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Urteilskopf

99 IV 194


45. Sentenza 12 ottobre 1973 della Corte di Cassazione penale nella causa Sostituto procuratore pubblico contro X.

Regeste

Art. 110 Ziff. 5 und 317 StGB. Falsche Unterschriftsbeglaubigung.
1. Beim Feststellen, welches die unrichtig beurkundeten rechtlich erheblichen Tatsachen sind, ist der Strafrichter nicht gebunden an die nach dem kantonalen Recht wesentlichen Erfordernisse für die Gültigkeit der öffentlichen Urkunde. Das Bundesstrafrecht bestimmt abschliessend, welche Schriften Urkunden sind und wann eine wahrheitswidrige Urkunde falsch ist (Erw. 3 a, b).
2. Die Erklärung des Notars, eine Person habe vor ihm eine Unterschrift als die ihre anerkannt, bezieht sich auf eine rechtlich erhebliche Tatsache im Sinne von Art. 317 Ziff. 1 Abs. 2 StGB (Erw. 3 c).

Sachverhalt ab Seite 195

BGE 99 IV 194 S. 195

A.- Nel gennaio 1972, A. ottenne da una banca la promessa di notevoli crediti da garantire mediante la costituzione di diverse cartelle ipotecarie al portatore, per la somma complessiva di fr. 5 000 000.--, su un fondo a Chiasso, appartenente alla comunione ereditaria paterna. Al riguardo egli necessitava della firma dei suoi fratelli B. e C., nonchè della cognata D., per sè e due figlie minorenni. A. appose, imitandola, la firma della cognata, su un foglio in bianco, che trasmise per la completazione al notaio X. con l'indicazione che la firma era autentica.
X. prestò fede al cliente e, il 14 gennaio 1972, stese sopra la firma falsa il testo di una procura generale che conferiva a A. l'autorizzazione di disporre liberamente del fondo in questione. Inoltre, X. vi appose la sua autenticazione notarile, senza previamente prendere contatto con l'interessata, a lui sconosciuta. Nella formula di autenticazione, il notaio certificò che la firma era autentica e che la firmataria, a lui nota, gli aveva personalmente dichiarato di averla essa medesima apposta sul documento. La procura così autenticata venne trasmessa all'ufficio dei registri a documentazione delle istanze di cartelle ipotecarie già interposte da A.
Successivamente, X. ricevette una seconda procura, firmata questa in modo autentico, dei fratelli B. e C. Anche in questo caso X. certificò l'autenticità delle firme, aggiungendo che i firmatari gli avevano dichiarato di presenza di averle personalmente apposte; e ciò senza aver preso contatto con gli interessati.

B.- Con sentenza 23 gennaio 1973, la Corte delle Assise criminali di Mendrisio prosciolse X. dall'imputazione di falsità in documenti per la stesura della procura, ma lo riconobbe colpevole, per negligenza, di falsità in documenti in punto alle
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due autenticazioni, condannandolo, in applicazione dell'art. 317 num. 2 CP, ad una multa di fr. 20 000.--.
Mediante sentenza 12 febbraio 1973, la Corte di cassazione e di revisione penale ha accolto parzialmente il ricorso del notaio, riconoscendolo colpevole per negligenza solo a proposito della prima autenticazione e riducendo la multa a fr. 5000.--.

C.- Il Sostituto procuratore pubblico sottocenerino ha interposto al Tribunale federale un ricorso per cassazione, mediante il quale chiede l'annullamento della sentenza cantonale e il rimando degli atti a quella sede affinchè X. sia riconosciuto colpevole di falsità intenzionale in documenti, nel senso dell'art. 317 num. 1 CP, e condannato in conseguenza.
X. ha proposto di respingere il ricorso.

Erwägungen

Consideranto in diritto:

