BGE 121 I 357 |
47. Estratto della sentenza 19 dicembre 1995 della I Corte di diritto pubblico nella causa Lega dei ticinesi e Giuliano Bignasca c Gran Consiglio della Repubblica e Cantone del Ticino (ricorso di diritto pubblico) |
Regeste |
Art. 15 Abs. 3 und Art. 85 lit. a OG. Politische Rechte; Konkretisierung einer Initiative in Form einer allgemeinen Anregung. |
Legitimation eines Bürgers und einer politischen Partei, im Rahmen einer gestützt auf Art. 85 lit. a OG erhobenen staatsrechtlichen Beschwerde geltend zu machen, der dem Stimmvolk unterbreitete Gesetzesentwurf gäbe die Initiative kaum mehr wieder (E. 2a). Ausschöpfung des kantonalen Instanzenzuges und Zulässigkeit der Beschwerde (E. 2b-d). |
Überprüfungsbefugnis des Bundesgerichts im Rahmen von Art. 85 lit. a OG (E. 3). |
Grundsätze des Tessiner Rechts über die Behandlung von Initiativen in Form der allgemeinen Anregung (E. 4a) und Zusammenfassung der bundesgerichtlichen Rechtsprechung (E. 4b). |
Im vorliegenden Fall überschritt das kantonale Parlament beim Erlass des angefochtenen Gesetzesentwurfs den ihm zustehenden Beurteilungsspielraum bei der Konkretisierung der Initiative (E. 5 und 6). Vollumfängliche Aufhebung des angefochtenen Entscheids, damit das kantonale Parlament sich erneut frei über die ganze Sache äussern kann (E. 6b). |
Sachverhalt |
Il 15 febbraio 1993 è stata depositata alla Cancelleria dello Stato del Cantone Ticino una domanda d'iniziativa generica chiedente al Governo una riduzione di 150 milioni di franchi delle spese dell'amministrazione cantonale. Il testo della domanda precisa "che non si tratta di licenziare dipendenti o di smantellare la socialità, ma semplicemente di riorganizzare in modo razionale l'attività statale, eliminando uffici e servizi inutili e risparmiando in tutti i settori". L'iniziativa è stata pubblicata nel Foglio ufficiale (FU) n. 14 del 19 febbraio 1993.
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Accertato che durante il termine legale l'iniziativa aveva raccolto 7079 firme valide, il Consiglio di Stato l'ha considerata riuscita (l'art. 3 cpv. 2 della legge sull'iniziativa popolare, sul referendum e sulla revoca del Consiglio di Stato del 22 gennaio 1954 - in seguito LIRR - esige 7000 firme) ed ha trasmesso gli atti al Gran Consiglio per le sue incombenze (FU n. 42 del 28 maggio 1993).
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Il Gran Consiglio del Cantone Ticino ha incaricato la Commissione della gestione di elaborare l'iniziativa. Divisa, questa ha presentato al legislativo un rapporto di maggioranza e due rapporti di minoranza. Nella seduta del 9 marzo 1995 il Gran Consiglio ha adottato (con 54 voti favorevoli, 13 contrari e 6 astensioni) il rapporto di maggioranza ed il disegno di legge annesso allo stesso ("Legge concernente la modifica o l'abrogazione di leggi o decreti legislativi per il contenimento della spesa corrente del Cantone"), sul cui contenuto si tornerà - ove necessario - in seguito.
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Il Consiglio di Stato ha ordinato la pubblicazione della decisione del Gran Consiglio nel FU ed ha fissato la votazione popolare per domenica 21 maggio 1995 (FU n. 22 e 23 del 17 e 21 marzo 1995).
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Con atto del 21 aprile 1995, la Lega dei ticinesi, partito politico, e Giuliano Bignasca, uno dei cinque promotori dell'iniziativa, hanno presentato al Tribunale federale un ricorso di diritto pubblico fondato sull'art. 85 lett. a OG, con il quale postulano l'annullamento della decisione del Gran Consiglio del 9 marzo 1995 e del progetto di legge concretante l'iniziativa generica.
