BGE 107 Ib 63 |
14. Estratto della sentenza dell'8 aprile 1981 della I Corte di diritto pubblico nella causa Bettydo S.A. c. Torriani (ricorso di diritto pubblico) |
Regeste |
Schiedsgerichtlicher Billigkeitsentscheid: Art. 3 lit. f, Art. 31 Abs. 3 und Art. 36 lit. f des Konkordats über die Schiedsgerichtsbarkeit. |
2. Sind die Schiedsrichter gemäss Art. 31 Abs. 3 des Konkordats befugt, nach Billigkeit zu urteilen, so sind sie von der Anwendung des strengen Rechts sowie der zwingenden Normen, soweit diese nicht den ordre public betreffen, befreit: Die kantonale Instanz, welche aufgerufen ist über die Rechtmässigkeit eines Schiedsurteils zu befinden, darf dieses nur dann als willkürlich bezeichnen, wenn es offensichtlich unbillig ist (E. 2a und b). |
3. Das Bundesgericht seinerseits wird das kantonale Urteil über den schiedsgerichtlichen Billigkeitsentscheid gemäss Art. 36 lit. f des Konkordats nur dann aufheben, wenn die kantonale Behörde in unzulässiger Weise eine grobe Verletzung der Billigkeit verneint hat (E. 2c). |
Sachverhalt |
La Bettydo S.A. e l'ing. Torriani affidarono a un collegio arbitrale composto di un architetto e due ingegneri il compito di dirimere un litigio inerente alla retribuzione del professionista. Gli arbitri furono autorizzati a decidere "de bono et aequo". Con lodo del 1o febbraio 1980 il collegio arbitrale condannò la Bettydo S.A. a pagare all'ing. Torriani fr. 903'149.35 oltre accessori. La società interpose ricorso per nullità alla II Camera civile del Tribunale di appello ticinese, che lo ha respinto il 1o luglio 1980. Contro la sentenza dell'autorità cantonale la Bettydo S.A. è insorta con ricorso di diritto pubblico, chiedendone l'annullamento. Il Tribunale di appello non ha presentato osservazioni, mentre l'ing. Torriani ha chiesto la reiezione del ricorso. Il Tribunale federale ha respinto il gravame. |
Considerando in diritto: |
Il Tribunale federale esamina liberamente l'interpretazione e l'applicazione delle disposizioni del concordato da parte dell'autorità cantonale (DTF 100 Ia 422 segg. consid. 3, 4, 5); per contro, esso esamina unicamente sotto il profilo dell'arbitrio in quale modo l'istanza cantonale ha assolto il compito che, come istanza di ricorso per nullità, l'art. 36 del concordato le affida (DTF 103 Ia 358 /9, consid. 2 e 3). Sono pertanto inammissibili le critiche di carattere meramente appellatorio. |
2. a) Emerge dalla sentenza impugnata, dal lodo e dagli atti della procedura arbitrale, e non è d'altronde contestato, che gli arbitri erano autorizzati a giudicare a termini di equità (art. 31 cpv. 3 del concordato), come cosiddetti "amichevoli compositori". È riconosciuto in dottrina e giurisprudenza che tale clausola abilita gli arbitri a prescindere dall'applicazione dello stretto diritto - ivi compreso quello di procedura - fatta eccezione delle disposizioni d'ordine pubblico, per ispirarsi all'equità (cfr. HABSCHEID, Droit judiciaire privé suisse, pag. 521; STEINBRÜCHEL, Rechtsanwendung oder Billigkeitsentscheid im privaten Schiedsgericht nach den Kantonalen Schiedsordnungen, pag. 33 segg. e passim; STRÄULI/MESSMER, Kommentar zur zürcherischen Zivilprozessordnung, pagg. 484/5 n. 3; critico: KUMMER, Grundriss des Zivilprozessrechts, pag. 283 n. 2; v. per il diritto francese, LEVEL, L'amiable composition dans le décret du 14 mai 1980 relatif à l'arbitrage, in Revue de l'arbitrage 1980 n. 4, pag. 651 segg.; per il diritto italiano: BIAMONTI, "arbitrato", in Enciclopedia del diritto, GIUFFRÈ, II, pag. 922 segg. n. 27-30; CARNACINI, "Arbitrato rituale", in Novissimo digesto italiano, UTET, I/2, pag. 902 segg. n. 34 e gli autori citati). Per quanto possano divergere i pareri sulla nozione di equità, certo è che gli amichevoli compositori dispongono di una libertà di giudizio, voluta dalle parti in esercizio della loro autonomia, molto più vasta di quella dell'arbitro chiamato a decidere secondo il diritto, il quale può ricorrere all'equità solo se lo stesso lo rinvia a tale nozione (cfr. CAPREZ, Le concordat sur l'arbitrage, SJZ 