BGE 142 I 216 |
20. Estratto della sentenza della I Corte di diritto pubblico nella causa Ghiringhelli e consorti contro Gran Consiglio della Repubblica e Cantone Ticino (ricorso in materia di diritto pubblico) |
1C_844/2013 del 3 giugno 2016 |
Regeste |
Art. 4 Abs. 6 und Art. 5 der Europäischen Charta der kommunalen Selbstverwaltung; Ungültigerklärung der Verfassungsinitiative zum Zusammenschluss von Agglomerationsgemeinden des Sopraceneri durch den Grossen Rat wegen Verletzung übergeordneten Rechts bestätigt. |
Die Volksabstimmung über die Initiative auf Kantonsebene genügt nicht zur Einhaltung von Art. 5 der Carta - der Zwangsfusionen nicht grundsätzlich entgegensteht -, weil die Stimmbürger der betroffenen Gemeinden nicht vorab konsultiert worden sind. Die von den Initianten verlangte nachträgliche Organisation von Konsultativabstimmungen durch die betroffenen Gemeinden und die kantonalen Behörden bedürfte einer gesetzlichen Grundlage; im Übrigen würde dies die Initiative verfälschen und dem Willen ihrer Unterzeichner widersprechen (E. 8). |
Sachverhalt |
"Art. 20a: Aggregazione poli urbani del Sopraceneri
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1. I Comuni di Ascona, Brione s/Minusio, Brissago, Cavigliano, Centovalli, Cugnasco-Gerra, Gordola, Lavertezzo, Locarno, Losone, Mergoscia, Minusio, Muralto, Orselina, Ronco s/Ascona, Tegna, Tenero-Contra e Verscio sono aggregati al più tardi entro il 31 dicembre 2017 in un unico Comune denominato Comune di Locarno, a far tempo dalla costituzione del Municipio.
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2. I Comuni di Arbedo-Castione, Bellinzona, Cadenazzo, Camorino, Claro, Giubiasco, Gnosca, Gorduno, Gudo, Lumino, Moleno, Monte Carasso, Pianezzo, Preonzo, Sant'Antonio, Sant'Antonino e Sementina sono aggregati al più tardi entro il 31 dicembre 2017 in un unico Comune denominato Comune di Bellinzona, a far tempo dalla costituzione del Municipio.
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3. Nella prima legislatura il Municipio dei due nuovi Comuni sarà composto di 7 membri e 4 supplenti, mentre il Consiglio comunale sarà composto di 60 membri.
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4. Il Cantone verserà un contributo di 24 milioni di franchi al nuovo Comune di Locarno e di 30 milioni di franchi al nuovo Comune di Bellinzona.
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5. Sono riservati aggregazioni più estese e contributi più elevati.
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6. La legge ne disciplina le condizioni e le modalità."
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B. L'iniziativa ha raccolto 11'558 firme valide ed è quindi riuscita. Essa è stata trasmessa al Gran Consiglio, che ha licenziato due rapporti, uno di maggioranza del 5 settembre 2013, volto a farla dichiarare irricevibile, l'altro di minoranza di stessa data, tendente ad accertarne la ricevibilità. Con decreto del 14 ottobre 2013 (...), il Gran Consiglio, aderendo al rapporto di maggioranza, ha dichiarato irricevibile l'iniziativa. Ha ritenuto che, oltre ad opporvisi insuperabili problemi relativi al diritto costituzionale di essere sentito (art. 29 cpv. 2 Cost.), al principio dell'uguaglianza giuridica e alla libertà di voto, perché ai cittadini è preclusa la possibilità di accettare soltanto una o l'altra delle aggregazioni proposte, essa viola l'art. 4 cpv. 6 e l'art. 5 della Carta europea dell'autonomia locale, conclusa a Strasburgo il 15 ottobre 1985, approvata dall'Assemblea federale il 15 dicembre 2004, ratificata dalla Svizzera il 17 febbraio 2005 ed entrata in vigore per il nostro Paese il 1° giugno seguente (RS 0.102; in seguito: la Carta).
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In una seduta pubblica il Tribunale federale ha respinto il ricorso in quanto ammissibile.