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Dai considerandi: |
a) Giuliano Bignasca, cittadino attivo nel Cantone Ticino giusta gli art. 13 e segg. Cost./TI (v. RDAT I-1993, pag. 47 seg. consid. 4), è legittimato ad insorgere (DTF 120 Ia 197 consid. c e rinvii). La legittimazione deve pure essere riconosciuta alla Lega dei ticinesi, associazione politica, organizzata come tale e dotata di statuti, attiva nel Cantone (DTF 118 Ia 188 e rinvii; DTF 115 Ia 153 consid. 1b).
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b) Il diritto ticinese non prevede vie di ricorso contro una decisione come quella del Gran Consiglio. Il corso delle istanze cantonali è quindi stato esaurito (art. 86 OG).
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c) Il previsto voto popolare non ha ancora avuto luogo. Tuttavia, la giurisprudenza esige che le decisioni anteriori al voto o gli atti che secondo il ricorrente possono falsare l'esercizio della volontà popolare devono essere impugnati immediatamente (DTF 118 Ia 417 seg. consid. 2a). Pertanto, a giusta ragione i ricorrenti hanno impugnato la decisione del Gran Consiglio già al momento della sua pubblicazione (DTF 115 Ia 153 e le sentenze citate).
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Il ricorso rispetta il termine legale (art. 89 cpv. 1 OG).
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d) Il ricorso fondato sulla violazione dei diritti politici (art. 85 lett. a OG) soggiace alle stesse esigenze procedurali degli altri ricorsi di diritto pubblico. Il Tribunale federale è vincolato dai motivi invocati nel ricorso. Inoltre, spetta al ricorrente indicare quali diritti costituzionali o principi giuridici sarebbero stati violati e precisare in che consiste la loro violazione (art. 90 cpv. 1 lett. b OG).
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Ne risulta che nel caso concreto il Tribunale federale non deve vagliare se l'iniziativa litigiosa sia un'iniziativa amministrativa - ciò che non è stato ritenuto dal Gran Consiglio e non è invocato nella presente procedura - né ricercare d'ufficio motivi non invocati o non sufficientemente sostanziati nel ricorso.
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3. Nel quadro dell'art. 85 lett. a OG, il Tribunale federale esamina con piena cognizione non solo le norme del diritto federale e della costituzione cantonale, ma anche quelle del diritto cantonale di rango inferiore, in quanto esse determinino il contenuto del diritto di voto o vi siano strettamente connesse (DTF 119 Ia 157 consid. c, 174 consid. 2, DTF 120 Ia 199 consid. 2). L'esame sotto il profilo dell'arbitrio si applica invece alle ulteriori disposizioni del diritto cantonale ed alle questioni di fatto (sentenze citate). In casi d'interpretazione manifestamente dubbi il Tribunale federale si attiene all'opinione espressa dall'istanza cantonale superiore (DTF 115 Ia 153 consid. 2 con rinvii).
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a) Giusta l'art. 15 cpv. 3 LIRR l'iniziativa legislativa può essere presentata in forma generica o in forma di un progetto completamente elaborato. Nel primo caso, la procedura è retta dall'art. 16 LIRR. Il Gran Consiglio è tenuto ad elaborare l'iniziativa nel senso della domanda (cpv. 1). Esso può raccomandare al popolo l'accettazione o la reiezione dell'iniziativa oppure proporgli di adottare sulla stessa materia un suo controprogetto (cpv. 2). L'eventuale controprogetto deve raccogliere l'adesione del Consiglio di Stato; in caso contrario, esso dev'essere sottoposto ad una seconda lettura a norma della Costituzione (cpv. 3). Il capoverso 4 prevede che il Gran Consiglio deve pronunciarsi sulla domanda di iniziativa entro un anno dalla raccolta delle firme; mentre il capoverso 5 dispone che le decisioni del Gran Consiglio sono pubblicate nel FU a cura del Consiglio di Stato entro otto giorni, con l'indicazione della data di scrutinio.
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Per contro, l'art. 56 cpv. 4 Cost./TI - di cui i ricorrenti invocano la violazione - è applicabile esclusivamente alle iniziative costituzionali. In concreto, ciò non ha alcuna incidenza, avendo tale norma contenuto analogo a quello dell'art. 16 cpv. 1 LIRR.
