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Informationen zum Dokument  BGE 113 II 37  Materielle Begründung
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Regeste
Sachverhalt
Considerando in diritto:
2. Le cause civili relative a diritti di carattere non pecuniario ...
3. Un processo sulla validità o la portata di un diritto i ...
4. Nessuna disposizione espressa conferisce a un sindacato il dir ...
5. La ricorrente fa valere che non sussiste la minima ragione per ...
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8. Sentenza 20 gennaio 1987 della I Corte civile nella causa Federazione Svizzera Lavoratori Metallurgici e Orologiai contro società anonima X. e società anonima Y. (ricorso per riforma)
 
 
Regeste
 
Gesamtarbeitsvertrag: Beitritt einer Minderheitsgewerkschaft (Art. 356 Abs. 4 und 356b Abs. 1 OR).  
 
Sachverhalt
 
BGE 113 II, 37 (37)A.- Il 1o aprile 1981 è stato concluso tra le società anonime X. e Y. da un lato, l'Organizzazione Cristiano Sociale Ticinese e BGE 113 II, 37 (38)i Sindacati Indipendenti Ticinesi dall'altro, un contratto collettivo di lavoro. La Federazione Svizzera Lavoratori Metallurgici e Orologiai (FLMO) ha chiesto il 21 novembre 1984 di intervenire nelle trattative per il rinnovo del contratto e di poter sottoscrivere il futuro accordo. L'Organizzazione Cristiano Sociale Ticinese e i Sindacati Indipendenti Ticinesi hanno acconsentito. Le due società hanno respinto invece la proposta. Il contratto collettivo è stato rinnovato nel 1984.
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B.- La FLMO si è rivolta il 9 aprile 1985 all'Ufficio di conciliazione del Cantone Ticino, istituito in virtù della legge federale sul lavoro nelle fabbriche (RS 821.41), e l'11 aprile ha convenuto le due ditte davanti al Pretore della giurisdizione di Locarno-Campagna. Il 30 gennaio 1986 l'Ufficio di conciliazione ha chiuso la procedura e constatato che le due imprese rifiutavano di transigere affermando di garantire già agli associati della FLMO una situazione identica a quella dei lavoratori aderenti ai sindacati firmatari del contratto collettivo. Da parte sua il Pretore, con pronunzia del 18 febbraio 1986, ha respinto l'azione evocando il testo dell'art. 356b cpv. 1 CO e la libertà contrattuale delle due ditte, che non potevano essere obbligate a stringere un accordo con la FLMO per il solo fatto di applicare il contratto collettivo all'insieme dei dipendenti. La II Camera civile del Tribunale di appello del Cantone Ticino ha confermato il giudizio di primo grado il 4 giugno 1986.
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C.- Insorta al Tribunale federale con un ricorso per riforma, la FLMO propone che la sentenza di appello sia annullata e che le sia riconosciuto il diritto di aderire al noto contratto collettivo. Le società anonime X. e Y. hanno concluso per il rigetto di ogni censura.
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Considerando in diritto:
 
2. Le cause civili relative a diritti di carattere non pecuniario sono deferibili al Tribunale federale con ricorso per riforma giusta l'art. 44 OG. V'è da domandarsi se una vertenza concernente la partecipazione di un sindacato minoritario a un contratto collettivo (l'eventuale partecipazione del sindacato alle trattative di rinnovo è ormai senza oggetto), implicando la tutela della personalità del sindacato stesso e dei suoi membri (art. 28 CC), non sia già per questa circostanza priva di carattere pecuniario (cfr. DTF 110 II 413 consid. 1, DTF 102 II 307 consid. 1, 165 consid. 1 con rinvii). Ora, anche volendo scorgere nella BGE 113 II, 37 (39)controversia un semplice dissidio sull'accertamento di una pretesa, la qualificazione giuridica non muta. Intanto il sindacato fa valere un suo proprio diritto di firma, di per sé non pecuniario. Inoltre, pur ammettendo ch'esso persegua con tale mezzo vantaggi materiali per gli affiliati (sulla nozione dell'art. 44 OG: DTF 108 II 77), ciò non basta a ravvisare la difesa di interessi pecuniari. Secondo giurisprudenza infatti un'associazione professionale, quantunque protegga interessi finanziari dei suoi membri, non ha un fine economico ed è compatibile con l'art. 60 cpv. 1 CC se non esercita personalmente un commercio (DTF 90 II 333). Detta soluzione appare ancor più giustificata nel caso in esame, ove gli aderenti al sindacato non ritraggono alcun beneficio economico da un'eventuale vittoria in lite, fruendo già oggi di condizioni salariali e lavorative pari a quelle degli operai iscritti a uno dei sindacati partecipanti al contratto.
