BGer 2A.488/2003 | |||
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BGer 2A.488/2003 vom 27.02.2004 | |
Tribunale federale
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{T 0/2}
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2A.488/2003 /viz
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Sentenza del 27 febbraio 2004
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II Corte di diritto pubblico
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Composizione
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Giudici federali Wurzburger, presidente,
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Hungerbühler, Merkli,
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cancelliera Ieronimo Perroud.
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Parti
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A.A.________,
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ricorrente, patrocinata dall'avv. Sergio Sciuchetti,
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contro
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Consiglio di Stato del Cantone Ticino,
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Residenza governativa, 6500 Bellinzona,
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Tribunale amministrativo del Cantone Ticino,
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via Pretorio 16, casella postale, 6901 Lugano.
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Oggetto
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permesso di dimora,
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ricorso di diritto amministrativo contro la decisione
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del 3 settembre 2003 del Tribunale amministrativo
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del Cantone Ticino.
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Fatti:
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A.
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A.A.________ (1969), cittadina croata, si è sposata il 9 novembre 2000 a Massagno con B.A.________ (1965), cittadino svizzero. Per tal motivo, le è stato rilasciato un permesso di dimora annuale, regolarmente rinnovato, l'ultima volta con scadenza al 4 novembre 2003. Il 20 agosto 2002 l'interessata è stata raggiunta dal figlio C.________ (1994), nato da una precedente relazione, il quale è stato ugualmente posto al beneficio di un permesso di dimora annuale che riporta la medesima scadenza di quello della madre.
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B.
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Il 5, rispettivamente il 12 dicembre 2002 i coniugi A.________ sono stati interrogati dalla polizia cantonale sulla loro situazione familiare. Per quanto lo concerne B.A.________ ha dichiarato di essersi sposato dietro la promessa di un compenso di fr. 20'000.--, con lo scopo di fare ottenere alla consorte un permesso di dimora. Da parte sua A.A.________ ha contestato che fosse stato promesso denaro e ha affermato che si trattava di un matrimonio d'amore. Ha poi aggiunto che la separazione della coppia, intervenuta dopo sei mesi di convivenza, era dovuta al fatto che con l'arrivo del figlio C.________ l'appartamento era diventato troppo piccolo. La circostanza che i consorti vivessero separati è stata confermata dalla polizia del comune di domicilio il 28 aprile 2003.
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C.
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Fondandosi sulle premesse emergenze, il 9 maggio 2003 la Sezione dei permessi e dell'immigrazione del Dipartimento delle istituzioni del Cantone Ticino ha revocato le autorizzazioni di soggiorno di A.A.________ e del figlio C.________ e ha fissato loro un termine di partenza con scadenza al 30 giugno 2003. A sostegno della propria decisione ha considerato il matrimonio dei coniugi A.________ "di facciata" e ha ritenuto che vi era un abuso manifesto poiché erano stati sottaciuti fatti essenziali.
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D.
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Detto giudizio è stato confermato su ricorso dapprima dal Consiglio di Stato ticinese, il 18 giugno 2003, e poi dal Tribunale cantonale amministrativo, con sentenza del 3 settembre 2003. Lasciato indeciso il quesito di sapere se il matrimonio fosse fittizio - nonostante vi fossero diversi indizio in tal senso, come già rilevato dal Governo ticinese - la Corte cantonale ha constatato che i coniugi A.________, dopo una convivenza durata circa sei mesi, vivevano oramai separati da oltre due anni. Ha poi osservato che sia la dichiarazione congiunta dei medesimi prodotta dinanzi ad essa, che si limitava a manifestare genericamente l'intenzione di riprendere la vita coniugale interrotta da un paio d'anni, sia il fatto che, come risultava da documenti versati agli atti, questi si sarebbero frequentati durante la separazione, non attestavano che la comunione domestica fosse effettivamente e costantemente vissuta né che esistesse un vero e proprio legame sentimentale. Lo stesso dicasi della circostanza che A.A.________ sarebbe rimasta incinta dal marito (gravidanza extrauterina), dato che malgrado questo evento i coniugi hanno continuato a vivere separati. I giudici cantonali hanno poi rilevato che, viste le circostanze della fattispecie, la revoca dell'autorizzazione di soggiorno risultava proporzionata e hanno ritenuto, infine, che l'insorgente non poteva appellarsi all'art. 8 CEDU.
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E.
