BGE 108 II 39 |
7. Estratto della sentenza della II Corte civile del 1o aprile 1982 nella causa Consorzio acqua potabile Comano, Cureglia, Origlio c. Comune di Tesserete (ricorso per riforma) |
Regeste |
Unzulässigkeit einer "Fortleitungsdienstbarkeit". |
Sachverhalt |
"1o. Il Comune di Tesserete fa cessione ai tre Comuni consorziati di Comano, Cureglia e Origlio di un quantitativo di acqua pari a litri 2 (due) al minuto secondo e più precisamente: 3/4 (tre quarti) di litro cadauno ai Comuni di Comano e Cureglia e 1/2 litro al Comune di Origlio.
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2o. Il prezzo convenuto e stipulato per la cessione in proprio come sopra è di Fr. 35'000.-- (trentacinquemila), e cioè: i due Comuni di Comano e Cureglia pagheranno ciascuno Fr. 13'125.-- (tredicimilacentoventicinque):
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Origlio pagherà Fr. 8'750.-- (ottomilasettecentocinquanta).
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9o. Il Comune di Tesserete si presterà alle pratiche necessarie per l'iscrizione del diritto d'acqua quale servitù del Registro fondiario."
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L'impianto di derivazione fu sistemato nel serbatoio stesso del Comune di Tesserete. Qualche anno dopo le parti hanno aggiunto al contratto predetto, con atto scritto del 17 gennaio 1925, che:
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"1o. Il Comune di Tesserete concede al Consorzio dei Comuni di Comano, Cureglia e Origlio di eseguire i lavori necessari per effettuare la misura dei due litri al minuto secondo d'acqua ceduta, in un'apposita camera da costruirsi 10 metri più alta dal serbatoio di Tesserete, e meglio come al progetto Bottani, di cui si unisce copia.
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5o. Il Comune di Tesserete concede senza compenso l'occupazione del terreno di sua proprietà circostante il serbatoio per la posa delle condotte progettate."
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Questa seconda convenzione si è resa necessaria per motivi di ordine tecnico. Da allora la separazione dell'acqua destinata al Consorzio da quella destinata al Comune di Tesserete (in tempi normali quattro o cinque volte maggiore del quantitativo ceduto) non è più avvenuta nel serbatoio di Tesserete, ma nella nuova camera di misurazione costruita dal Consorzio sulla particella n. 1925 del Comune di Sala Capriasca, fondo che appartiene attualmente alla signora Nives Orell. La condotta fra il serbatoio e la camera di misurazione è stata posata a spese del Consorzio, mentre il Comune di Tesserete si è assunto l'onere della manutenzione.
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L'iscrizione nel registro fondiario prevista dalla clausola n. 9 della convenzione del 1915 non ha mai avuto luogo. Per il resto la ricordata convenzione e il patto aggiuntivo hanno avuto fin dall'inizio esecuzione pacifica, con l'unica differenza che la quantità d'acqua prelevata, a causa delle dimensioni dell'impianto di derivazione, è sempre stata limitata a 71 litri al minuto.
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L'11 ottobre 1973 il Comune di Tesserete ha notificato per scritto al Consorzio acqua potabile Comano, Cureglia, Origlio e ai tre Comuni singolarmente la disdetta del contratto per il 30 ottobre 1974. Il Consorzio vi si è opposto, ritenendo che il rapporto giuridico in discussione non fosse di natura obbligatoria, ma di natura reale, vale a dire perpetuo e non disdicibile. Le trattative intese a comporre la vertenza in via stragiudiziale si sono protratte senza esito apprezzabile fino al 14 ottobre 1976, quando il Comune di Tesserete ha risolto di sospendere la fornitura d'acqua e ha messo in atto la decisione all'inizio del 1977.
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B.- I tre Comuni interessati e lo stesso Consorzio hanno reagito chiedendo al Pretore di Lugano-Campagna l'emanazione di provvedimenti cautelari, che hanno ottenuto con decreto del 7 gennaio 1977, confermato il 10 giugno successivo: al Comune di Tesserete è stato ordinato di ripristinare entro 24 ore l'erogazione dell'acqua in quantità uguale a quella assicurata fino ad allora e al Consorzio è stato assegnato un termine, poi prorogato, per promuovere l'azione di merito. L'ordine pretorile è stato rispettato.