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4. Nessuna disposizione espressa conferisce a un sindacato il diritto di firmare un contratto collettivo di lavoro al quale non è parte. L'art. 356 cpv. 4 CO stabilisce unicamente che se più associazioni di datori di lavoro o, dall'altra parte, più associazioni di lavoratori sono vincolate al contratto collettivo per averlo conchiuso o per avervi, con l'assenso delle parti, aderito ulteriormente, esse stanno fra loro in un rapporto di diritti e obblighi uguali. L'art. 356b cpv. 1 CO dispone che singoli datori di lavoro o singoli lavoratori al servizio di un datore di lavoro vincolato possono, con l'assenso delle parti, sottoscrivere il contratto collettivo e divenire datori di lavoro o lavoratori vincolati, ma non limita l'autonomia della volontà e non specifica se sia possibile superare l'opposizione di un firmatario. La legge federale concernente BGE 113 II, 37 (40)il conferimento del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di lavoro, del 28 settembre 1956 (RS 221.215.311), concede alle associazioni di datori di lavoro o di lavoratori che dimostrano un interesse legittimo e offrono garanzie sufficienti per l'osservanza del contratto collettivo la facoltà di aderire al medesimo con diritti e obblighi uguali rispetto alle associazioni contraenti (art. 2 n. 6); tale legge però si applica solo ai contratti collettivi cui l'autorità ha attribuito carattere obbligatorio generale giusta l'art. 34ter cpv. 2 Cost., premessa che in concreto fa difetto.
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La ricorrente sostiene che il giudizio cantonale discrimina un sindacato minoritario, comporta una pressione indebita sugli aderenti e un attentato alla loro libertà di associazione indebolendo l'immagine del sindacato ai loro stessi occhi. È necessario esaminare pertanto se il diritto positivo, segnatamente la buona fede (art. 2 CC) e la protezione della personalità (art. 28 CC; cfr. DTF 107 Ia 280 consid. 3a) cui la ricorrente accenna, permettano di imporre ai firmatari di un contratto collettivo l'obbligo di accettare l'ingresso di un'altra associazione nella comunità contrattuale.
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a) La sentenza di principio DTF 74 II 158, emanata il 25 maggio 1948, ha confermato il rigetto dell'azione con cui un sindacato estraneo a un contratto collettivo di lavoro intendeva far dichiarare nulle le adesioni individuali dei propri membri siccome contrarie alla legge, ai buoni costumi e alla tutela della personalità. Il Tribunale federale ha precisato allora che nessuno può essere tenuto a stipulare un contratto collettivo di lavoro né pretendere di esser parte a negoziazioni preliminari; la libertà contrattuale autorizza a scegliere se, con chi e come accordarsi tanto da una parte quanto dall'altra, senza distinzione tra sindacati di maggioranza o di minoranza (consid. 3a e 3b). Simile libertà ha invero i propri limiti negli scopi intrinseci del contratto collettivo. Il datore di lavoro o l'organizzazione padronale che dovesse rifiutare, senza motivo ragionevole, di discutere con un sindacato la possibilità di siglare un contratto collettivo nel palese intento di compromettere la situazione dei lavoratori e di procurarsi un vantaggio commetterebbe un atto illecito e contrario ai buoni costumi. Estremi del genere non si verificavano nel caso precipuo (consid. 3c e 3d).
