29. Sentenza 20 giugno 1959 della I Corte Civile nella causa Donada contro Assicuratrice Italiana.
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Regeste
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1. Art. 8 ZGB. Unzulässige Umkehrung der Beweislast? Bedeutung der natürlichen Vermutung (Erw. 1).
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Sachverhalt
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A.- Con petizione del 14 giugno 1954, Marco e Remo Donada promossero causa davanti al pretore di Lugano-Campagna contro l'Assicuratrice Italiana, a Lugano, per il risarcimento dei danni personali e materiali loro cagionati da un suo assicurato con l'uso di un autoveicolo. La convenuta rispose alla petizione il 1 ottobre 1954. Quattro giorni dopo, gli attori domandarono di essere ammessi a replicare, ciò che il pretore concesse con decreto del 5 ottobre 1954, nel quale era fissato, per la presentazione della replica, un termine di 20 giorni. Soltanto il 22/24 ottobre 1956, e cioè oltre due anni dopo, gli attori presentarono la replica. Tale situazione indusse la convenuta a far valere, nella duplica, l'eccezione di prescrizione dell'azione giusta l'art. 44 LA in unione con l'art. 138 cp. 1 CO e a proporre che non fosse proceduto, per intervenuta prescrizione dell'azione, all'assunzione delle prove offerte dagli attori. Così decise il pretore con sentenza incidentale dell'11 ottobre 1957, che il Tribunale di appello, su ricorso degli attori, confermò il 4 marzo 1958. In data 1 dicembre 1958, il pretore pronunciò la sentenza finale: la petizione fu respinta per intervenuta prescrizione dell'azione. Adito dagli attori, il Tribunale di appello confermò il giudizio pretoriale con sentenza dell'11 marzo 1959. Esso considerò in sostanza quanto segue: Soltanto se gli attori avessero compiuto atti processuali interruttivi della prescrizione nei due anni successivi all'assegnazione di un termine di 20 giorni per la presentazione della replica, la prescrizione non sarebbe intervenuta. Tale non è il caso in concreto, giacchè non possono essere considerati atti interruttivi della prescrizione lo scritto con il quale gli attori annunciavano al pretore, in data 12 dicembre 1955, di aver revocato il mandato all'avv. P. nè la comunicazione, in data 27 gennaio 1956, dell'avv. G., che informava il pretore di avere assunto il patrocinio degli attori. Vero è che il decreto pretoriale del 6 ottobre 1954 non fu notificato alle parti mediante lettera raccomandata in violazione delle prescrizioni del Codice di procedura civile. A torto gli attori vogliono tuttavia dedurre dalla circostanza che non è accertato il giorno esatto del ricevimento di quel decreto che non si saprebbe quando la prescrizione ricominciò a decorrere e che l'asserita prescrizione dell'azione dovrebbe dunque essere negata già per questo motivo. "Siccome è pacifico che la parte Donada quell'atto l'ha ricevuto deve valere per praesumptio hominis che, secondo il normale corso delle cose, la parte Donada deve averlo ricevuto uno o due giorni dopo il 6 ottobre 1954".
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B.- Contro la sentenza del Tribunale di appello gli attori hanno interposto tempestivo ricorso per riforma al Tribunale federale, chiedendo che, annullato il giudizio impugnato, la causa sia rinviata alle autorità cantonali "per completazione dell'istruttoria e giudizio sul merito, ritenuta respinta l'eccezione di prescrizione proposta dalla parte convenuta".
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Nelle sue osservazioni, questa conclude per la reiezione del gravame.
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Considerando in diritto:
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1. I ricorrenti pretendono innanzitutto che il Tribunale di appello non potesse, senza violare l'art. 8 CC, ritenere che il decreto assegnante loro un termine di venti giorni per presentare la replica era da essi stato ricevuto "uno o due giorni dopo il 6 ottobre 1954 al più tardi". In virtù di una norma generale di diritto - ragionano i ricorrenti - spetta alla parte che propone l'eccezione di prescrizione provare i fatti estintivi dell'azione, così come incombe alla parte attrice provare i fatti costitutivi dell'azione medesima. In concreto, nè la convenuta nè gli attori sono in grado di provare l'epoca in cui il decreto, spedito per lettera semplice, fu notificato. Così stando le cose, sarebbe contrario alla buona fede far sopportare le conseguenze dell'incertezza circa la data di notificazione del decreto interruttivo della prescrizione non già dalla convenuta, che ha allegato l'eccezione di prescrizione, ma dagli attori, i quali "nulla affermano".
