BGE 104 III 61 |
16. Sentenza 25 maggio 1978 nella causa X. S.A. |
Regeste |
Art. 66 Abs. 2 GebTSchKG; Art. 1 und Art. 2 des Tarifs für die Kosten der Revision von Banken und Anlagefonds vom 28. April 1975. |
Sachverhalt |
La X. S.A., designata quale commissario del concordato della Banca Y. con decisione 7 marzo 1977, ha presentato le sue fatture (spese incluse) per il periodo compreso fra il 7 marzo 1977 e il 31 gennaio 1978, esponendo un importo complessivo di Fr. 938 916.65. Per la remunerazione oraria, essa s'è fondata sulle tariffe della Camera svizzera delle società fiduciarie, ritenendo un'indennità di Fr. 135.- per i direttori, di Fr. 80.- a 100.- per gli specialisti (giuristi ed esperti fiscali), di Fr. 50.- a 80.- per i periti contabili, e di Fr. 15.- a 40.- per il segretariato. Con decisione 13 marzo 1978, la II Camera civile del Tribunale di appello del Cantone Ticino, quale unica autorità giudicante in tema di moratoria, di fallimento e di concordato delle banche e delle casse di risparmio, ha stabilito la remunerazione della ricorrente in Fr. 760'000.- netti, riducendo così le sue pretese di Fr. 178'916.65. Le argomentazioni addotte dalla Corte cantonale saranno riprese nei considerandi di diritto. |
Con ricorso del 28 marzo 1978, la X. S.A. ha impugnato la cennata decisione, postulandone l'annullamento e chiedendo che la sua remunerazione fosse "confermata nell'importo totale di Fr. 938'916.65 di cui alle fatture presentate". Dei motivi del gravame si dirà, in quanto necessario, nei considerandi.
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Il Tribunale federale ha accolto il gravame, ed ha rinviato la causa alla II Camera civile del Tribunale d'appello per nuovi schiarimenti e nuova decisione ai sensi dei considerandi.
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Considerato in diritto: |
Come risulta dal testo stesso della TarLEF, l'autorità dei concordati chiamata a stabilire la remunerazione del commissario gode di un margine d'apprezzamento assai esteso. Le aliquote previste dalla TarCFB servono infatti e unicamente da direttive e, in mancanza di una convenzione specifica o di un'usanza prestabilita, devono comunque valere i principi generali (v. DTF 101 II 110 /111): così, la mercede del commissario sarà determinata tenendo conto della natura dell'incarico, della mole del lavoro, del tempo impiegato, del grado di difficoltà, nonché dell'utile e del successo del lavoro fornito (v. DTF 68 III 127consid. 3). Ne discende che la fissazione di codesta mercede è una decisione che involge quasi esclusivamente questioni d'apprezzamento (cfr. DTF 68 III 127), cosicché il Tribunale federale - che pur può controllare anche l'adeguatezza della pronunzia impugnata in virtù dell'art. 53 cpv. 2 del regolamento d'esecuzione della LBCR del 30 agosto 1961 (RS 952.821) - deve necessariamente far uso di riserbo: adita con ricorso ai sensi dell'art. 19 LEF, la Camera di esecuzione e dei fallimenti può dunque intervenire soltanto se l'autorità cantonale dei concordati s'è basata su premesse giuridiche inesatte o ha travalicato i limiti dell'apprezzamento che le compete (cfr. DTF DTF 97 III 126 consid. 5 e sentenza inedita 15 aprile 1975 in re Pedotti). In queste circostanze, un gravame proposto contro la determinazione della mercede può esser meritevole di tutela soltanto se il ricorrente ha saputo dimostrare che la relativa decisione è giuridicamente insostenibile e/o praticamente inesplicabile. Ora, come si vedrà in appresso, la sentenza della II Camera civile sfugge solo parzialmente alla censura del Tribunale federale, cosicché il ricorso, quantomeno su alcuni punti, deve senz'altro essere accolto. |
2. a) Per le prestazioni fornite quale commissario del concordato della Banca Y., la ricorrente ha presentato a scadenze regolari le sue fatture, ove figuravano tanto le spese di trasferta, postali, telefoniche, di cancelleria, ecc., quanto gli onorari dei singoli collaboratori. Alle fatture erano poi allegati due giustificativi da cui risultava, per ogni categoria di persone (direttori, specialisti, periti contabili e impiegati di segretariato), il dettaglio dell'attività svolta, le ore consacrate a tale attività, la tariffa oraria e l'onorario mensile complessivo. Orbene, a queste fatture minuziosamente dettagliate, la Corte cantonale ha risposto con una riduzione globale di Fr. 178'916.65 non sufficientemente ed altrettanto debitamente motivata; se si eccettua la rimunerazione globale dei periti contabili, ridotta da Fr. 210'000.