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La successiva sentenza DTF 75 II 305, del 13 settembre 1949, riguardava l'azione congiunta di un lavoratore appartenente a un BGE 113 II, 37 (41)sindacato non firmatario e del sindacato medesimo, che avversavano i contributi riscossi sullo stipendio sia degli operai estranei al contratto sia dei membri delle associazioni aderenti. Il Tribunale federale ha accolto in parte il ricorso per riforma degli attori e ridotto l'ammontare del prelievo gravante la manodopera non affiliata al contratto. Ha rilevato, in tale circostanza, che l'eventualità di far dichiarare il contratto collettivo di obbligo generale non preclude ai firmatari altri mezzi (pressione sui dissidenti per indurli a sottoscrivere il contratto) in vista di ottenere lo stesso risultato (consid. 5). Il cosiddetto obbligo di fedeltà, ovvero l'obbligo assunto dai datori d'impiego e dagli operai nel senso di stipulare contratti di lavoro soltanto con operai e datori d'impiego che riconoscono il contratto collettivo, è legittimo, così come legittimi sono il boicottaggio economico e - di massima - i contributi imposti ai non affiliati (consid. 6, 7 e 8). Un'associazione professionale inoltre non può rivendicare il diritto di concludere o di negoziare contratti collettivi, salvo che il rifiuto a lei opposto sia destituito di ragioni valide e tenda a indebolire la parte economicamente già meno forte eludendo la funzione protettrice del contratto collettivo; né il principio dell'uguaglianza davanti alla legge impediva, come postulato morale e giuridico, che nel caso in rassegna gli organi esecutivi del contratto fossero costituiti da esponenti dell'unico sindacato firmatario, essendo questo disponibile ad accordare un diritto di partecipazione agli altri sindacati non appena gli stessi avessero raggiunto una congrua entità numerica, le minoranze importanti avendo diritto in ogni modo di essere rappresentate (consid. 9).
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Il messaggio del 29 gennaio 1954 che illustra il disegno di legge federale concernente il conferimento del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di lavoro (FF edizione francese o tedesca 1954 I 125) menziona le difficoltà di elaborare un criterio comune per distinguere con chiarezza dove l'adesione dei dissidenti al contratto collettivo sia sollecitata da spinte economiche e dove invece sia l'esito di manovre illecite. Il Consiglio federale ha preferito lasciare il compito al giudice aggiungendo che ci si sarebbe potuti aspettare, in seguito a una modifica della giurisprudenza sul boicottaggio, una nuova prassi dei tribunali ove i metodi usati dalle varie associazioni presentassero analogie con un sistema del genere (pag. 140). Data la materia "ancora troppo fluida" il Consiglio federale ha rinunciato a sancire l'illiceità di clausole, accordi o misure vietanti a chi firma un contratto collettivo BGE 113 II, 37 (42)la stipulazione di intese con terzi, sottolineando che a tutte le associazioni dev'essere garantita la libertà contrattuale, ovvero la possibilità di definire, attraverso convenzioni collettive, norme applicabili ai datori di lavoro e ai lavoratori vincolati. Certo, non sarebbe compatibile con l'idea fondamentale del contratto collettivo che un'associazione si valesse della propria forza per sottrarre lo stesso diritto ad altre associazioni (pag. 141). Se non che, pur dichiarando invalide le clausole, gli accordi e le misure che inibirebbero la libertà contrattuale, i risultati sarebbero dubbi ove non si prevedesse anche il diritto di aderire a un contratto esistente e, come corollario, l'obbligo di trattare. Un'ipotesi siffatta non entrava però in linea di conto e nemmeno era auspicata da una preponderanza di sindacati minoritari.
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La giurisprudenza in materia di boicottaggio ha conosciuto da quell'epoca un'evoluzione notevole. In DTF 82 II 299 consid. 3 il Tribunale federale ha confermato che, sebbene lecito, il boicottaggio diviene inaccettabile quando il suo scopo o i mezzi cui fa capo sono illegali o contrari ai buoni costumi oppure si crei una sproporzione manifesta tra l'utile ridondante all'autore e il pregiudizio arrecato alla vittima; un boicottaggio simile lederebbe i buoni costumi e la personalità del danneggiato. In DTF 86 II 374 consid. 4, con un cambiamento di prassi, il boicottaggio è stato definito illegittimo per principio siccome contrario al diritto della personalità nel libero esercizio di un'occupazione economica; un'eccezione si giustifica solo ove, mediante il boicottaggio, si difendano interessi legittimi e prevalenti che non possono essere salvaguardati in altro modo. Entrambe le sentenze ripetono, comunque sia, che l'obbligo di accogliere il boicottato nell'ambito della relativa organizzazione può costituire un mezzo per porre fine all'illecito (DTF 90 II 344 consid. 6c).
