42. Estratto della sentenza della I Corte di diritto civile nella causa A. Srl contro B. Sagl (ricorso in materia civile)
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4A_239/2010 del 25 gennaio 2011
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Regeste
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Lugano-Übereinkommen; Sistierung des Rechtsbehelfsverfahrens gegen eine Vollstreckbarkeitserklärung.
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Einwände, die bezüglich des Entscheids über die Sistierung berücksichtigt werden dürfen (E. 3).
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Sachverhalt
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A. Con decreto 27 febbraio 2006 il Tribunale di Varese ha ingiunto all'impresa ticinese B. Sagl di pagare alla società italiana A. Srl la somma di fr. 168'000.- (o l'importo corrispondente in euro), oltre interessi e spese. Il predetto Tribunale ha respinto con sentenza 3 aprile 2009 l'opposizione presentata dalla B. Sagl contro tale decreto. Quest'ultima ha impugnato la sentenza alla Corte di appello di Milano.
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B. Il 6 novembre 2009 il Pretore del distretto di Lugano ha accolto l'istanza della A. Srl - fondata sulla Convenzione di Lugano (CL) - di dichiarare esecutivi in Svizzera il decreto ingiuntivo 27 febbraio 2006 e la sentenza 3 aprile 2009.
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C. Il 3 dicembre 2009 la B. Sagl ha inoltrato alla II Camera civile del Tribunale di appello del Cantone Ticino un'opposizione all'exequatur nel senso dell'art. 37 CL.
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Il 24 marzo 2010 la II Camera civile del Tribunale di appello ha accolto la domanda - pure formulata dalla B. Sagl - di sospendere la procedura di opposizione all'exequatur fino all'evasione dell'appello pendente innanzi alla Corte di Milano, ma al più tardi fino al 31 dicembre 2011.
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D. La A. Srl è insorta contro la decisione di sospensione con ricorso in materia civile 28 aprile 2010.
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Con risposta 18 giugno 2010 la B. Sagl ha proposto che il ricorso sia dichiarato irricevibile rispettivamente che sia respinto.
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Il Tribunale federale ha accolto il ricorso in materia civile, annullato la decisione impugnata e ha rinviato la causa all'autorità cantonale per nuova decisione.
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(riassunto)
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Dai considerandi:
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1.2.2 Con riferimento alla lett. a della norma in discussione è opportuno ricordare che la giurisprudenza rinuncia al requisito di un danno irreparabile (e cioè di un danno di natura giuridica) se il ricorrente lamenta - come in concreto - un'ingiustificata procrastinazione della procedura, rispettivamente un diniego di giustizia (DTF 135 III 127 consid. 1.3; DTF 134 IV 43 consid. 2.2 e 2.3; DTF 120 III 143 consid. 1b). Ne discende che il ricorso si rivela pure ammissibile dal profilo dell'art. 93 cpv. 1 LTF senza che occorra esaminare se, come ritiene la ricorrente, i pericoli paventati nel ricorso concernenti l'impossibilità di esercitare un actio pauliana a causa della contestata sospensione costituiscano un danno irreparabile nel senso di tale norma.
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(...)
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3.1 La Corte cantonale ha ritenuto di poter decretare la contestata sospensione in base al suo libero apprezzamento e afferma che la dottrina svizzera, a differenza di quella tedesca - più restrittiva -, consiglia di adottare tale misura quando l'impugnativa pendente nello Stato d'origine non appaia priva di probabilità di esito favorevole. Essa ha poi ritenuto che in concreto sarebbe assai difficile formulare una prognosi sull'esito del rimedio presentato alla Corte di appello di Milano, anche perché mancherebbero nell'incarto diverse prove rilevanti. Ne ha quindi concluso che "nulla in ogni caso permette di concludere già sin d'ora che l'impugnativa, ad un esame sommario, sia priva di possibilità di esito favorevole" e ha sospeso la procedura di exequatur fino all'evasione dell'appello pendente in Italia e in ogni caso, come richiesto dal debitore, al più tardi fino al 31 dicembre 2011.