- a Fr. 160'000.-, le altre posizioni sono state praticamente ritoccate senza spiegazione alcuna, a tal punto che, dalla sentenza stessa, non emergono quegli elementi che dovrebbero permettere di interpretare e documentare - quantomeno nelle grandi linee - l'impugnata decurtazione della mercede. Già per questo motivo, la querelata decisione dev'essere annullata, con rinvio della causa alla II Camera civile, affinché emani una nuova pronunzia ragionevolmente motivata, ossia, in altre parole, affinché specifichi quali sono le indennità ch'essa ritiene adeguate per le singole prestazioni e quali sono le posizioni ch'essa reputa dover necessariamente ridurre. Il Tribunale federale non avrebbe infatti motivo alcuno per sostituire il proprio apprezzamento a quello dell'autorità cantonale soltanto se tali elementi risultassero chiaramente dalla relativa decisione, in modo da poter risalire senza difficoltà alla rimunerazione del commissario e poter così giustificare qualsiasi falcidia. |
b) A favore dell'annullamento della pronunzia impugnata milita poi il fatto che, in sede cantonale, la ricorrente non ha avuto alcuna possibilità per esprimersi sulla contestata riduzione degli onorari e, segnatamente, sui motivi - rimasti per ora pressoché sconosciuti - che hanno spinto l'autorità cantonale a fissare un'indennità globale di Fr. 760'000.-. Con il rinvio della causa, la II Camera civile avrà quindi l'opportunità di considerare le critiche che la ricorrente ha mosso alla sua decisione e di valutare in particolare l'argomento secondo cui la diversa natura ed il maggior grado di difficoltà dei compiti affidati al commissario nel concreto caso giustificherebbero un aumento dell'onorario-base del 20%, giusta l'art. 2 TarCFB applicato per analogia. Quest'ultima questione rimane comunque totalmente impregiudicata in questa sede, poiché il Tribunale federale non dispone di sufficienti elementi per potersi addentrare oltre nell'argomento.
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c) Nel suo gravame, la X. S.A. rimprovera inoltre all'autorità cantonale d'aver disatteso l'art. 1 cpv. 1, seconda parte TarCFB, per aver ridotto la rimunerazione a Fr. 760'000.- senza esprimersi in alcun modo sulle spese e parlando addirittura di "un onorario di Fr. 938'000.-". Anche questa critica è di per sé fondata, poiché l'onorario esposto dalla ricorrente non era di Fr. 938'916.65, ma di Fr. 834'078.40 (Fr. 938'916.65 - 104'838.25); secondo l'art. 1 cpv. 1, seconda parte TarCFB, le spese vive possono infatti esser fatturate separatamente, per cui l'autorità avrebbe dovuto scorporarle dall'indennità globale richiesta o comunque specificare se tali spese - peraltro non contestate né altrimenti messe in questione - erano comprese o meno nella remunerazione definitiva di 760'000.- franchi. Tuttavia, dal dispositivo della pronunzia impugnata, sembra potersi dedurre che la Corte cantonale ha voluto diminuire a Fr. 760'000.- l'importo totale delle fatture presentate, per cui l'onorario effettivo sarebbe stato fissato in pratica a Fr. 655'161.75 (760'000.- - 104'838.25). |
a) In primo luogo, giuste appaiono le riflessioni dell'istanza cantonale in merito alla tariffa oraria esposta dalla ricorrente che, pur essendo conforme alle norme della Camera svizzera delle società fiduciarie, supera nondimeno di alcune posizioni gli importi massimi stabiliti dalla TarCFB (art. 1). D'altro canto, e contrariamente all'opinione della ricorrente, le autorità dei concordati son tenute ad applicare la cennata tariffa anche se le aliquote previste servono unicamente da direttive, poiché un siffatto obbligo è chiaramente sancito dall'art. 66 cpv. 2 TarLEF. In queste circostanze, anche il riferimento alla prassi in uso in certi cantoni ove le competenti autorità avrebbero riconosciute applicabili le cennate norme della Camera svizzera delle società fiduciarie, non cade ovviamente in acconcio, già per il fatto che codesta prassi urta precisi disposti del diritto federale, ed è poi ancor meno accettabile se si pensa che la remunerazione del commissario va a carico della massa dei creditori (cfr. DTF 73 III 36/37; lettera 30 novembre 1977 all'Autorità di vigilanza del Cantone di Ginevra, in DTF 103 III 65 segg.).