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Il 20 dicembre 1962 è stata varata la legge federale su i cartelli e le organizzazioni analoghe (RS 251), che in caso di ostacoli indebiti alla concorrenza permette al giudice di ordinare, su domanda dell'attore, lo svincolo dagli obblighi imposti dal cartello e, se necessario, l'ammissione nel cartello o nell'associazione con i relativi diritti e obblighi (art. 6 cpv. 2). La legge nondimeno è inapplicabile a contratti, decisioni e provvedimenti che concernono rapporti di lavoro (art. 1 seconda frase).
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b) Le relazioni tra i firmatari di un contratto collettivo di lavoro e gli estranei, il nesso che esiste cioè tra la libertà BGE 113 II, 37 (43)contrattuale delle parti e il diritto del terzo al rispetto della propria personalità (la tutela della personalità dei contraenti finisce ove comincia quella del terzo), è evocata in dottrina a proposito soprattutto della pressione che è lecito esercitare sui dissidenti per farli aderire alla normativa contrattuale (TSCHUDI, Gesamtarbeitsvertrag und Aussenseiter, in: Wirtschaft und Recht 5/1953 pag. 37 segg.; LUSSER, Untersuchungen zum Gesamtarbeitsvertragsrecht, tesi, Berna 1957, pag. 43 segg.; BERENSTEIN, Exclusivité syndicale et champ d'application des conventions collectives en Suisse, in: Revue internationale du travail 85/1962 pag. 111 segg.; RENTSCH, Über den Geltungsbereich des Gesamtarbeitsvertrages unter besonderer Berücksichtigung des Berufsverbandsprinzips und des Industrieverbandsprinzips, tesi, Zurigo 1974, pag. 72 segg.; BOIS, Le champ d'application des conventions collectives de travail, in: Statica e dinamica del diritto nella giurisprudenza del Tribunale federale svizzero, Raccolta offerta al Tribunale federale dalle Facoltà giuridiche svizzere in occasione del suo centenario, Basilea 1975, pag. 443 segg.; HAUSHEER, Die Allgemeinverbindlicherklärung von Kollektivverträgen als gesetzgeberisches Gestaltungsmittel, in: RDS 1976 II 324 segg.; KURT MEIER, Privatrechtlicher Schutz gegen Koalitionszwang, in: EKONOMI/REHBINDER, Gegenwartsprobleme der Koalitionsfreiheit, Berna 1979, pag. 87 segg.). Per quanto riguarda la questione, invece, di chi rimane escluso dal contratto, VISCHER osserva che il rifiuto abusivo di accogliere lavoratori o sindacati nel quadro di un contratto collettivo non può essere protetto e, richiamando la parità di trattamento e la libertà di associazione (attributi del diritto alla personalità) spettanti a lavoratori e sindacati, sostiene - in estrema sintesi - che un'organizzazione minoritaria, rappresentativa e leale dovrebbe essere abilitata, su sua richiesta, a firmare un contratto collettivo esistente; tenuto conto altresì del ruolo che il contratto collettivo è chiamato a svolgere nell'organizzazione del lavoro, il principio della libertà contrattuale non può reputarsi assoluto e una soluzione analoga all'obbligo di contrattare come mezzo per reprimere un boicottaggio consentirebbe di evitare offese ai diritti personali (Zur Stellung der Mehrheits- und Minderheitsgewerkschaft im Gesamtarbeitsvertragsrecht, in: Festgabe zum Schweizerischen Juristentag, Basilea 1963, pag. 287 segg.; Zum Gesamtarbeitsvertrag in der schweizerischen Wirtschaftsordnung, in: Freiheit und Verantwortung, Festschrift für Arthur Meier-Hayoz, Berna BGE 113 II, 37 (44)1982, pag. 395 segg.; Der Arbeitsvertrag, in: Schweizerisches Privatrecht, vol. VII/1, pag. 470; Zürcher Kommentar, III edizione, note 33 e 59 ad art. 356, nota 18 ad art. 356a, nota 27 ad art. 356b e note 1 segg. ad art. 356c CO).
