzitutto, propria a ristabilire una situazione conforme al diritto: qualora la vendita di ribasso non fosse stata operata il 19 gennaio e nei giorni successivi, le violazioni commesse in precedenza non avrebbero in ogni caso potuto essere eliminate o compensate; nè il Consiglio di Stato adduce ch'erano da temersi per i giorni seguenti ulteriori violazioni. In secondo luogo, il divieto di effettuare una vendita di ribasso comporta, per un grande magazzino che deve liquidare, sul finire della stagione, una massa d'articoli di moda soggetti a rapida svalutazione, un pregiudizio enorme.
È vero che l'Innovazione SA, procedendo ad operazioni di liquidazione prima del giorno stabilito, ha agito in modo scorretto nei confronti dello Stato e di numerosi concorrenti; ed è vero che al direttore della ricorrente sono state negli scorsi anni inflitte multe di 50.-, 100.--, rispettivamente 500.-- fr. per infrazioni analoghe. Tuttavia, la revoca del permesso prima ancora dell'inizio della liquidazione rappresentava pur sempre un provvedimento gravissimo che poteva e doveva essere in concreto sostituito da altre misure possibili e più proporzionali all'entità della violazione. Gli art. 19 e 20 OL colpiscono con la detenzione, rispettivamente l'arresto, o con la multa le persone che contravvengono alle norme di diritto federale sulle liquidazioni, o che non rispettano le condizioni cui viene subordinato il permesso. Ora, questo modo di punizione, che permette un intervento dell'autorità adeguato alla entità della violazione, non è stato nella fattispecie per nulla adottato. La stessa limitazione delle precedenti pene alle sole multe e la modesta misura di queste, dimostra che l'autorità non ha affatto esaurito i rimedi meno radicali a sua disposizione.
La decisione impugnata contrasta quindi anche con il principio della proporzionalità del provvedimento amministrativo. Essa dev'essere di conseguenza annullata pure per questo motivo.
Il Tribunale federale pronuncia:
Il ricorso è accolto e la decisione impugnata è annullata.