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Adito dal Consorzio il 31 agosto 1977, il Pretore di Lugano-Campagna si è pronunciato nella sentenza del 12 marzo 1981, accogliendo la petizione e ordinando inoltre all'Ufficiale del registro fondiario di iscrivere sui mappali menzionati di proprietà del Comune di Tesserete la servitù di derivazione d'acqua di due litri al secondo a favore del Consorzio.
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C.- Il Comune di Tesserete si è appellato tempestivamente contro la sentenza del Pretore, chiedendo la reiezione integrale della petizione del Consorzio. Quest'ultimo ha presentato appello adesivo il 22 aprile 1981. Il 9 novembre 1981 la I Camera civile del Tribunale di appello del Cantone Ticino ha accolto l'impugnativa del Comune di Tesserete e ha riformato la sentenza del Pretore, respingendo la petizione del 31 agosto 1977 formulata dal Consorzio. Anche l'appello adesivo proposto dal Consorzio è stato rigettato.
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D.- Il Consorzio acqua potabile Comano, Cureglia, Origlio è insorto il 14 dicembre 1981 con un ricorso per riforma al Tribunale federale, postulando l'annullamento della sentenza di secondo grado e la riconferma della decisione del Pretore del 12 marzo 1981; in via subordinata ha concluso per l'accertamento giudiziale di una servitù di condotta e di una servitù di derivazione d'acqua acquisita per prescrizione straordinaria, domandando l'iscrizione della seconda nel registro fondiario.
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Il Comune di Tesserete ha proposto la reiezione del ricorso.
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Considerando in diritto: |
b) Una servitù consiste in un diritto reale limitato che consente al beneficiario di far uso o di fruire di una determinata cosa (art. 730 cpv. 1 CC). Tale facoltà riguarda, di massima, soltanto cose altrui, eccettuato il caso particolare della servitù del proprietario (cfr. REY, Berner Kommentar, 2a edizione, note 152 segg. della parte sistematica sui diritti reali limitati; TUOR/SCHNYDER, ZGB, 9a edizione, pag. 595). Giova ricordare che la servitù è prediale (art. 730 a 744 CC) quando grava un certo fondo (il fondo serviente) a favore di un altro (il fondo dominante), o più precisamente quando compete al proprietario attuale di un certo fondo contro il proprietario attuale di un altro. La servitù invece è personale (art. 745 a 781 CC) allorché appartiene a una persona individualmente determinata: esiste sempre un fondo serviente, ma non un fondo dominante. D'altro lato la servitù implica, come corollario, un onere per il proprietario del fondo serviente. Questo onere sta nel sopportare determinati atti del proprietario al beneficio della servitù oppure nell'astenersi a favore del medesimo dall'usare di qualche diritto inerente alla proprietà immobiliare (art. 730 cpv. 1 CC). In altri termini il dovere del proprietario del fondo serviente è di tollerare (pati) o di desistere (non facere). Da lui si esige un comportamento passivo (art. 730 cpv. 2 CC). Su questo punto emerge evidente la differenza dall'onere fondiario (art. 782 segg. CC), la cui natura specifica comprende una prestazione positiva del proprietario del fondo serviente (facere).
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Le parti che stipulano un contratto costitutivo di servitù sono libere, per principio, di fissarne il contenuto (art. 19 CO), di definire cioè le facoltà che spettano al proprietario del fondo dominante. La nozione del numerus clausus dei diritti reali si applica unicamente alle diverse categorie di diritti reali: all'interno delle stesse le parti sono libere di disciplinare come credono le modalità della servitù (DTF 103 II 181; LIVER, Zürcher Kommentar, 2a edizione, note 64 segg. all'Introduzione; PIOTET, in: Schweizerisches Privatrecht, vol. V/1, pag. 549). Per altro la volontà delle parti è limitata soltanto dalle norme generali dell'ordinamento giuridico e dalla natura particolare della servitù. Ora, i limiti d'ordine generale - cui bisogna attenersi anche nel caso che ci occupa - possono essere così riassunti: il contenuto della servitù deve anzitutto essere lecito; il proprietario del fondo dominante deve avere un interesse ragionevole all'esistenza della servitù; la servitù non può costituire che una restrizione della proprietà del fondo serviente né può sospingersi oltre una limitazione dell'utilizzo di quest'ultimo; infine, seguendo l'adagio "servitus in faciendo consistere nequit", essa non deve implicare una prestazione positiva del proprietario del fondo serviente, a meno che questa sia meramente accessoria (art. 730 cpv. 2 CC; DTF 106 II 320 consid. 2e con citazioni).
