BGer 2C_371/2008
 
BGer 2C_371/2008 vom 09.02.2009
Bundesgericht
Tribunal fédéral
Tribunale federale
{T 0/2}
2C_371/2008
Sentenza del 9 febbraio 2009
II Corte di diritto pubblico
Composizione
Giudici federali Müller, presidente,
Merkli, Zünd,
cancelliera Ieronimo Perroud.
Parti
A.A.________,
ricorrente, patrocinato dall'avv. Fulvio Pezzati,
contro
Sezione dei permessi e dell'immigrazione, Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino, 6501 Bellinzona,
Consiglio di Stato del Cantone Ticino, Residenza governativa, 6500 Bellinzona.
Oggetto
Revoca del permesso di domicilio,
ricorso in materia di diritto pubblico contro la sentenza emanata il 6 aprile 2008 dal Tribunale amministrativo
del Cantone Ticino.
Fatti:
A.
A.A.________ (1970), cittadino kosovaro, si è sposato il 25 luglio 2000 con la cittadina svizzera B.A.________ (1961). Per vivere assieme alla moglie ha quindi ottenuto un permesso di dimora, il quale è stato regolarmente rinnovato, finché il 27 novembre 2005 gli è stato rilasciato un permesso di domicilio. Il 18 agosto 2006 B.A.________ ha depositato una domanda di divorzio unilaterale, in cui precisava che viveva separata dal marito dal gennaio 2006. Il 10 gennaio 2007 il matrimonio dei coniugi A.________ è stato sciolto per divorzio.
B.
Il 2 febbraio 2007 A.A.________ si è risposato in patria con la connazionale C.C.________, con la quale aveva avuto due figli D.C.________, nato nel 2001, e E.C.________, nato in Svizzera nel 2004. Il 15 marzo 2007 C.C.________ - contro la quale vigeva un divieto d'entrata per gravi infrazioni alle prescrizioni di polizia degli stranieri (entrata e soggiorno illegali in Svizzera dal settembre del 2003 all'aprile del 2005) - ha quindi chiesto di essere autorizzata ad entrare in Svizzera con i figli per vivere con il consorte.
C.
Preso atto della situazione la Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Dipartimento delle istituzioni ha revocato il 2 ottobre 2007 il permesso di domicilio di A.A.________ e gli ha fissato un termine con scadenza al 30 novembre 2007 per lasciare il Cantone. Ha considerato, in sostanza, che l'interessato si era sposato con una cittadina svizzera unicamente per ottenere un permesso di domicilio e poi farsi raggiungere, una volta divorziato, dall'attuale moglie e dai figli.
La decisione è stata confermata su ricorso dapprima dal Consiglio di Stato il 21 novembre 2007 - il quale ha pure rimproverato all'insorgente di aver sottaciuto la nascita dei due figli fuori matrimonio - e poi dal Tribunale cantonale amministrativo, con sentenza del 6 aprile 2008.
D.
Il 13 maggio 2008 A.A.________ ha presentato dinanzi al Tribunale federale un ricorso in materia di diritto pubblico con cui chiede che la sentenza cantonale sia annullata. Contesta, in sostanza, che vi siano motivi per revocare il suo permesso di domicilio.
Chiamati ad esprimersi la Sezione dei permessi e dell'immigrazione e l'Ufficio federale della migrazione, quest'ultimo dichiarando di allinearsi alle considerazioni delle autorità cantonali, hanno proposto la reiezione del gravame. Il Consiglio di Stato si è rimesso al giudizio di questa Corte e il Tribunale cantonale amministrativo si è riconfermato nelle motivazioni e conclusioni del proprio giudizio.
Diritto:
1.
Il Tribunale federale esamina d'ufficio e con piena cognizione la sua competenza (art. 29 cpv. 1 LTF), rispettivamente l'ammissibilità dei gravami che gli vengono sottoposti (DTF 134 IV 36 consid. 1; 133 II 249 consid. 1.1 con riferimenti).
1.1 Presentato in tempo utile dal destinatario della decisione impugnata, il gravame è pacificamente ammissibile quale ricorso in materia di diritto pubblico ai sensi degli art. 82 segg. LTF, in quanto concerne la revoca di un'autorizzazione che, essendo di durata illimitata, continuerebbe altrimenti a produrre effetti giuridici (cfr. art. 83 lett. c n. 2 LTF e sentenza 2C_21/2007 del 16 aprile 2007 consid. 1.2).