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b) Secondo la giurisprudenza, l'autorità legislativa tenuta ad elaborare un progetto concreto conforme ad un'iniziativa generica deve rispettarne l'oggetto; l'iniziativa le traccia una via da cui non può scostarsi né per modificare il senso della proposta, né per disciplinare materie diverse da quelle oggetto della domanda. Essa non agisce liberamente, ma in esecuzione di un mandato assegnatogli dal popolo o dagli elettori firmatari dell'iniziativa. Di certo, essa non fa da tramite fra gli autori dell'iniziativa e il popolo e il testo che è tenuta a sottoporre a quest'ultimo è elaborato in virtù di una competenza propria. Allorquando ne ha il mandato, l'autorità legislativa è tenuta a stabilire un progetto che risponda alle intenzioni degli iniziativisti ed esprima il loro pensiero. Il margine di manovra dell'autorità legislativa è pertanto limitato dall'obbligo di adottare norme di contenuto analogo a quelle propugnate dagli autori dell'iniziativa (DTF 115 Ia 154 /155 consid. 4 e riferimenti).
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Per gli autori dell'iniziativa, la scelta della domanda in forma generica implica di per sé la rinuncia a proporre soluzioni concrete atte a realizzarne l'obiettivo. Essi si rimettono alla scelta dell'organo statale competente, il cui margine di manovra deve essere rispettato. Paragonabile a quello dell'organo statale al quale è stato delegato il potere di legiferare, tale margine è maggiore se gli obiettivi dell'iniziativa sono formulati in modo generale oppure complessi e parzialmente contraddittori (v. DTF 111 Ia 119 e riferimenti); in siffatta evenienza le scelte della competente autorità non possono essere contestate adducendo che non convengono agli autori dell'iniziativa se, da un punto di vista oggettivo, esse appaiono come un mezzo ragionevole per realizzarne l'oggetto.
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Secondo giurisprudenza invalsa, il testo di un'iniziativa deve essere interpretato in modo oggettivo, ossia come potevano comprenderlo i cittadini ai quali era destinato. Di contro, l'interpretazione personale dei promotori e redattori dell'iniziativa non è determinante, soprattutto se essa è data a posteriori (DTF 105 Ia 154). In casi dubbi l'iniziativa deve essere compresa in un senso che la renda conforme al diritto superiore (DTF 119 Ia 157, DTF 118 Ia 204 e le sentenze citate).
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L'obbligo per l'autorità legislativa di concretare la domanda presuppone che l'iniziativa sia ricevibile, ossia ch'essa sia compatibile con le norme del diritto superiore (DTF 119 Ia 157 consid. 2b e riferimenti) ed attuabile (DTF DTF 114 Ia 271 consid. 3, DTF 101 Ia 367, DTF 94 I 126; sentenza inedita del 10 dicembre 1994 nella causa Helvetia Nostra e consorti c. Gran Consiglio del Cantone di Friborgo). Se solo una parte dell'iniziativa è irricevibile, la parte rimanente può sussistere come tale, purché resti un'entità coerente e si possa ragionevolmente supporre che un numero sufficiente di cittadini avrebbero comunque dato la loro adesione (DTF 119 Ia 157 consid. 2b in basso con riferimenti, DTF 117 Ia 156 consid. 5 c e sentenze citate).
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a) I ricorrenti affermano che tale progetto del Gran Consiglio snaturerebbe gli obiettivi chiari dell'iniziativa, che sono quelli di realizzare risparmi senza licenziare funzionari e senza smantellare "la socialità". In particolare, come si vedrà più oltre, essi adducono che la soppressione di alcune spese sarebbe contraria agli scopi dell'iniziativa, poiché diminuirebbe la protezione sociale e violerebbe i diritti acquisiti dei funzionari e il diritto alla salute.
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b) Nella propria risposta, il Gran Consiglio espone le difficoltà al quale è stato confrontato nell'elaborazione dell'iniziativa, che è stata oggetto di ampie discussioni in seno alla Commissione della gestione ed all'assemblea plenaria. Durante i lavori parlamentari è stata vagliata la questione di sapere se, visto il suo oggetto, l'iniziativa non fosse irricevibile. In effetti, il diritto ticinese non conosce l'iniziativa amministrativa. Questa soluzione è poi caduta.