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(estratto)
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Dai considerandi: |
Erwägung 3 |
In tale ambito occorre ricordare che non sono soltanto le disposizioni cogenti del diritto internazionale che pongono limiti sostanziali alle iniziative cantonali: secondo l'art. 139 cpv. 3 Cost., una tale limitazione vale in effetti unicamente per le iniziative popolari per la revisione parziale della Costituzione federale, norma non applicabile alle iniziative cantonali. Quest'ultime devono invece essere compatibili senza riserve al diritto superiore (DTF 139 I 292 consid. 5.4 in fine pag. 295 e consid. 5.6 pag. 296).
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3.3 Questo è il senso del detto "in dubio pro populo", richiamato dai ricorrenti, secondo cui un testo che non ha un senso univoco dev' essere interpretato in maniera tale da favorire l'espressione del voto popolare (sentenza 1C_578/2010 del 20 dicembre 2011 consid. 3, non pubblicato in DTF 138 I 131; DTF 134 I 172 consid. 2.1 pag. 177). Questa massima in materia di diritti politici si presta ugualmente alla concretizzazione del principio della proporzionalità (art. 36 cpv. 3 Cost.), secondo cui l'intervento dello Stato deve comportare il minor pregiudizio possibile ai diritti dei cittadini e le decisioni di irricevibilità siano il più possibile limitate a vantaggio della soluzione più favorevole agli iniziativisti. In questo modo, quando soltanto una parte dell'iniziativa risulti irricevibile, la parte restante può nondimeno mantenere, in quanto tale, la sua validità, qualora essa costituisca un insieme coerente, possa ancora corrispondere alla volontà degli iniziativisti e rispetti di per sé il diritto superiore (DTF 139 I 292 consid. 7.2.3 pag. 298 seg. e riferimenti; sentenza 1C_33/2013 del 19 maggio 2014 consid. 4). In concreto un'eventuale validità parziale dell'iniziativa non è ravvisabile, né i ricorrrenti lo pretendono.
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Erwägung 4 |
4.1 Il Gran Consiglio ha dichiarato l'iniziativa irricevibile aderendo al rapporto di maggioranza della Commissione della legislazione, che costituisce in sostanza la vera e propria motivazione della decisione impugnata (sentenze 1C_91/2009 del 10 novembre 2009 consid. 1.3, in: RtiD 2010 I n. 3 pag. 27 e 1P.531/2006, citata, consid. 2.2). Questa conclusione si fonda, tra l'altro, sull'audizione del primo firmatario dell'iniziativa e quella dei promotori, sulle discussioni commissionali, su una perizia giuridica del luglio 2012 del prof. Andreas Auer, commissionata dal Comune di Ascona che conclude per l'irricevibilità dell'iniziativa ("L'illiceità di trattamenti costituzionali speciali 'Extrawürsten', elusioni normative e scorciatoie di politica del voto in materia di aggregazioni comunali") e su diverse audizioni commissionali del consulente giuridico del Gran Consiglio, poi confluite nel suo parere in versione consolidata del 29 novembre 2013 (MICHELE ALBERTINI, Esame di ricevibilità dell'iniziativa popolare costituzionale elaborata "Avanti con le nuove città di Locarno e Bellinzona", RtiD 2014 I pag. 423 segg.).
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Il Legislativo cantonale non ha avuto alcun dubbio a pronunciare l'irricevibilità dell'iniziativa (50 voti in tal senso, 24 contrari e un'astensione). Ciò in quanto, ritenendola ricevibile, tutti i cittadini del Cantone sarebbero chiamati a decidere le sorti di due soli distretti, obbligandoli contro la loro volontà ad aggregarsi, provocando quindi una disparità di trattamento ingiustificata. Ha aggiunto che chi ha firmato l'iniziativa ha semplicemente risposto affermativamente e con spirito paternalistico alla domanda retorica: "cari locarnesi e bellinzonesi, non volete aggregarvi spontaneamente? Allora, vediamo di obbligarvi noi". Secondo il Gran Consiglio, per i 35 Comuni coinvolti l'iniziativa comporterebbe un sistema di aggregazione diretta, senza le garanzie procedurali e partecipative previste dalla Legge ticinese del 16 dicembre 2003 sulle aggregazioni e separazioni dei Comuni (LAggr; RL 2.1.4.3), mentre queste rimarrebbero applicabili per tutti gli altri Comuni, instaurando in tal modo una non giustificata disparità di trattamento.