1.2 Il rapporto allestito il 2 ottobre 2008 dall'Ufficio assicurazione invalidità del Cantone Ticino e trasmesso a questa Corte il 16 ottobre successivo è invece irricevibile (art. 99 cpv. 1 LTF) e va pertanto estromesso dagli atti di causa.
2.
2.1 Il 1° gennaio 2008 è entrata in vigore la legge federale sugli stranieri, del 16 dicembre 2005 (LStr; RS 142.20), che ha abrogato la legge federale concernente la dimora ed il domicilio degli stranieri, del 26 marzo 1931 (LDDS; cfr. la cifra I dell'Allegato alla LStr). Secondo l'art. 126 cpv. 1 LStr, il diritto previgente rimane comunque applicabile alle domande presentate prima dell'entrata in vigore della nuova legge. Per analogia detta regola vale anche per le procedure di revoca di permessi o di espulsione, malgrado queste non traggano origine da un'istanza di parte (sentenza 2C_492/2007 dell'11 febbraio 2008 consid. 1.2; sentenza 2C_457/2007 del 7 febbraio 2008 consid. 1). Considerato che nella fattispecie il provvedimento contestato è stato pronunciato, in prima istanza, il 2 ottobre 2007, l'esame del caso dev'essere pertanto svolto in funzione del pregresso ordinamento, segnatamente dell'art. 9 cpv. 4 lett. a LDDS.
2.2 Il ricorrente pretende di avere diritto ad un'autorizzazione di soggiorno anche in virtù dell'art. 50 LStr il quale prevede, per i familiari di cittadini svizzeri, che se l'unione coniugale è durata almeno 3 anni e l'integrazione è avvenuta con successo, vi è un diritto alla proroga dell'autorizzazione di soggiorno dopo lo scioglimento del matrimonio. Sostiene di adempiere i citati requisiti ed afferma che l'art. 126 LStr non si applica alle vertenze disciplinate dall'art. 50 Lstr. A torto. Come già spiegato da questa Corte, trattandosi di fattispecie che, come in concreto, si sono interamente svolte prima dell'entrata in vigore della LStr, le stesse rimangono sottoposte, rispettivamente vanno trattate in applicazione della previgente legislazione, cioè la LDDS (sentenze 2C_716/2008 del 25 novembre 2008 consid. 2.4 e 2C_492/2008 del 26 gennaio 2009 consid. 3.4). L'art. 50 LStr non si applica pertanto nel caso di specie ed in proposito il gravame sfugge ad un esame di merito.
2.3 In virtù dell'art. 9 cpv. 4 lett. a LDDS, il permesso di domicilio può essere revocato quando lo straniero l'abbia ottenuto dando indicazioni false o tacendo scientemente fatti d'importanza essenziale. Lo straniero è peraltro tenuto ad informare esattamente l'autorità di tutte le circostanze che hanno importanza decisiva per la concessione del permesso (art. 3 cpv. 2 LDDS) e non è liberato da tale obbligo nemmeno nel caso in cui gli organi preposti, dando prova della necessaria diligenza, avrebbero potuto accertare essi stessi i fatti determinanti. Importanti non sono soltanto i fatti su cui l'interessato è espressamente interrogato, ma anche quelli di cui deve conoscere la rilevanza ai fini della decisione (Pra 2002 n. 165 pag. 889, 2A.57/2002 consid. 2.2; sentenza 2A.551/2003 del 21 novembre 2003 consid. 2.1). Tra questi figurano l'intenzione di porre fine ad una relazione coniugale o di avviarne una nuova, così come l'esistenza di figli nati fuori dal matrimonio (Pra 2002 n. 163 pag. 874, 2A.511/2001 consid. 3.3-3.5; sentenza 2A.551/2003 già citata). L'ottenimento fraudolento del permesso di domicilio può risultare anche dalla falsità o dall'incompletezza delle indicazioni su cui l'autorità si è fondata in un primo tempo per rilasciare il permesso di dimora e che, in mancanza di precisazioni ulteriori, sono risultate determinanti anche per il suo rinnovo e per la concessione dell'autorizzazione di domicilio.
3.