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Il 9 ottobre 2003 A.A.________ ha esperito dianzi al Tribunale federale un ricorso di diritto amministrativo, con cui chiede che la sentenza cantonale sia annullata e che sia fatto ordine all'autorità di prima istanza di rinnovare a lei e al figlio il permesso di dimora. Contesta, in sostanza, sia che il suo sia un matrimonio fittizio sia di commettere un abuso di diritto; a comprova, allega dei documenti da cui risulterebbe che suo marito è tornato a vivere con lei.
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Chiamato ad esprimersi, il Tribunale cantonale amministrativo, senza formulare osservazioni, chiede la conferma del proprio giudizio. Il Consiglio di Stato ticinese e l'Ufficio federale dell'immigrazione, dell'integrazione e dell'emigrazione postulano la reiezione del gravame.
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F.
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Invitata a versare un anticipo a titolo di garanzie delle spese giudiziarie presunte, la ricorrente ha presentato, il 3 novembre 2003, un'istanza di assistenza giudiziaria. Il 4 novembre successivo il Presidente della II Corte di diritto pubblico le ha comunicato che rinunciava, per il momento, a prelevare l'anticipo richiesto e che una decisione in merito alla summenzionata istanza sarebbe stata presa ulteriormente.
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Diritto:
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1.
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Il Tribunale federale si pronuncia d'ufficio e con pieno potere d'esame sull'ammissibilità del rimedio sottopostogli (DTF 128 II 13 consid. 1a, 46 consid. 2a; 126 II 106 consid. 1 e giurisprudenza ivi citata).
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1.1 In materia di diritto degli stranieri, il ricorso di diritto amministrativo non è proponibile contro il rilascio o il rifiuto di un permesso di dimora o di domicilio, salvo laddove un diritto all'ottenimento di un simile permesso si fonda su una disposizione del diritto federale o di un trattato internazionale (art. 100 cpv. 1 lett. b n. 3 OG e art. 4 LDDS; DTF 128 II 145 consid. 1.1.1 e riferimenti).
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1.2 Il ricorso di diritto amministrativo è, in linea di principio, ammissibile contro la revoca del permesso di dimora (art. 101 lett. d OG). Sennonché, anche se non fosse stata revocata, l'autorizzazione di soggiorno di cui beneficiava la ricorrente è oramai scaduta dal 4 novembre 2003: non vi è quindi più alcun interesse pratico e attuale ad esaminare se tale misura fosse corretta (art. 103 lett. a OG; DTF 128 II 145 consid. 1.2.1; 118 Ib 356 consid. 1a; 111 Ib 56 consid. 2). In proposito, il gravame è quindi irricevibile. Nondimeno la decisione litigiosa può venire considerata anche quale rifiuto di rinnovo dell'autorizzazione. A tal proposito la ricorrente dispone ancora di un interesse alla soluzione della vertenza.
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1.3 Conformemente all'art. 7 cpv. 1 prima frase LDDS, il coniuge straniero di un cittadino svizzero ha diritto al rilascio e alla proroga del permesso di dimora. Il rifiuto del rinnovo del permesso di cui beneficiava la ricorrente, sposata con un cittadino svizzero dal 9 novembre 2000, può quindi essere sottoposto al Tribunale federale mediante ricorso di diritto amministrativo (art. 100 cpv. 1 lett. b n. 3 OG a contrario). Sapere se questo diritto sussista ancora o sia invece decaduto in virtù delle eccezioni o delle restrizioni che discendono dall'art. 7 cpv. 2 LDDS e dall'abuso di diritto è per contro un problema di merito e non di ammissibilità (DTF 128 II 145 consid. 1.1.2 e numerosi rinvii).
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2.
