BGE 119 Ia 505 - Briefverkehr von Gefangenen | |||
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Bearbeitung, zuletzt am 16.03.2020, durch: Sabiha Akagündüz, A. Tschentscher | |||
55. Estratto della sentenza 16 dicembre 1993 della I Corte di diritto pubblico nella causa X c. Direttore del penitenziario e Dipartimento di giustizia del Cantone Ticino (ricorso di diritto amministrativo) | |
Regeste |
Art. 8 und 10 EMRK: Nichtweiterleitung der an Dritte und an einen Anwalt gerichteten Briefe eines Gefangenen. |
Beschränkungen des Briefverkehrs und des Anspruchs auf freie Meinungsäusserung. Nichtweiterleitung der an einen Dritten gerichteten Briefe eines Gefangenen mit ungehörigen und beleidigenden Äusserungen über die Behörde (E. 3b und c). |
Die Nichtweiterleitung eines an einen Anwalt adressierten Briefes des Gefangenen verstösst im vorliegenden Fall gegen die ausdrückliche Gewährleistung derartigen Briefverkehrs in Art. 8 EMRK. Das Interesse am Schutz des Privatgeheimnisses geht in der Regel der blossen Möglichkeit eines möglichen Missbrauchs vor (E. 3d und 4a). | |
Auszug aus den Erwägungen: | |
Dai considerandi:
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Erwägung 3 | |
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a) Come invocate dal ricorrente, le garanzie sono quelle che il diritto costituzionale non scritto offre ad ogni persona, nella misura in cui consacra la libertà personale (DTF 117 Ia 30 consid. 5a, 116 Ia 151 consid. 3) e la libertà d'espressione (DTF 113 Ia 316 consid. 4b); il diritto al rispetto della corrispondenza rientra nel diritto alla libertà d'espressione. Il Tribunale federale considera le norme convenzionali invocate dal ricorrente (art. 8 e 10 CEDU) ai fini dell'interpretazione e dell'applicazione delle citate libertà nella misura in cui esse contribuiscono a concretarle; in quest'ambito, le garanzie convenzionali non vanno perô oltre quelle offerte dal diritto costituzionale non scritto (DTF 119 Ia 73 consid. 3a, 117 Ia 466 consid. 2a, 477 consid. 3b). Il ricorrente fa valere anche una lesione dell'art. 4 Cost., cui sembra attribuire un contenuto analogo alle predette norme, ragione per cui tale critica va esaminata nell'ambito di quella relativa alla libertà personale (DTF 116 Ia 422 consid. 1b). Del tutto priva di motivazione e quindi irricevibile è invece la censura di lesione dell'art. 36 Cost., concernente il monopolio e il segreto postale. Lo stesso vale per l'accenno alla mancata separazione degli stabilimenti di pena nel Cantone Ticino.
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Nella sentenza Silver si poneva la questione di sapere se fosse compatibile con l'art. 8 CEDU non trasmettere lettere di detenuti nelle quali l'amministrazione del carcere veniva criticata in modo sconveniente e offensivo. La Corte europea ha stabilito che ciô non era sufficiente per trattenere la corrispondenza. Infatti, l'intercettazione di lettere private contenenti termini volutamente denigratori nei confronti delle autorità non era "necessaria in una società democratica" (art. 8 cpv. 2 CEDU). Per contro, una siffatta misura è lecita ove l'estensore della missiva minacci di ricorrere alla violenza. In tal caso la non trasmissione è stata ritenuta necessaria per assicurare l'ordine e la prevenzione dei reati (par. 64, 97, 99c e 103). Identiche considerazioni valgono anche riguardo all'apertura, da parte delle autorità carcerarie, della posta dei detenuti. Infine, anche se la censura di alcuni passi costituisce sicuramente un'ingerenza meno grave, essa deve rispettare comunque il principio della proporzionalità (sentenza in re Pfeifer e Plankl, citata, par. 47).
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d) Per quanto concerne l'apertura e la lettura della corrispondenza di un detenuto con il suo legale, la Corte europea ha avuto occasione di osservare che il limite tra posta relativa a un procedimento previsto o in corso e quella di carattere generale solleva difficoltà particolari e che la corrispondenza con un avvocato puô concernere questioni non aventi, o quasi, alcun legame con una causa. La Corte ha quindi sottolineato che non vedeva alcuna ragione di distinguere tra le diverse categorie di corrispondenza con avvocati: quale che sia la finalità, esse riguardano argomenti di natura confidenziale e privata. Ha quindi stabilito che, di massima, tali missive godono di uno stato privilegiato in virti dell'art. 8 CEDU. Ne segue che le autorità carcerarie possono aprire la lettera di un avvocato a un detenuto se hanno motivi plausibili per pensare che vi figuri un elemento illecito non rilevato dai normali mezzi di segnalazione. Tuttavia, esse devono aprirla senza leggerla e vi è ragione di fornire garanzie appropriate per impedirne la lettura, come per esempio l'apertura della busta in presenza del detenuto. In particolare, la lettura della posta di un detenuto destinata a/o proveniente da un avvocato, dovrebbe essere autorizzata solo in casi eccezionali. Ciô puô essere il caso quando le autorità abbiano motivo di credere a un abuso del privilegio, quando il contenuto della lettera minacci la sicurezza dell'istituto di pena o quella altrui o rivesta un carattere delittuoso in altro modo. La "plausibilità" dei motivi dipenderà dall'insieme delle circostanze, ma essa presuppone fatti o informazioni tendenti a persuadere un osservatore obiettivo che si abusa della via privilegiata di comunicazione (sentenza in re Campbell, citata, par. 48; cfr. tuttavia l'opinione in parte dissenziente del giudice Sir John Freeland secondo il quale la creazione di due categorie separate di corrispondenza sarebbe conforme alla precedente prassi ed esatta).
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Erwägung 4 | |
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b) La seconda fattispecie concerne la mancata trasmissione di sei lettere, rimandate al ricorrente affinché questi togliesse due paragrafi - ritenuti lesivi dell'onore del Direttore del penitenziario - dalle copie di un reclamo allegato a cinque delle sei missive. In tale ambito occorre rilevare che le parti non hanno prodotto al Tribunale federale le lettere in questione, due delle quali sono state successivamente spedite dopo essere state censurate. Di conseguenza non è possibile stabilire se il tenore delle critiche contenutevi era sconveniente e denigratorio al punto tale da giustificarne la non trasmissione; non è quindi possibile determinare se, nel caso in esame, le autorità cantonali hanno disatteso o meno i principi appena esposti (cfr. DTF 119 Ia 71).
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