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Questa tesi è in ogni modo infondata. Infatti, il Tribunale di appello, lungi dall'aver invertito l'onere della prova senza fondato motivo, ha applicato l'art. 8 CC con quei criteri di valutazione ragionevole e con quel riguardo alle particolari circostanze del caso singolo che la giurisprudenza del Tribunale federale ha costantemente considerati essenziali per una corretta ripartizione dell'onere della prova. Così, era semplicemente ragionevole che il Tribunale di appello, nelle particolari circostanze del caso, imponesse agli attori la prova che il decreto pretoriale del 6 ottobre 1954 non era pervenuto al loro avvocato di allora al più tardi due giorni dopo tale data. Come l'esperienza insegna, la parte che ha ricevuto un decreto con cui le è fatto obbligo di produrre un documento conserverà il mezzo (qui la busta) necessario per provare il giorno della notificazione del decreto stesso, ben sapendo detta parte che incomberebbe poi a lei dimostrare, in caso di contestazione, che il documento fu prodotto in tempo utile.
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Aggiungasi che i ricorrenti riconoscono di aver ricevuto il decreto di cui si tratta. Così stando le cose, il Tribunale di appello potè anche ammettere che una praesumptio hominis o presunzione naturale stesse, già a motivo di questo fatto, per il ricevimento del decreto il giorno della sua spedizione per lettera semplice o due giorni dopo al più tardi. Contrariamente a quanto i ricorrenti affermano, una presunzione siffatta basta per documentare il convincimento del giudice, quand'anche non sia corroborata da mezzi di prova concreti. In questo senso, si esprime pure l'autore citato dai ricorrenti stessi (cfr. GULDENER, schweiz. Zivilprozessrecht, pag. 341 e 345). Quando fa capo alla praesumptio hominis, il giudice non fa insomma altro che esprimere il suo convincimento in base all'andamento normale delle cose e tale convincimento rimane determinante fino a quando non siano provate circostanze tali da togliere valore alla presunzione naturale. Nel caso in esame, nessuna circostanza è stata addotta dai ricorrenti, che fosse atta a rendere dubbio il convincimento del Tribunale di appello. Al contrario, proprio la loro inerzia durante oltre due anni, quantunque il termine per presentare la replica fosse di soli venti giorni e il decreto che lo fissava fosse stato ricevuto, viene a rafforzare la presunzione che il decreto giunse normalmente a destinazione.
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Tali sono soltanto gli atti che sono capaci di far avanzare il processo verso la sua conclusione e che effettivamente conducono a un proseguimento della lite, la tolgono cioè dal suo precedente stato per farla progredire di un ulteriore passo (cfr. OSER/SCHÖNENBERGER, Commentario CO, note 2 e 3 ad art. 138). A differenza di quel che sostengono i ricorrenti, BECKER (Commentario CO nota 3 ad art. 138) non dice nulla di diverso quando afferma che pure gli atti giudiziali non conformi alle leggi di procedura interromperebbero la prescrizione, dato che anche per questo autore deve pur sempre trattarsi di atti capaci di far proseguire la causa.
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In concreto, questo carattere non può essere riconosciuto a nessuno dei tre atti indicati dai ricorrenti. Non può in particolare essere considerato che i medesimi fossero diretti, come è esposto nel ricorso, a promuovere il proseguimento della causa in senso mediato. In realtà, le due comunicazioni concernenti la sostituzione del patrocinatore e il ritiro dei documenti di causa presso la cancelleria della pretura dovevano semplicemente preparare la ripresa di un processo che di fatto era e continuò a essere fermo.
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Atti preparatori di tale natura non sono "atti giudiziali" secondo la ratio legis dell'art. 138 cp. 1 CO così come l'incarico affidato a un avvocato di condurre un processo non può, agli effetti dell'interruzione della prescrizione, equivalere alla presentazione della petizione.
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Questa conclusione si giustifica, tanto più che ai ricorrenti era stato fissato, per presentare la replica, un preciso termine e che, secondo la giurisprudenza del Tribunale federale, la ratio legis dell'art. 138 cp. 1 CO è, per gli atti processuali che una parte deve compiere, di far sopportare a detta parte le conseguenze della sua inazione (RU 75 II 231 consid. 3).
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Il Tribunale federale pronuncia:
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Il ricorso per riforma è respinto e la sentenza impugnata è confermata.
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