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L'opinione appena riassunta trova riscontro, con sfumature diverse, in altri autori (DEN OTTER, Kollektives Arbeitsrecht, in: KUHN, Aktuelles Arbeitsrecht für die betriebliche Praxis, parte 17 capitolo 9; HUG, Ausgewählte Abhandlungen zum Arbeits- und Wirtschaftsrecht, vol. II, Berna 1978, pag. 332 segg.; KREIS, Der Anschluss eines Aussenseiters an den Gesamtarbeitsvertrag, tesi, Berna 1973, pag. 108 segg. e - tuttavia - pag. 172); di orientamento affine è la regolamentazione francese, che dà per principio a ogni sindacato rappresentativo un diritto di adesione susseguente (RIVERO/SAVATIER, Droit du travail, Vendôme 1984, pag. 346). Ma vi sono anche opere di dottrina che, riferendosi a DTF 74 II 158 e DTF 75 II 305 come pure - più o meno implicitamente - agli art. 19 e 356 cpv. 4 CO, negano a un'organizzazione non firmataria la facoltà di sottoscrivere un contratto collettivo senza l'accordo delle parti (REHBINDER, Schweizerisches Arbeitsrecht, VIII edizione, pag. 156 infra; GUHL/MERZ/KUMMER, Das schweizerische Obligationenrecht, VII edizione, pag. 402; WILD, Die Entwicklung des Gesamtarbeitsvertragsrechts, tesi, Berna 1985, pag. 177; SCHWEINGRUBER/BIGLER, Kommentar zum Gesamtarbeitsvertrag, III edizione, pag. 52 seg.; riservato: LUSSER, op.cit., pag. 77 infra e 124 segg.).
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c) Non vi è dubbio che gli art. 356 cpv. 4 e 356b cpv. 1 CO favoriscano il contratto collettivo di lavoro come mezzo idoneo a tutelare la parte economicamente più debole, a garantire un trattamento unitario dei lavoratori, a prevenire conflitti sociali e a disciplinare le condizioni d'impiego con norme relativamente duttili (VISCHER in: Zürcher Kommentar, note 15 segg. ad art. 356 CO). Questo indirizzo è confermato dall'art. 356b cpv. 3 CO e dalla nota legge federale concernente il conferimento del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di lavoro; del resto il contratto collettivo influisce spesso sui contratti individuali sebbene i medesimi non gli siano giuridicamente sottoposti (nel caso in esame tutti i lavoratori delle due aziende fruiscono di condizioni salariali e lavorative identiche). La legge promuove perciò - oltre alla partecipazione di singoli lavoratori - l'adesione dei sindacati ai contratti collettivi e non permette disparità di trattamento fra un sindacato e l'altro (art. 356 cpv. 4 BGE 113 II, 37 (45)CO). V'è da appurare se il consenso delle parti cui si riferisce l'art. 356b cpv. 1 CO sia imprescindibile.
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Il testo dell'art. 356b cpv. 1 CO riprende quello del vecchio art. 322bis cpv. 1 CO, introdotto appunto dalla legge federale concernente il conferimento del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di lavoro (RU 1956 pag. 1665). Si è visto che il Consiglio federale ha rinunciato in tale circostanza a proporre diritti di adesione o obblighi di trattativa riservando le eventualità in cui associazioni padronali o sindacati si fossero serviti di metodi analoghi al boicottaggio. Che la libertà contrattuale delle parti dovesse prevalere anche sugli scopi del contratto collettivo non è stato affermato nemmeno durante i dibattiti parlamentari (Boll.Sten. 1955 CS 194 e 1956 CN 228 segg.). Ne discende, in ossequio a DTF 74 II 163 consid. 3c e 75 II 326 consid. 9a, che il rifiuto di far aderire un sindacato a un contratto esistente non può sospingersi nell'abuso né violare i diritti della personalità. È in entrambe le sentenze citate il Tribunale federale ha avuto modo di spiegare che un rifiuto privo di ragioni valide, destinato a indebolire la posizione dei dipendenti, non può essere protetto poiché vanifica gli scopi del contratto collettivo. Sarebbe incompatibile con l'idea basilare di tale istituto, per di più, che un'associazione professionale potesse far ricorso alla propria forza per impedire a un'altra associazione di sottoscrivere un contratto collettivo. Nel messaggio del 29 gennaio 1954 il Consiglio federale, pur non essendo stato in grado di formulare rimedi, era giunto a una conclusione identica.