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Sempre secondo il Parlamento cantonale, l'iniziativa, oltre che ledere il diritto costituzionale dei Comuni coinvolti di essere sentiti giusta l'art. 29 cpv. 2 Cost., viola manifestamente la Carta. Specificamente la popolazione dei Comuni interessati dall'iniziativa, e non i rispettivi Legislativi ed Esecutivi, la cui consultazione comunque nemmeno è prevista, non può in effetti previamente esprimersi al riguardo. Si è insistito anche sulla mancata unità della materia, rilevato che l'iniziativa include due progetti aggregativi diversi, impedendo quindi ai cittadini di esprimere un voto differenziato (estratto dal verbale del Gran Consiglio, seduta XIX del 14 ottobre 2013).
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4.4 Nelle osservazioni al ricorso, il Consiglio di Stato ricorda che, dinanzi a un'iniziativa elaborata, il Gran Consiglio deve dichiararne irricevibili le parti contrarie al diritto superiore. Rileva che, secondo la giurisprudenza invalsa, il testo di un'iniziativa dev'essere interpretato in modo oggettivo, ossia come potevano comprenderlo i cittadini, motivo per cui l'intenzione dei promotori non è determinante ed essi non possono, come avvenuto, fornire a posteriori una propria interpretazione personale, per tentare di farla apparire conforme ai requisiti di ricevibilità. Secondo il Governo, il testo dell'iniziativa litigiosa è più che chiaro e non può essere oggetto di interpretazione o speculazioni: l'accettazione del nuovo art. 20a Cost./TI implica l'aggregazione diretta dei Comuni menzionati dalla norma ("I comuni di [...] sono aggregati al più tardi entro il 31 dicembre 2017 in un unico Comune [...]"). Non sussiste pertanto manifestamente la possibilità di un'eventuale informazione e consultazione preventiva dei rispettivi Comuni e dei loro cittadini. Lo sforzo dei promotori di introdurre a posteriori un "diritto" di essere uditi dei Comuni interessati, mediante l'improvvisato tentativo di invitarli a esprimersi prima della votazione, è illegittimo, perché privo della necessaria base legale. Per di più, questa soluzione contravverrebbe allo scopo intrinseco dell'iniziativa che, viste le precedenti bocciature dei progetti aggregativi fondati sulla LAggr, è proprio quello di scardinare le garanzie partecipative e le criticate lungaggini di quella procedura: una siffatta soluzione disattenderebbe pertanto la volontà di chi ha firmato l'iniziativa, volta ad obbligare questi Comuni a fusionare senza essere previamente consultati.
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(...)
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Erwägung 7 |
Nel rapporto di maggioranza, richiamando il testo inglese di queste due norme, si sottolinea che con il termine "collettività locali" si intende la popolazione locale e non le autorità locali (quali il Municipio e il Consiglio comunale), motivo per cui è la popolazione che dev'essere sentita preventivamente, questione peraltro non litigiosa, ritenuto che i ricorrenti rettamente non la contestano. Questa conclusione è corretta. I testi originali della Carta sono il francese e l'inglese, "i due testi facenti ugualmente fede" (art. 18 in fine della stessa). Ora, dal testo originario inglese risulta evidente che la garanzia dell'art. 5 si riferisce alla consultazione preliminare della popolazione locale ("local communities") e non alle autorità locali ("local authorities") come previsto dall'art. 4 cpv. 6 della Carta, sebbene nel testo francese delle stesse norme, come nella traduzione italiana, si utilizzi il medesimo termine, segnatamente "collectivités locales" (in tal senso vedi KILIAN MEYER, Gemeindeautonomie im Wandel, 2011, pag. 90 e nota al piede n. 442 e pag. 381 in particolare note al piede n. 1555 e 1557). In effetti, l'art. 5 della Carta si riferisce all'integrità territoriale, ossia alle aggregazioni di Comuni e pertanto a una misura che minaccia direttamente la loro esistenza, motivo per cui in tale ambito esso impone una consultazione qualificata dei loro cittadini, contrariamente all'art. 4 cpv. 6, che prevede meramente la consultazione delle autorità locali per tutte le questioni che le riguardano. Dalla struttura sistematica, dalla ponderazione dei criteri e dagli scopi di queste due norme risulta chiaramente che l'art. 5 ha una portata propria e specifica, prevedendo, nel caso in cui si tratti dell'esistenza stessa del Comune, una tutela accresciuta, cioè un diritto di consultazione qualificato. In caso contrario, qualora questa norma intendesse semplicemente ribadire quanto già previsto dall'art. 4 cpv. 6, essa non avrebbe alcun senso e sarebbe inutile.