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Il Parlamento ha quindi aderito alla proposta della maggioranza della Commissione della gestione. Esso ha invece respinto un primo rapporto di minoranza - sottoscritto da due firmatari dell'iniziativa - che proponeva l'adozione di norme volte a ridurre le spese del personale e quelle per beni e servizi in funzione del gettito dell'imposta cantonale delle persone fisiche e del preventivo. Pure respinta è stata la proposta di una seconda minoranza, che proponeva la reiezione dell'iniziativa e l'accettazione di un controprogetto pure volto a ridurre proporzionalmente le spese annuali, per gruppi, in funzione del gettito dell'imposta cantonale delle persone fisiche. Al momento del voto sulla proposta di sottoporre questo controprogetto al popolo, gli autori dell'iniziativa presenti in Gran Consiglio avevano sostenuto questa proposta.
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Il Gran Consiglio afferma poi che i ricorrenti cadono in contraddizione, nella misura in cui censurano misure legislative che erano state formulate dagli stessi proponenti. Esso contesta inoltre i rimproveri dei ricorrenti. A suo avviso, il testo dell'iniziativa lasciava un ampio margine di apprezzamento, che non sarebbe stato oltrepassato. La restrizione figurante nel testo dell'iniziativa volta ad impedire lo smantellamento della socialità sarebbe stata rispettata; lo "smantellamento" presupporrebbe una "demolizione" delle prestazioni sociali. Tale non può essere qualificata la puntuale soppressione di alcune prestazioni sociali.
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c) In replica, i ricorrenti spiegano che davanti alla Commissione della gestione i rappresentanti della Lega dei ticinesi avevano effettivamente prospettato la soppressione di alcuni sussidi. Constatato però che tale soppressione era contraria agli scopi dell'iniziativa, essi vi si sono poi opposti.
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6. a) Gli scopi dell'iniziativa litigiosa sono - perlomeno in parte - antinomici. Infatti, le restrizioni alle spese dello Stato hanno necessariamente un'incidenza sulle prestazioni sociali accordate, sotto forma di una loro soppressione o riduzione. Di per sé, il testo dell'iniziativa non osta a tali riduzioni delle prestazioni. Se esso indica che i funzionari dello Stato non devono essere licenziati, esso ammette implicitamente che le prestazioni ai funzionari possono subire decurtazioni. Del resto, non tutte le riduzioni o soppressioni delle prestazioni a carattere sociale sono contrarie all'iniziativa, ma solo quelle che conducono ad uno "smantellamento della socialità". Per il lettore oggettivo del testo della domanda e tenuto conto dello scopo dell'iniziativa, il termine "smantellamento" definisce la portata della riserva. Nella sua accezione originaria, lo smantellamento era "l'abbattimento delle mura d'una città, d'una piazzaforte" (v. CORTELAZZO/ZOLLI, Dizionario etimologico della lingua italiana, Bologna 1988); nel suo senso figurato lo smantellamento presuppone pure un'importante aggressione alle strutture protettrici. Pertanto, l'iniziativa osta a che siano intaccate le prestazioni sociali solo se, nel loro insieme, le misure adottate comportano una grave offesa alla struttura sociale. Tuttavia, in concreto, si può divergere d'opinione circa l'importanza dello smantellamento vietato. Infatti, si potrebbe interpretare questa espressione quale impedimento a che si dia inizio ad uno smantellamento delle prestazioni accordate dallo Stato; ciò presupporrebbe comunque un'offesa di una certa rilevanza, altrimenti il termine di smantellamento sarebbe privo di qualsiasi significato.
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Sia come sia, per i motivi indicati (v. supra, consid. 2d), spetta ai ricorrenti di dimostrare l'importanza di tale offesa.
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Le restrizioni poste dall'iniziativa devono essere intese quali condizioni "sine qua non". Dovesse risultare che esse impediscono di raggiungere l'obiettivo di risparmiare 150 milioni di franchi, l'iniziativa sarebbe parzialmente irrealizzabile e quindi nulla (consid. 4), ciò che dovrebbe essere preso in considerazione nella concretizzazione dell'iniziativa generica.
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b) Occorre quindi vagliare se, in tal senso, i ricorrenti hanno dimostrato una profonda offesa alle strutture sociali protettrici del Cantone del Ticino.
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Nel succinto atto di ricorso, i ricorrenti sembrano mettere in discussione la soppressione delle seguenti spese (secondo l'ordine per gruppi di spesa adottato nella legge concretante l'iniziativa):
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