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Il principio secondo cui l'autonomia della volontà (art. 19 CO) non abilita le parti a sovvertire gli scopi del contratto collettivo, sicché il richiamo alla libertà contrattuale può raffigurare un abuso (art. 2 CC) ove manchi di interesse legittimo o persegua - anche senza mire dolose (DTF 109 II 22) - interessi contrari agli obiettivi della legge (DTF 94 I 667 consid. 4), va confermato. Esso salvaguardia la personalità del lavoratore (art. 28 CC), segnatamente il diritto al libero esercizio di un'occupazione economica (DTF 86 II 376 consid. 4c e 4d; TERCIER, Le nouveau droit de la personnalité, Zurigo 1984, pag. 71 n. 493 segg.) e alla libera scelta di un organismo sindacale (cfr. DTF 111 II 253 consid. 4b; REHBINDER, op.cit., pag. 254). Inoltre esso protegge la personalità dell'ente sindacale come corporazione di diritto privato (cfr. DTF 75 II 326 consid. 9), che di fronte all'ostracismo gratuito di un firmatario potrebbe vedersi minacciato nella sua stessa esistenza per l'impossibilità BGE 113 II, 37 (46)di assolvere compiutamente la propria funzione (v. KREIS, op.cit., pag. 171). È vero che anche i firmatari hanno il diritto personale di trattare con chi vogliono e di impegnarsi con chi credono, ma ciò non li autorizza a ledere chicchessia. I loro diritti si estinguono ove cominciano quelli della persona esclusa. Al giudice incombe di ponderare gli opposti interessi e di accertare se le giustificazioni addotte dai firmatari siano preponderanti; ove occorra, egli reprimerà l'abuso ammettendo il terzo nella comunità contrattuale (cfr. DTF 86 II 377 consid. 4d).
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Il caso in rassegna attiene all'adesione di un sindacato minoritario, non di singoli lavoratori. È superfluo domandarsi quindi se lavoratori isolati cui sia impedito di partecipare a un contratto collettivo giusta l'art. 356b cpv. 1 CO possano invocare l'abuso di diritto come limite all'autonomia della volontà. Pacifico è che l'organizzazione minoritaria dev'essere sufficientemente rappresentativa, comprendere cioè un numero tale di affiliati da legittimare un'adesione sindacale contro la volontà delle parti (cfr. DTF 75 II 328 consid. 9b). Al riguardo non è necessario far uso di rigide proporzioni numeriche. È indispensabile tuttavia che il sindacato sia portavoce di una minoranza importante, se non nell'azienda almeno sul piano cantonale o federale; compete al giudice valutare simile requisito in base alle particolarità della fattispecie (art. 2 n. 6 per analogia della legge federale concernente il conferimento del carattere obbligatorio generale al contratto collettivo di lavoro; SCHWEINGRUBER/BIGLER, op.cit., pag. 111 seg.).
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Riservate circostanze speciali, la soluzione descritta non pregiudica i legittimi interessi delle parti. Nulla osta, infatti, a che i lavoratori siano più largamente rappresentati nell'ambito del contratto collettivo; i sindacati maggioritari, le associazioni padronali e i datori di lavoro, a loro volta, non possono pretendere di confinare un sindicato di minoranza senza giusti motivi. Poco importa che l'adesione di un sindacato minoritario possa essere supplita, negli effetti, dalla decisione con cui l'autorità estende il campo di applicazione di un contratto collettivo in virtù della legge federale concernente il conferimento del carattere obbligatorio generale (art. 1). Intanto l'autorità agisce solo su istanza di tutte le parti firmatarie (art. 8 cpv. 1). In secondo luogo la facoltà di ottenere una dichiarazione di carattere obbligatorio del contratto non esclude che determinati litigi tra partner sociali possano BGE 113 II, 37 (47)risolversi già in base al diritto privato (DTF 75 II 310 consid. 5, DTF 111 II 361 consid. 2b; HAUSHEER, op.cit., pag. 330 seg.).
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5. La ricorrente fa valere che non sussiste la minima ragione per vietarle l'ingresso nella comunità contrattuale. Anzi, già oggi le ditte convenute trattengono dai salari destinati ai membri del sindacato in causa le quote professionali che l'art. 24 del contratto collettivo prevede a carico dei lavoratori iscritti alle organizzazioni firmatarie; non solo: tali importi sono riversati regolarmente al sindacato come se il medesimo fosse parte al contratto, ciò che dimostra - a parere dell'attrice - il puro formalismo del rifiuto a lei opposto. Le due società ribadiscono che la ricorrente è sempre stata trattata alla stessa stregua degli altri sindacati, che il contratto colletivo garantisce a qualsiasi associazione di categoria il diritto di rappresentare i propri aderenti presso la direzione aziendale (art. 2 n. 1) e che la Commissione di fabbrica (art. 3 del contratto) non ha mai discriminato i membri di organismi non firmatari. Tali argomenti non giustificano un diniego di adesione.