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c) Il Tribunale federale ha già avuto modo di decidere che, costituito in diritto per sé stante e permanente (art. 780 cpv. 3 CC) e come tale intavolato nel registro fondiario (art. 655 cpv. 2 n. 2 e 943 cpv. 1 n. 2 CC), l'obbligo assunto dal proprietario di una sorgente captata o dal titolare di un diritto su una sorgente altrui, pure captata, di fornire acqua in un punto determinato di una condotta non può formare oggetto di una servitù, ma soltanto di un onere fondiario (DTF 93 II 290). Questa giurisprudenza è condivisa da LIVER (ZBJV 105/1969 pag. 9 segg.; Zürcher Kommentar, 2a edizione, nota 205 ad art. 730 CC) ed è in armonia anche con l'opinione dei precedenti commentatori, ovvero LEEMANN (Berner Kommentar, nota 37 ad art. 730 CC) e WIELAND (Zürcher Kommentar, nota 3 ad art. 730 CC). Soltanto GAUTHIER ha espresso talune critiche e riserve in una postilla pubblicata in calce alla traduzione francese della precitata sentenza (v. JdT 1968 I pag. 577 a 580). Rifacendosi a uno studio di GUISAN (L'eau en droit privé, in: JdT 1942 I pag. 490 a 520), egli sostiene la liceità di una servitù come quella illustrata poc'anzi. Il suo assunto non appare convincente. Come si è appena precisato, una servitù grava esclusivamente il fondo di cui può far uso o fruire il beneficiario del diritto reale limitato. È vero che una tubazione o un serbatoio sono incorporati in un determinato fondo, in superficie o sottoterra, tuttavia l'uso della tubazione o del serbatoio come tali tramite l'allacciamento di una condotta di derivazione - con lo scopo di prelevare una certa quantità d'acqua captata dal proprietario del fondo e convogliata da costui nella tubazione o nel serbatoio - non è assimilabile all'uso del fondo stesso ove si trovano questi impianti. L'allacciamento della condotta non è che il mezzo materiale per prelevare la quantità d'acqua captata e ceduta convenzionalmente dal proprietario degli impianti. L'obbligo principale e primario di quest'ultimo consiste però nell'approvvigionamento e nel trasporto dell'acqua fino alla condotta di derivazione, vale a dire in un "fare". La circostanza di tollerare l'allacciamento non è che la conseguenza dell'obbligo di fornire una certa cubatura d'acqua al beneficiario. In sostanza, il solo fatto di "tollerare" è, nel nostro caso, accessorio rispetto all'obbligo di "fare", non viceversa. Ne consegue che l'onere di captare acqua e di incanalarla in una tubazione o in un serbatoio, in cui è inserita una presa, rappresenta un'obbligazione positiva, e come tale non è suscettibile di costituire una servitù. La situazione del beneficiario che ha diritto di prelevare una determinata quantità d'acqua da una condotta principale o da un bacino d'accumulazione alimentato con l'acqua captata e fatta confluire da un terzo, pur con l'assenso di quest'ultimo, è fondamentalmente diversa da quella del beneficiario del diritto di captare una sorgente o di derivarne dell'acqua grazie a una servitù concessa dal proprietario del fondo ove la sorgente scaturisce. Nella seconda ipotesi la servitù può essere sia prediale, sia personale (art. 704 cpv. 2 e 780 CC; HAAB/SIMONIUS/SCHERRER/ZOBL, Zürcher Kommentar, 2a edizione, nota 19 ad art. 704 CC).
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4. a) La corte cantonale osserva rettamente che, stando al testo della convenzione del 1915, le parti intendevano conferire al rapporto giuridico in questione carattere di servitù. Questa deduzione poggia sulla clausola n. 9 della convenzione del 1915, secondo cui il Comune di Tesserete si sarebbe impegnato ad adottare le misure necessarie per far iscrivere il diritto di derivazione come servitù nel registro fondiario. La stessa tesi si evince - sempre a mente dei giudici cantonali - dal fatto che le parti abbiano convenuto un prezzo fisso, esigibile immediatamente, e dalla circostanza che esse intendevano stringere un contratto perpetuo o quanto meno di lunga durata. La stessa autorità rileva tuttavia, a giusto titolo, che la volontà delle parti non basta per creare una servitù, poiché per costituire un diritto reale siffatto occorre in primo luogo che il negozio giuridico in causa sia idoneo allo scopo. Sulla scorta della sentenza pubblicata in DTF 93 II 290 e della dottrina che vi attiene, la corte cantonale ha concluso che tale non era il caso di specie e che pertanto l'azione del Consorzio era destituita di fondamento.