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b) Altrettanto inappuntabile appare poi il raffronto fatto dalla Corte cantonale (tenendo conto del tipo di lavoro, della sua mole e della sua importanza) fra gli onorari esposti dalla X. S.A. nel concreto caso e quelli che la stessa ricorrente aveva fatturato nella procedura di moratoria concordataria della Banca Z. S.A.; in effetti, traendone le debite conseguenze, l'autorità cantonale ha esplicitamente riconosciuto che la Z. era una banca di più modeste dimensioni, la cui liquidazione era dunque meno complessa e meno irta di difficoltà. |
c) In quest'ordine di idee, sfugge alla critica anche la valutazione di un certo tipo di lavoro svolto in casu dai periti contabili della ricorrente, ma che in pratica avrebbe potuto esser eseguito da impiegati meno qualificati, quali ad esempio quelli di cancelleria. Più opinabile appare invece il richiamo a DTF 101 II 109 segg., ove il Tribunale federale aveva stabilito in Fr. 750.- al giorno l'onorario oggettivamente adeguato di un professore d'università, nonché il susseguente confronto con l'indennità esposta dai direttori e dagli specialisti della ricorrente; per un verso, trattavasi infatti d'una remunerazione giornaliera valida nel 1971 (cfr. sent. citata, pag. 116) e, per altro verso, detto Tribunale aveva comunque distinto, ai fini della retribuzione, fra il lavoro svolto da un libero professionista e quello eseguito da un alto funzionario quale un docente d'università (v. sent. citata, consid. 3b). Purtuttavia, anche quest'ultima constatazione non giova alla ricorrente poiché, per tacere del fatto che detto raffronto è stato istituito a titolo essenzialmente accessorio, la sua remunerazione quale commissario del concordato deve comunque esser stabilita partendo dalle aliquote previste nella tariffa della CFB, così come disposto dall'art. 66 cpv. 2 TarLEF.
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d) Nel suo giudizio, la Corte cantonale censura anche l'operato del commissario, rilevando in sostanza che la ricorrente ha autorizzato pagamenti integrali a creditori chirografari e che il lavoro svolto ha dato adito a parecchie critiche apparse perfino sulla stampa. La X. S.A. contesta ovviamente ogni addebito, osservando peraltro che tali critiche "non possono influenzare il giudizio circa l'entità della rimunerazione" e che, comunque, l'autorità giudicante non è mai intervenuta nei suoi confronti facendo uso "delle sue prerogative disciplinari e di sorveglianza". Già ad un sommario esame, quest'ultima obiezione cade tuttavia nel vuoto poiché, con lettera 13 gennaio 1978, la II Camera civile aveva sottoposto alla ricorrente i punti che erano oggetto di maggiori critiche, rimproverandola in particolare per aver eseguito dei pagamenti integrali a comuni creditori chirografari. Orbene, se l'autorità dei concordati non era pienamente soddisfatta del lavoro svolto, essa poteva senz'altro operare una certa riduzione dell'onorario richiesto senza cadere in abusi, poiché una siffatta falcidia non è di per sé inadeguata né insostenibile né, tanto meno, illegittima. |
e) Come già rilevato, la ricorrente ha presentato le sue fatture a scadenze regolari, facendovi figurare le sue prestazioni quale liquidatore per i diversi periodi e le spese di trasferta, postali, telefoniche, ecc. Per questo rispetto, essa pretende che riducendo ora gli onorari esposti senza aver mai "preso formale posizione circa l'entità delle tariffe e la loro applicabilità alle funzioni esplicate dai singoli collaboratori", l'autorità cantonale avrebbe "disatteso principi giuridici cardinali quali quello della buona fede e della proporzionalità". Nelle sue osservazioni, la Corte cantonale contesta tali allegazioni, asserendo che essa aveva comunque "espresso ai rappresentanti della X. S.A. il suo disaccordo sull'entità delle parcelle emesse e la sua preoccupazione che l'onorario globale dovuto al commissario del concordato venisse a gravare in modo sproporzionato la massa dei creditori della banca". Malgrado queste divergenze, e pur ammettendo che l'autorità avrebbe fors'anche potuto opporsi fin dall'inizio alle tariffe prescelte, non vi sono nel concreto caso sufficienti elementi che permettano di sostanziare la censura invocata. In effetti, la ricorrente non pretende d'essersi previamente accordata con l'autorità, in modo tale che codeste tariffe sarebbero state senz'altro accettate, se non espressamente, almeno tacitamente. Per contro, la X. S.A., in quanto sperimentato commissario nelle procedure di moratoria e di concordato, avrebbe potuto e dovuto sapere che le competenti autorità debbono stabilire la relativa mercede applicando come direttive le aliquote della TarCFB. La censura di violazione del principio della buona fede è quindi infondata.
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