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7.3 Accertato nel preambolo della Carta che le collettività locali costituiscono uno dei principali fondamenti di ogni regime democratico, che il diritto dei cittadini a partecipare alla gestione degli affari pubblici fa parte dei principi democratici e considerato che il rafforzamento dell'autonomia locale rappresenta un importante contributo per i principi democratici e il decentramento del potere, l'art. 1 dispone che le Parti s'impegnano a considerarsi vincolate a determinate disposizioni della Carta, conformemente a quanto indicato all'art. 12 cpv. 1 della stessa. La Svizzera vi ha dato seguito dichiarando d'impegnarsi a considerarsi vincolata da specifiche disposizioni, in particolare dall'art. 4, paragrafi 1, 2, 3, 5 e 6, nonché dall'art. 5. Per quanto qui interessa, si è quindi impegnata a rispettare le due norme in applicazione delle quali il Parlamento ticinese ha dichiarato irricevibile l'iniziativa.
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7.5 Nel Rapporto esplicativo della Carta del Consiglio d'Europa del marzo 2010, si rileva che se nella maggior parte dei paesi è considerato come irrealistico aspettarsi che la comunità locale abbia un diritto di veto riguardo alla modifica dei limiti territoriali, una sua consultazione preliminare, diretta o indiretta, è indispensabile. Se del caso, un referendum costituisce una procedura adeguata per questo tipo di consultazione, possibilità comunque non prevista nella legislazione di un certo numero di Paesi. Dove le norme legislative non impongono il ricorso a un referendum, si possono prevedere altri modi di consultazione (pag. 38). La Carta non predispone invero un meccanismo di controllo istituzionale del rispetto delle libertà comunali (pag. 30), che la prassi ha comunque sviluppato attraverso l'elaborazione di rapporti, e nemmeno conferisce alcun diritto di veto (vedi dichiarazione della Svizzera; FF 2004 71 n. 1.3, 76 n. 1.4.3 e 81 n. 2.1), né impedisce di attuare un'aggregazione coatta (sentenza 1C_41/2008, citata, consid. 11.2, con riferimenti anche alla dottrina; MEYER, op. cit., pag. 379 segg. sulla necessità di consultare i comuni in tale ambito e, in generale sulla portata dei citati articoli della Carta, pag. 90, 97, 114 seg.). Riguardo all'art. 5, norma decisiva, il rapporto osserva che le proposte volte a modificare i limiti territoriali, dei quali i progetti di fusione con altre collettività rappresentano il caso estremo, rivestono un'importanza fondamentale per le collettività locali e i loro cittadini. Nel Messaggio si ribadisce che l'art. 5 della Carta riguarda l'integralità territoriale delle collettività locali, osservando che la questione è interessante dal profilo delle fusioni di Comuni (pag. 81). È nondimeno pacifico che le autorità non sono vincolate da un eventuale esito negativo di una consultazione preliminare.