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3.2 La Corte di giustizia ha già avuto modo di stabilire che il giudice davanti al quale è proposta l'opposizione contro l'autorizzazione all'esecuzione di una decisione giudiziaria resa in un altro Stato contraente può prendere in considerazione, nella sua decisione relativa ad una domanda di sospensione del procedimento nel senso dell'art. 38 della Convenzione di Bruxelles, solo i mezzi che la parte che ha proposto l'opposizione non era in grado di far valere innanzi al giudice dello Stato d'origine (sentenza della CGCE del 1° giugno 1990 C-183/90 B.J. van Dalfsen, Racc. 1991 I-4743). Essa ha ricordato che le decisioni rese in uno Stato contraente e ivi esecutive possono essere eseguite in un altro Stato contraente, anche se non hanno forza di cosa giudicata (sentenza cit., punto 28) e che la sospensione prevista dalla summenzionata norma, che deroga a tale principio, dev'essere interpretata in modo restrittivo al fine di non compromettere l'obiettivo della Convenzione che consiste nell'assicurare la libera circolazione delle sentenze e nel permettere che le decisioni esecutive emanate in uno Stato contraente possano essere eseguite in un altro Stato contraente (sentenza cit., punto 30). Ha inoltre ribadito il principio fondamentale secondo cui la decisione resa nello Stato d'origine non può in nessun caso essere oggetto di un riesame nel merito da parte dei giudici dello Stato richiesto (sentenza cit., punto 31) e ha ritenuto che sussisterebbe il pericolo di contravvenire a tale principio, qualora il giudice dell'opposizione potesse prendere in considerazione, per la sua decisione di sospensione, mezzi che sono già stati sottoposti al giudice straniero (sentenza cit., punto 32). Ha infine rilevato che lo scopo della Convenzione esclude pure che la parte, che ha proposto l'opposizione, possa invocare innanzi al giudice chiamato a pronunciarsi sulla sospensione mezzi che non aveva fatto valere innanzi al giudice straniero, pur avendone la possibilità (sentenza cit., punto 35 seg.).
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3.2.1 La menzionata restrizione dei mezzi di cui può prevalersi la parte che chiede la sospensione e che possono essere presi in considerazione dal giudice dello Stato richiesto, applicata dai tribunali dei paesi vicini (v. per la Francia la sentenza della Corte di appello di Parigi del 6 dicembre 2001, in Revue critique de droit international privé 2002 pag. 362 segg.; per la Germania la sentenza del Bundesgerichtshof IX ZB 8/94 del 21 aprile 1994, in Praxis des Internationalen Privat- und Verfahrensrechts [IPRax] 1995 pag. 243 e la sentenza dell'Oberlandesgericht di Colonia del 15 settembre 2004, in IPRax 2006 pag. 51) e condivisa da JAN KROPHOLLER (op. cit., n. 5 ad art. 46 Regolamento [CE] 44/2001), hapure suscitato reazioni critiche da parte di altri autori (GEIMER/SCHÜTZE, Europäisches Zivilverfahrensrecht, 3a ed. 2010, n. 20 ad art. 46 Regolamento [CE]44/2001; HÉLÈNE GAUDEMET-TALLON, Compétence et exécution des jugements en Europe, 3a ed. 2002, n. 458 in fine pag. 377; YVES DONZALLAZ, La Convention de Lugano [...], vol. II, 1997, n. 4068 seg.; DANIEL STAEHELIN, op. cit., n. 8 segg. ad art. 38 CL).
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3.2.2 Come già rilevato (supra, consid. 1.1.1), nell'ambito dell'applicazione della Convenzione di Lugano, il Tribunale federale tiene conto della giurisprudenza sulla parallela Convenzione di Bruxelles e del Regolamento (CE) 44/2001, che l'ha sostituita. In concreto non sussistono motivi per scostarsi dalla citata sentenza della Corte di giustizia. Infatti, come rilevato da quest'ultima, al fine di permettere una rapida circolazione ed esecuzione nei paesi contraenti delle sentenze esecutive nello Stato in cui sono state emanate, la possibilità (prevista fino al 31 dicembre 2010 nell'art. 38 CL e dopo tale data nell'art. 46 CLug) di sospendere la procedura deve rivestire un carattere eccezionale. Non bisogna inoltre dimenticare che la possibilità di ottenere dei provvedimenti conservativi sui beni del debitore (prevista fino al 31 dicembre 2010 nell'art. 39 CL e dopo tale data nell'art. 47 CLug), segnatamente evocata da DANIEL STAEHELIN (op. cit., n. 9 seg. ad art. 38 CL), non è parificabile all'esecuzione della sentenza. Del resto, la summenzionata dottrina - che si esprime in modo critico sulla citata giurisprudenza - non pare proporre alcuna soluzione praticabile per evitare che il giudice della procedura di opposizione all'exequatur, qualora gli venga riconosciuta la facoltà di tenere conto di motivi che sono già stati sottoposti al tribunale che ha emanato la decisione da eseguire, non proceda, valutando le possibilità di successo del rimedio giuridico pendente all'estero, a un riesame della decisione straniera, esplicitamente vietato dalla Convenzione di Lugano (v. art. 34 cpv. 3 nel tenore in vigore fino al 31 dicembre 2010, risp. art. 45 cpv. 2 dopo tale data).
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