72 (1976), pag. 235; POUDRET/WÜRZBURGER, Code de procédure civile vaudois et concordat sur l'arbitrage, seconda ediz. n. 6 ad art. 36 lett. f e n. 2 ad art. 31 cpv. 3 del concordato e la giurisprudenza cantonale citata). La fondamentale diversità tra gli arbitrati secondo il diritto e quelli a termini di equità si riflette nella formulazione dell'art. 36 lett. f del concordato. Questa disposizione specifica che l'arbitrio costituente motivo di nullità può consistere tanto in un accertamento dei fatti palesemente in contrasto con gli atti, quanto in una manifesta violazione del diritto, quanto infine in una manifesta violazione dei termini di equità. Ora, mentre la censura tratta dall'accertamento arbitrario dei fatti può esser sollevata contro entrambi i tipi di lodo previsti dall'art. 31 cpv. 3 del concordato e quella fondata sulla manifesta violazione del diritto è riferita ai lodi pronunciati a termini di diritto, la censura dedotta dalla violazione manifesta dei termini di equità non concerne che i lodi "de bono et aequo", oppure, nel caso di lodi secondo il diritto, l'applicazione di norme del diritto che - come ad es. l'art. 26 cpv. 2 CO - rinviano all'equità (CAPREZ, loc.cit.; POUDRET/WÜRZBURGER, loc.cit.; SJZ 75 (1979), pag. 134 n. 38). |
b) La posizione dell'istanza cantonale di ricorso per nullità chiamata dall'art. 36 lett. f del concordato ad esaminare, sotto il profilo dell'arbitrio (DTF 103 Ia 359), il merito della sentenza arbitrale, è quindi diversa, a seconda che si tratti di un lodo a termini di diritto o di un lodo a termini di equità. Mentre nel primo caso essa potrà ad esempio riconoscere arbitrio nella violazione di una norma chiara ed indiscussa del diritto commessa dagli arbitri, nel secondo caso potrà pervenire a tale conclusione solo se il lodo dovesse apparire su tal punto manifestamente contrario all'equità, cioè manifestamente iniquo. Ciò potrebbe non essere il caso - si rilevi - persino ove risultasse che il lodo ha disatteso una norma chiara del diritto cogente. Infatti è riconosciuto in dottrina che, almeno in linea di principio, l'autorizzazione data agli arbitri di giudicare come amichevoli compositori si estende di per sé anche alle norme di diritto cogente: non solo poiché la delimitazione fra diritto cogente e non cogente può essere incerta, ma anche perché proprio l'applicazione di norme imperative (per esempio in materia di termini) può, in determinate circostanze, condurre ad un risultato concretamente iniquo (STRÄULI/MESSMER, op.cit., pagg. 484/5 n. 3 per molti; cfr. la sentenza inedita del 10 giugno 1980 in re Pialopoulos, dove il Tribunale federale è giunto ad analoghe considerazioni in applicazione non delle disposizioni del concordato, ma delle norme della procedura civile del Cantone Zurigo).
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c) Questa situazione particolare influisce necessariamente anche sulla posizione del Tribunale federale quale Corte di diritto pubblico. Com'è già stato rilevato in linea generale (DTF 103 Ia 358 consid. 2), la cognizione del giudice costituzionale in relazione all'art. 36 lett. f del concordato è doppiamente limitata poiché, l'esame dell'istanza cantonale già essendo limitato all'arbitrio, il Tribunale federale può soltanto esaminare se, procedendo a tale esame, essa sia a sua volta caduta in arbitrio. Per gli arbitrati a termini di equità, si aggiunge a ciò che l'ambito stesso dell'arbitrio, cui è circoscritto l'esame dell'istanza cantonale di nullità, si riduce ulteriormente alle sole manifeste lesioni dei termini di equità. In simili circostanze, l'annullamento della decisione dell'istanza cantonale concernente un arbitrato "de bono et aequo", per il motivo dell'art. 36 lett. f del concordato, entra praticamente in considerazione solo se questa ha in modo inammissibile rifiutato di riconoscere che il lodo lede manifestamente non solo il diritto, ma anche l'equità, cioè che esso offende violentemente il sentimento della giustizia (DTF 102 Ia 3 /4, DTF 90 I 139; FAVRE in RDS DTF 81 II 587). |