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Essi misconoscono infatti che il Tribunale federale sulla base di una prassi invalsa ha costantemente ritenuto che aggregazioni disciplinate dalla LAggr, segnatamente quelle coatte, sono costituzionalmente ammissibili e rispettano in particolare le garanzie previste dall'art. 5 della Carta. Ciò poiché gli aventi diritto di voto dei Comuni interessati possono previamente esprimersi nel quadro di una votazione consultiva sulla prospettata fusione, che a sua volta poteva essere oggetto di un referendum (all'epoca per lo meno finanziario; sentenze 1C_287/2014 del 25 agosto 2015 consid. 7.1, in: RtiD 2016 I n. 1 pag. 3; 1C_87/2014 dell'8 aprile 2015 consid. 6.1; 1C_91/2009, citata, consid. 3; 1C_415/2008 del 24 agosto 2009 consid. 12 e 1C_41/2008, citata, consid. 11). Il Tribunale federale ha poi stabilito che anche le recenti modifiche apportate alla LAggr sono compatibili con l'art. 5 della Carta: riguardo alla consultazione preliminare esse eccedono anzi largamente la garanzia fornita dalla stessa poiché, oltre alle votazioni consultive indette nei Comuni interessati, attualmente i decreti aggregativi soggiacciono indistintamente al referendum facoltativo (sentenza 1C_459/2011 del 4 settembre 2013 consid. 7, in: RtiD 2014 I n. 22 pag. 87; sul tema vedi TIZIANO CRAMERI, Alcune peculiarità delle aggregazioni comunali nel Cantone Ticino, in: RtiD 2015 I, Omaggio a Guido Corti, pag. 131 segg., 138).
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I ricorrenti ignorano che, contrariamente all'iniziativa in esame, in quelle cause i cittadini dei Comuni interessati dalle aggregazioni, e peraltro non quelli di tutto il Cantone Ticino, sono stati previamente consultati e hanno potuto esprimersi nel quadro delle votazioni consultive con piena cognizione di causa, anche alla luce dei preliminari rapporti alla cittadinanza e dei preventivi studi, che illustravano compiutamente le diverse sfaccettature dei progetti aggregativi (art. 6 e 9 LAggr; su queste garanzie vedi sentenza 1C_459/2011, citata, consid. 7.
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L'iniziativa litigiosa non prevede per contro, volutamente, una consultazione preventiva dei Comuni interessati: la violazione dell'art. 5 della Carta è quindi manifesta. Al riguardo, i generici accenni ricorsuali addotti in replica relativi a un'asserita prassi del Consiglio costituzionale francese, attinente alla creazione mediante legge di enti metropolitani, e a quella italiana, inerente all'istituzione per via legislativa di città metropolitane e non meglio precisate "unioni e fusioni di Comuni", nulla mutano alla esposta conclusione.
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Erwägung 8 |
8.2 L'assunto è chiaramente infondato. È infatti manifesto che nell'ambito della votazione sull'iniziativa litigiosa le collettività locali interessate non sono consultate "preliminarmente" (in tal senso anche MEYER, op. cit., pag. 357 seg.). Come rettamente ritenuto dalle autorità cantonali, il voto sull'iniziativa da parte di tutti gli aventi diritto di voto ticinesi, e non solo di quelli dei Comuni toccati dall'iniziativa, comporta la loro aggregazione immediata, senza che questi siano stati previamente consultati; l'elettorato cantonale non può pertanto esprimersi, in un secondo tempo e con conoscenza di causa, tenendo conto anche del precedente voto dei Comuni interessati dalla fusione. Adducendo che la Carta non istituisce un diritto di veto, ma si limita a prevedere una consultazione diretta o indiretta, i ricorrenti disattendono ch'essa la impone "preliminarmente", ciò che non si verifica con la votazione sull'iniziativa, che per di più, come visto, non concerne direttamente le collettività locali, ma tutto il Cantone. La contestata dichiarazione di irricevibilità è quindi corretta.
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Erwägung 8.3 |
È manifesto, come pertinentemente stabilito nel rapporto di maggioranza, che in assenza di una base legale le autorità cantonali non possono ordinare votazioni consultive o invitare le autorità comunali a pronunciarsi: ciò a maggior ragione ricordato che lo scopo esplicito e precipuo dell'iniziativa è proprio quello di imporre dall'alto le aggregazioni dei due poli urbani, senza consultare previamente né le autorità né la popolazione degli enti pubblici interessati.