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b) È pacifico che la "cessione di diritto di presa d'acqua" stipulata dalle parti nel 1915, unitamente al complemento del 1925, non concernono la captazione di una sorgente (ovvero un cosiddetto "Quellenrechtsvertrag" nel senso degli art. 704 e 780 CC), ma il prelevamento di una certa quantità d'acqua dal serbatoio del Comune di Tesserete, rifornito dal Comune stesso con un condotto che si diparte da sorgenti poste in altri fondi (si tratta di un cosiddetto "Wasserbezugsvertrag"). Premesso come le disposizioni dei patti del 1915 e 1925 formino un tutt'uno (cfr. DTF 93 II 298 consid. 3), l'onere principale e essenziale per il Comune di Tesserete consiste nella fornitura d'acqua che il Consorzio ha diritto di derivare; nondimeno questa fornitura implica per forza la captazione e il trasporto dell'acqua dalle sorgenti al serbatoio d'accumulazione attraverso la tubatura principale. Se è vero quindi che l'obbligo di mantenere gli impianti è d'importanza secondaria rispetto a quello di procacciarsi e far confluire l'acqua sino al punto di derivazione, è innegabile che quest'ultimo impegno costituisca una prestazione positiva a tutti gli effetti, per cui non può essere oggetto di servitù. Il fatto di tollerare una derivazione d'acqua può bensì assurgere a servitù ove il beneficiario provveda egli stesso ad approvvigionarsi della quantità d'acqua prestabilita, ma non quando la derivazione dipenda appieno dall'esecuzione di un obbligo di fare da parte del proprietario del fondo serviente, onere che travalica una semplice restrizione della proprietà immobiliare. Un diritto di derivazione congenere può essere costituito soltanto in onere fondiario giusta gli art. 782 segg. CC (DTF 93 II 299 consid. 6; PIOTET, op.cit., pag. 655; WIELAND, op.cit., nota 5 ad art. 782 CC), e finché non riveste questa forma rimane di natura puramente obbligatoria e personale. La Corte cantonale ha quindi respinto a ragione la domanda del Consorzio tendente all'iscrizione nel registro fondiario di una servitù di derivazione d'acqua in suo favore.
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c) Il Consorzio ricorrente eccepisce che il Comune di Tesserete provvede alla captazione dell'acqua e alla manutenzione degli impianti per alimentare prevalentemente la propria rete idrica: su un approvvigionamento che varia fra 500 e 600 litri al minuto, il Consorzio non preleva infatti che 71 litri al minuto. Questa considerazione tuttavia non è rilevante per appurare se il diritto di derivazione di cui beneficia il Consorzio può formare oggetto di servitù, giacché l'obbligazione principale e primaria assunta dal Comune di Tesserete è e resta di natura positiva, come confermano i patti del 1915 e 1925. Il carattere positivo di tale onere è comprovato dalla circostanza che esso sussisterebbe quand'anche il Comune resistente dovesse sopperire al rifornimento di acqua potabile in modo diverso, senza far uso delle istallazioni attuali cui è allacciato il Consorzio. Se il Comune di Tesserete non procedesse alla captazione e al deflusso dell'acqua, il Consorzio non potrebbe derivare alcunché: la servitù rivendicata non può dunque esistere autonomamente senza la prestazione positiva del Comune di Tesserete.
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d) Quanto alla possibilità di convertire in un onere fondiario la servitù che le parti avevano convenuto di iscrivere nel registro fondiario, il problema non dev'essere esaminato in questa sede. L'esistenza di codesta figura giuridica non era nelle conclusioni delle parti dinanzi alle istanze cantonali né lo è ora davanti al Tribunale federale.
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b) Sempre in via subordinata il Consorzio si prevale altresì di una "servitù di derivazione d'acqua" di 71 litri al minuto sorta per prescrizione acquisitiva straordinaria (art. 731 cpv. 3 in relazione con l'art. 661 CC). La domanda va respinta già per il fatto che, come si è visto dianzi, la pattuizione conchiusa dalle parti non può formare oggetto di servitù. Parimenti non dev'essere risolto il quesito di un'eventuale prescrizione della possibilità di iscrivere un diritto siffatto nel registro fondiario.
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