3.1 A parere del ricorrente determinante è solo la volontà dei coniugi al momento del matrimonio, motivo per cui il suo primo matrimonio, anche se è stata un'esperienza assai travagliata e se lui non è stato un modello di fedeltà coniugale, non poteva essere qualificato di fittizio e, di riflesso, il suo permesso di domicilio non poteva essere revocato. L'argomento è inconferente. In effetti tale quesito, sebbene sia stato sommariamente esaminato (cfr. sentenza impugnata pag. 9 consid. 4.3 § 2) non è stato preso in considerazione dai giudici cantonali, i quali hanno invece ritenuto l'abuso di diritto e il fatto di avere sottaciuto elementi essenziali.
3.2 Secondo i vincolanti ed incontestati accertamenti della Corte cantonale (art. 105 cpv. 1 LTF) il ricorrente, allorché era sposato con una cittadina svizzera, ha avuto due figli da una relazione adulterina con una connazionale, con la quale è convolato a nozze nemmeno un mese dopo avere ottenuto il divorzio dalla prima moglie. Il primo figlio è nato nel maggio 2001, dopo soli 10 mesi dalla celebrazione del primo matrimonio e il secondo nel febbraio 2004, in Svizzera, ove la madre viveva in modo illegale dall'autunno del 2003 e dove è rimasta fino all'aprile 2005 quando è stata sorpresa dalla polizia nel comune di soggiorno del ricorrente, presso un parente di quest'ultimo. Il ricorrente non ha mai menzionato, né nelle varie richieste di rinnovo del permesso di dimora né quando è stato interrogato nell'ambito della procedura per la concessione del permesso di domicilio, l'esistenza dei figli. Egli ha inoltre sottaciuto che il suo primo matrimonio era entrato in crisi dopo la nascita del secondogenito, cioè nel febbraio 2004 (cfr. dichiarazione scritta del 9 dicembre 2007 della prima moglie), crisi che per i motivi pertinenti esposti nel giudizio impugnato ai quali si rinvia (cfr. sentenza cantonale pag. 10) non può essere giudicata passeggera. Orbene, ricordato che il ricorrente sapeva che doveva informare l'autorità di tutte le circostanze che avevano un'importanza decisiva per la concessione del permesso (art. 3 cpv. 2 LDDS), segnatamente quelle concernenti la propria situazione coniugale e familiare, ne discende che l'adempimento del motivo di revoca dell'art. 9 cpv. 4 lett. a LDDS non può che essere confermato. Infatti, l'omissione intenzionale del ricorrente, durante svariati anni, nel fornire egli stesso informazioni essenziali per il rilascio dell'autorizzazione di soggiorno costituisce un comportamento suscettibile di determinare la revoca del permesso stesso.
3.3 Al di là della sussistenza di un motivo di revoca, per adottare tale provvedimento occorre poi ponderare le particolari circostanze di ogni singolo caso. Nella fattispecie, anche se il ricorrente risiede da otto anni in Svizzera, va osservato che vi è giunto già trentenne e che non vi ha legami familiari, la seconda moglie e i figli vivendo nel paese d'origine. Inoltre, come ben rilevato dal Tribunale cantonale amministrativo e non contestato dall'interessato medesimo, egli potrà senz'altro essere curato in patria per i suoi disturbi psichici. Un suo rientro è quindi senz'altro esigibile. Di conseguenza, la decisione querelata non lede il principio di proporzionalità.
4.
4.1 Per i motivi illustrati, il ricorso in materia di diritto pubblico, in quanto ammissibile, si avvera manifestamente infondato e va quindi respinto in base alla procedura semplificata dell'art. 109 LTF, limitandosi alle considerazioni esposte e rinviando per il resto alle pertinenti argomentazioni del giudizio impugnato (art. 109 cpv. 3 LTF).
4.2 Le spese giudiziarie vanno poste a carico del ricorrente, secondo soccombenza (art. 66 cpv. 1 e 65 LTF). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 68 cpv. 3 LTF).
Il Tribunale federale pronuncia:
1.
In quanto ammissibile, il ricorso in materia di diritto pubblico è respinto.
2.
Le spese giudiziarie di fr. 1'500.-- sono poste a carico del ricorrente.
3.
Comunicazione al patrocinatore del ricorrente, alla Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Dipartimento delle istituzioni, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché all'Ufficio federale della migrazione.
Losanna, 9 febbraio 2009
In nome della II Corte di diritto pubblico
del Tribunale federale svizzero
Il presidente: La cancelliera:
Müller Ieronimo Perroud