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Che le convenute applichino unilateralmente il contratto collettivo all'insieme del personale, anche non sindacato, non basta per attribuire all'associazione in discorso qualità di parte firmataria e nemmeno per assicurare agli affiliati i vantaggi sgorganti dal contratto stesso. Lo statuto giuridico rimane diverso tanto per l'una quanto per gli altri. Ma pure dal lato pratico la posizione del sindacato estraneo al contratto comporta incovenienti non trascurabili, poiché esso è esulato da riunioni e assemblee di fabbrica così come dai colloqui tra la Commissione di fabbrica e la direzione aziendale (art. 6.5 del regolamento aziendale o "Regolamento per la Commissione di fabbrica"). Ciò restringe notevolmente il suo raggio d'intervento e influisce sulla libera scelta dei lavoratori che desiderano associarsi a un sindacato capace di tutelare con efficacia i loro interessi.
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Le convenute obiettano che, comunque sia, l'attrice non riunisce nemmeno il 10% dei dipendenti e non può quindi definirsi rappresentativa. Si evince dagli atti che al 31 dicembre 1984 le maestranze delle due ditte (114 dipendenti) erano così suddivise: 44 aderenti all'Organizzazione Cristiano Sociale Ticinese (OCST), 38 ai Sindacati Indipendenti Ticinesi (SIT), 8 all'attrice, 2 al Sindacato Edilizia e Legno (SEL) e 1 alla Federazione Svizzera dei Lavoratori del Commercio, dei Trasporti e dell'Alimentazione (FCTA); 21 operai non erano affiliati ad alcun sindacato. Ora, quand'anche non si volesse giudicare rappresentativo un BGE 113 II, 37 (48)sindacato comprendente il 7% circa dei lavoratori, è innegabile che la Federazione Svizzera Lavoratori Metallurgici e Orologiai (FLMO) ha, sul piano nazionale, importanza evidente. Nel 1984 essa contava 121'777 effettivi (4663 nel Cantone Ticino) su un totale di 451'154 membri dell'Unione Sindacale Svizzera (28'337 nel Cantone Ticino). Nel 1985 le proporzioni erano pressoché invariate: 118'314 effettivi (4666 nel Ticino) su 443'584 membri dell'Unione Sindacale Svizzera (29'303 nel Ticino). Premesse queste cifre, desumibili dall'Annuario statistico della Svizzera 1986 (pag. 365) e dall'Annuario statistico del Cantone Ticino 1986 (pag. 265 e 266), non può sicuramente negarsi alla ricorrente la qualifica di organismo sufficientemente rappresentativo.
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Rimane da verificare se le convenute abbiano un interesse degno di salvaguardia a difesa della loro opposizione. Nulla risulta in proposito. Le due ditte non rimproverano alcunché alla ricorrente: non affermano - né tanto meno dimostrano - che essa si sia mai rivelata un interlocutore scorretto o querelante, che abbia tenuto un contegno inconciliabile con quanto ci si deve attendere da un firmatario, che abbia dato adito a univoci sospetti di inaffidabilità, che abbia osteggiato le trattative per il rinnovo o reso difficile l'intesa con gli altri partner sociali. Al contrario: in una lettera del 28 novembre 1984 esse hanno confermato di non avere il minimo appunto da muovere all'attrice. La ricorrente da parte sua si è sempre dichiarata disposta ad assumere tutti gli obblighi derivanti dal contratto. Il rifiuto delle due ditte mancando di qualsiasi argomento a sostegno, la richiesta di adesione proposta dal sindacato appare legittima, ciò che comporta la riforma della sentenza cantonale.
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Per questi motivi il Tribunale federale pronuncia:
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Il ricorso è accolto e, in riforma della sentenza impugnata, è accertato il diritto spettante alla Federazione Svizzera Lavoratori Metallurgici e Orologiai di aderire al contratto collettivo di lavoro aziendale stipulato il 1o aprile 1981 dalle società anonime X. e Y. con l'Organizzazione Cristiano Sociale Ticinese e i Sindacati Indipendenti Ticinesi.
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