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Al fine di provare la ripresa, dal mese di ottobre 2003, della convivenza con il marito, la ricorrente allega al proprio gravame una dichiarazione sottoscritta in tal senso dal marito il 6 ottobre 2003 e la copia della notifica della partenza rilasciata da questi alle autorità comunali di X.________ l'8 ottobre 2003. Detti documenti si riferiscono ad un elemento nuovo, verificatosi posteriormente alla pronuncia della sentenza impugnata e non possono dunque essere presi in considerazione nell'ambito del presente procedimento. In effetti, in materia di polizia degli stranieri il Tribunale federale fonda di principio il proprio giudizio sulla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della decisione impugnata (DTF 127 II 60 consid. 1b e riferimenti). Qualora quest'ultima emana da un'autorità giudiziaria - come è il caso nella fattispecie in oggetto - il potere d'esame di questa Corte è tuttavia limitato sulle questioni di fatto da quanto stabilito dall'art. 105 cpv. 2 OG. In simili casi, la possibilità di allegare fatti nuovi o di far valere dei nuovi mezzi di prova è alquanto ristretta. Per giurisprudenza sono ammesse soltanto quelle prove che l'istanza inferiore avrebbe dovuto prendere in considerazione d'ufficio e la cui mancata amministrazione costituisce una violazione di regole essenziali di procedura. In particolare non è possibile tener conto, di principio, di ulteriori cambiamenti dello stato di fatto non potendosi rimproverare alla precedente istanza di giudizio di avere constatato i fatti in maniera lacunosa se questi hanno subito una modifica successivamente alla sua decisione (DTF 129 II 215 consid. 1.3 con rinvii; cfr. pure Alain Wurzburger, La jurisprudence récente du Tribunal fédéral en matière de police des étrangers, in: RDAF 1997 I pag. 351-352).
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3.
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Per costante giurisprudenza vi è abuso di diritto laddove un determinato istituto giuridico viene invocato per realizzare degli interessi che il medesimo istituto non si prefigge di tutelare (DTF 121 I 367 consid. 3b; 121 II 97 consid. 4). In relazione all'art. 7 LDDS, ciò è il caso allorquando il coniuge straniero di un cittadino svizzero si richiama ad un matrimonio che sussiste solo a livello formale, unicamente per ottenere il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno: un simile scopo non risulta in effetti tra quelli tutelati dalla norma in questione (DTF 128 II 145 consid. 2.2; 127 II 49 consid. 5a; 123 II 49 consid. 4 e 5; 121 II 97 consid. 2 e 4).
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La prassi ha tuttavia precisato che l'esistenza di una situazione di abuso non deve essere ammessa con eccessiva facilità; in particolare non vi è abuso di diritto già per il fatto che i coniugi vivono separati o perché tra loro è pendente una procedura di divorzio. Nel formulare l'art. 7 LDDS, il legislatore ha infatti volutamente omesso di far dipendere il diritto del coniuge straniero di un cittadino svizzero all'ottenimento di un permesso di soggiorno dall'esistenza di una comunione matrimoniale di fatto (DTF 121 II 97 segg.; 118 Ib 145 consid. 3); è per contro necessario che vi siano concreti indizi tali da indurre a ritenere che i coniugi non siano (più) intenzionati a condurre una vita comune e rimangano uniti dal vincolo matrimoniale soltanto per ragioni di polizia degli stranieri (DTF 127 II 49 consid. 5a e riferimenti). In altre parole, il fatto che i coniugi vivano separati non è altro che un elemento - più o meno importante a seconda delle circostanze - tra i tanti che la competente autorità deve prendere in considerazione per valutare se sia data una delle fattispecie contemplate dall'art. 7 cpv. 2 LDDS e per negare, se del caso, il rilascio del permesso di soggiorno al coniuge straniero di un cittadino svizzero.
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4.
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4.1 La ricorrente contesta che il suo sia un matrimonio fittizio e che le si possa rifiutare il permesso di dimora per tal motivo. Sennonché, tale aspetto non è stato posto a fondamento della sentenza querelata da parte dei giudici cantonali. La critica esula quindi dall'oggetto del litigio e sfugge pertanto ad un esame di merito.