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Disporre votazioni consultive in un tale contesto contravverrebbe inoltre alla volontà dei cittadini che hanno sottoscritto l'iniziativa e che intendevano per il suo tramite imporre l'aggregazione diretta dei Comuni considerati dalla stessa, senza previamente udirli (cfr. DTF 139 I 292 consid. 7.2.4 pag. 300). È pure evidente che i Comuni non avevano alcun obbligo di dare seguito a un invito di privati cittadini, quali i promotori dell'iniziativa, e di organizzare in assenza delle necessarie basi legali, in considerazione non da ultimo dei relativi costi e in difetto di un qualsiasi rapporto o studio sulle conseguenze delle prospettate fusioni, votazioni consultive al proposito. Nulla impediva invece ai promotori, preso atto della manifesta irricevibilità dell'iniziativa, di ritirarla o, sin dall'inizio, di presentarne una generica. La causa d'irricevibilità dell'iniziativa risiede proprio nella sua errata impostazione e formulazione.
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8.3.2 Certo, i promotori sostengono in maniera del tutto imprecisa che per rispettare le esigenze della Carta spetterebbe semmai al Gran Consiglio approntare direttamente le necessarie consultazioni preventive. Al riguardo tuttavia, essi neppure tentano di dimostrare perché il relativo rifiuto da parte del Parlamento, fondato sulla legislazione cantonale, sarebbe addirittura insostenibile e quindi arbitrario (DTF 141 I 70 consid. 2.2 pag. 72, DTF 141 I 49 consid. 3.4 pag. 53) nonché lesivo del principio di legalità (DTF 141 II 169 consid. 3.1; DTF 140 I 381 consid. 4.4 pag. 386). Il contestato diniego è peraltro corretto, ritenuto che la generica tesi ricorsuale, secondo cui votazioni consultive nei Comuni sarebbero possibili anche al di fuori di una procedura retta dalla LAggr, manifestamente non regge. In assenza di una base legale, il Gran Consiglio o un'altra autorità cantonale, tranne in situazioni di evidente necessità, non possono infatti indire votazioni consultive: la tenuta di tali votazioni può essere in effetti impugnata con successo da cittadini che ne chiedono l'annullamento (DTF 104 Ia 226 consid. 2 e 3; sentenze 1C_51/2014 del 25 marzo 2014 consid. 2, con numerosi riferimenti alla dottrina, in: ZBl 116/2015 pag. 87, relativa alla riorganizzazione dei Comuni del Canton Sciaffusa, e 1P.470/2005 del 23 dicembre 2005 consid. 4.1 e 4.2). D'altra parte è palese che la consultazione imposta dall'art. 5 della Carta non può avvenire in maniera improvvisata e informale e, allo scopo di tutelare efficacemente questa garanzia, essa deve aver luogo nell'ambito di una procedura affidabile, corretta e formale.
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Ne segue che l'assunto ricorsuale secondo cui il diritto di essere sentito dei Comuni interessati sarebbe perento, perché avrebbero dovuto farsi parte diligente e come proposto loro dai promotori inoltrare osservazioni al Gran Consiglio, invito al quale del resto a ragione nessun Comune ha dato seguito, è privo di ogni fondamento. L'ignorare un invito errato, formulato da persone private al di fuori di una qualsiasi procedura disciplinata dalla legge, chiaramente non comporta il decadimento di un diritto previsto dalla Costituzione e dalla Carta.
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8.4 Nel rapporto di maggioranza si conclude quindi rettamente che in assenza di elementi essenziali e indispensabili per dichiarare ricevibile l'iniziativa, non vi è spazio per il principio "in dubio pro populo", applicabile solo quando vi sarebbero dubbi, ma non certezze sull'irricevibilità di un'iniziativa, come nella fattispecie. Al riguardo, i ricorrenti si limitano a osservare che la decisione granconsiliare si esprime in più parti in maniera dubitativa, per cui occorrerebbe dar preferenza all'interpretazione più favorevole al popolo. Ora, come esposto, la lesione del diritto superiore è manifesta, per cui la conclusione del Parlamento ticinese, peraltro sorretta indirettamente anche dal rapporto di minoranza e dai promotori stessi, è corretta. (...)
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