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4.2 Nella fattispecie in esame, emerge dagli atti di causa che i coniugi A.________, sposatisi all'inizio del mese di novembre 2000, hanno vissuto in costanza di matrimonio per circa sei mesi, ossia per un periodo molto breve. Dopodiché si sono separati e da allora, cioè da oltre due anni, hanno organizzato autonomamente le loro rispettive esistenze (cfr. verbale allestito dalla polizia cantonale il 5 dicembre 2002 ove il marito ha dichiarato di non versare nulla per il sostentamento della moglie). Le spiegazioni fornite dalla ricorrente al riguardo, ossia il fatto che, con l'arrivo del figlio C.________, la dimora coniugale era diventata troppo piccola nonché l'impossibilità di locare un appartamento più grande a causa delle loro difficoltà finanziarie, sono inconsistenti. In primo luogo perché, come risulta dall'inserto di causa, la coppia si è separata nei primi mesi del 2001 allorché il bambino è arrivato in Svizzera nell'agosto 2002. In secondo luogo, perché la ricorrente non ha saputo spiegare in modo convincente come la coppia, viste le difficoltà economiche invocate, poteva far fronte alle spese derivanti dalla locazione di due appartamenti (cfr. rapporto di segnalazione della polizia di Y.________, datato 28 aprile 2003, pag. 2). Va poi constatato che, come ben rilevato dai giudici cantonali, nessun elemento agli atti permette di ritenere che la separazione sia provvisoria. Né le dichiarazioni rilasciate in sede cantonale, ove i consorti si limitano a sostenere che sono intenzionati a riprendere la vita coniugale interrotta da più di due anni, né il fatto che gli interessati si siano frequentati durante la separazione, attestano che la comunione coniugale sia effettivamente e costantemente vissuta né che esista un vero e proprio legame sentimentale. A diversa conclusione non porta nemmeno la circostanza che la ricorrente sia rimasta incinta dal marito (gravidanza extrauterina) nell'aprile 2003; neanche dopo questo evento, infatti, i coniugi hanno ripreso la loro convivenza, continuando invece a vivere ognuno per conto suo. In siffatte circostanze, è quindi chiaro che non sussiste più né una vera e propria relazione sentimentale tra gli interessati né la volontà di entrambi i coniugi - al di là del semplice parlato - di una ripresa della vita comune, la quale come già rilevato è stata peraltro alquanto breve. Di conseguenza, è dunque senza incorrere nella violazione del diritto federale che la Corte cantonale è giunta alla conclusione che la ricorrente, abusando dei diritti che le derivano dall'art. 7 cpv. 1 prima frase LDDS, si richiama ad un matrimonio esistente soltanto sulla carta al solo scopo di potere fruire dell'autorizzazione a soggiornare in Svizzera.
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Per quanto riguarda il figlio C.________, si deve considerare che era stato autorizzato a risiedere in Svizzera al solo scopo di poter stare vi cino alla madre. Con il mancato rinnovo del permesso di dimora di quest'ultima vengono pertanto a cadere le condizioni affinché egli possa continuare a soggiornare nel nostro Paese. Anche da questo punto di vista la decisione impugnata non presta dunque il fianco a nessuna critica.
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4.3 Infine, la ricorrente non può nemmeno appellarsi all'art. 8 CEDU, che garantisce il rispetto della vita privata e familiare. Affinché tale norma sia applicabile occorre, secondo la prassi, che tra lo straniero che domanda un permesso di dimora e la persona della sua famiglia che beneficia del diritto di risiedere in Svizzera esista una relazione stretta, intatta ed effettivamente vissuta (DTF 127 II 60 consid. 1d/aa; 126 II 377 consid. 1b e riferimenti). Dal momento che, come osservato in precedenza, tali presupposti non sono in concreto adempiuti, la ricorrente non può quindi invocare detto disposto per ottenere il rinnovo del proprio permesso di dimora.
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5.
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5.1 In esito delle considerazioni anzidette, il ricorso, infondato nella misura in cui è ammissibile, dev'essere respinto.
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5.2 La ricorrente ha chiesto di essere posta al beneficio dell'assistenza giudiziaria. Giusta l'art. 152 cpv. 1 OG, tale beneficio va concesso solo alla parte le cui conclusioni non sembrano dover avere esito sfavorevole. Orbene, nella fattispecie tale premessa non è soddisfatta. In effetti, il presente ricorso appariva, sin dall'inizio, privo di possibilità di successo. Ciò non impedisce comunque di tenere conto della situazione finanziaria modesta della ricorrente per determinare l'ammontare delle spese processuali a suo carico (art. 156 cpv. 1, 153 e 153a OG). Non si assegnano ripetibili ad autorità vincenti (art. 159 cpv. 2 OG).
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Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
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1.
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Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
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2.
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La domanda di assistenza giudiziaria è respinta.
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3.
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La tassa di giustizia di fr. 1000.-- è posta a carico della ricorrente.
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4.
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Comunicazione al patrocinatore della ricorrente, al Consiglio di Stato e al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino nonché all'Ufficio federale dell'immigrazione, dell'integrazione e dell'emigrazione.
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Losanna, 27 febbraio 2004
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In nome della II Corte di diritto pubblico
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del Tribunale federale svizzero
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Il presidente: La cancelliera:
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