1. Il ricorrente propone esclusivamente il quesito di sapere se le attestazioni, fatte da X. contrariamente a verità, secondo cui i firmatari gli avevano dichiarato personalmente che la firma era la loro e la dichiarazione che egli conosceva D. sono di rilevanza giuridica per l'applicazione dell'art. 317 CP. In proposito, la Corte cantonale, riferendosi all'art. 86 della legge notarile ticinese, ha risposto negativamente e ritenuto che poteva essere ravvisata una falsità in documenti soltanto in punto alla prima delle due autenticazioni e solo in quanto si riferiva alla autenticità della firma.
L'art. 86 della legge notarile cantonale stabilisce quanto segue:
"Il notaio certifica l'autenticità delle firme e dei segni a mano degli incapaci a firmare, apposti ai documenti concernenti rapporti giuridici che non richiedono l'atto pubblico per la loro validità, nei soli due casi:
a) in cui la firma o il segno siano stati apposti, alla sua presenza e vista, dal sottoscrivente;
b) in cui chi ha sottoscritto o segnato il documento gli dichiari, personalmente e di presenza, che la firma o sottoscrizione fu fatta da lui stesso o è riconosciuta come propria.
In entrambi i casi le parti comparse devono essere conosciute dal notaio o la loro identità certificata nel modo prescritto dall'art. 43. Mancando nel testo la dichiarazione dell'autenticità della sottoscrizione, il certificato è nullo e il notaio che l'ha rilasciato va soggetto a misura disciplinare, riservata l'azione penale in caso di dolo."
Da questo testo di legge, la Corte cantonale ha dedotto che
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l'autenticazione di una firma è valida, anche se contiene solo la dichiarazione di autenticazione. Le circostanze accessoriamente attestate dal notaio per dimostrare come egli abbia acquisito la sicurezza della veridicità della firma sarebbero irrilevanti. La legge farebbe infatti dipendere la validità dell'autenticazione solo dalla presenza della dichiarazione di autenticità. Le false dichiarazioni, secondo cui i firmatari avrebbero comunicato a X. che le firme erano state da loro apposte o comunque erano le loro, sarebbero irrilevanti per la validità del documento. L'art. 317 CP tutelerebbe il documento nel senso dell'art. 110 num. 5 CP e quindi, nel caso dell'autenticazione di una firma, la documentazione dell'autenticità della medesima. Soltanto in questi limiti e solo in quanto il documento si riferisca a fatti giuridicamente rilevanti si potrebbe parlare di giusta o falsa documentazione. Nel caso particolare sarebbe essenziale la costatazione che le firme di B. e C. risultarono autentiche. Non si potrebbe quindi ammettere una falsità dell'autenticazione. L'inveritiera allegazione esposta in entrambi gli atti, accanto alla dichiarazione di autenticità, nel senso che i firmatari avrebbero dichiarato al notaio trattarsi delle loro firme, concernerebbe circostanze giuridicamente irrilevanti, e non costituirebbe pertanto falsità in documenti. Invece la firma di D. sarebbe risultata falsa. A tale riguardo, X. avrebbe falsamente documentato una circostanza giuridicamente rilevante, indipendentemente dall'aver inoltre scientemente e volontariamente attestato, contrariamente al vero, che D. gli aveva dichiarato di presenza trattarsi della sua firma.
Il ricorrente contesta questa argomentazione come contraria al diritto federale. Egli fa rilevare che la Corte cantonale avrebbe dato alla legge notarile una palese erronea interpretazione e, con richiamo alla sentenza pubblicata nella RU 95 IV 113, affermache pure le circostanze allegate accanto alla dichiarazione di autenticità hanno rilevanza giuridica. In realtà, lo stesso notaio avrebbe considerato le controverse circostanze come giuridicamente rilevanti. Avesse interpretato la legge notarile nel significato esposto dalla Corte cantonale; avrebbe certamente omesso le false dichiarazioni. Le avrebbe esposte nella formula di autenticazione prescritta dalla legge, perchè sapeva di non poter conseguire altrimenti lo scopo prefisso.

2. La questione di sapere quale sia la portata dell'art. 86 della legge notarile ticinese, vale a dire se - come afferma la
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Corte cantonale - presupposto di validità dell'atto sia soltanto la dichiarazione di autenticità, oppure se - come dichiara il ricorrente - tali siano anche le ulteriori connesse allegazioni, non è proponibile in sede di ricorso per cassazione al Tribunale federale. Infatti, secondo l'art. 269 PPF, il ricorso può essere fondato esclusivamente sulla violazione del diritto federale. Ne consegue che l'interpretazione della legge cantonale, così come esposta nella sentenza impugnata, vincola questa sede (cfr. RU 70 II 225). Il ricorso, in quanto fondato sull'interpretazione della legge notarile ticinese, è pertanto irricevibile.

3. Tuttavia, poichè il Tribunale federale non è vincolato ai motivi fatti valere dalle parti (art. 277 bis cpv. 2 PPF), questa sede deve apprezzare liberamente l'applicazione del diritto federale fatta nella controversia dall'autorità cantonale; e ciò indipendentemente dalle illecite allegazioni del ricorrente.
a) Secondo l'interpretazione vincolante della Corte cantonale, l'autenticazione di una firma è documentata validamente, anche quando la relativa formula è limitata alla dichiarazione di autenticità. Questa attestazione è contenuta nell'autenticazione esposta in calce alle due controverse procure. Tali atti costituiscono pertanto validi documenti pubblici nel senso del diritto cantonale. Al riguardo non vi è nulla da opporre neppure dal profilo del diritto civile federale, poichè, secondo il medesimo, la validità della procura non dipende di massima (ad esclusione del caso previsto all'art. 493 cpv. 6 CO) da una forma particolare (RU 99 II 161 consid. 2; GUHL, Das Schweizerische OR, V ed. p. 129). Infatti, il diritto civile federale descrive il principio e le esigenze formali minime dell'atto solo in quanto esso medesimo prescriva il documento pubblico (RU 90 II 281). Ma ciò non significa che, nei casi in cui la promulgazione di norme sulle forme dei documenti pubblici sia riservata al cantone, tali norme possano influire nella determinazione delle circostanze, alle quali deve essere applicato il diritto penale federale. Nell'ambito della sua applicazione, questo diritto prescrive compiutamente quali scritti debbano essere materialmente considerati come documenti e quando un documento inveritiero debba essere reputato falso a'sensi dell'art. 317 CP (RU 78 IV 111).
b) Per documenti pubblici nel senso dei combinati art. 317 e 110 num. 5 cpv. 2 CP, i soli qui determinanti, si intendono quegli scritti, rilasciati da una persona nell'esercizio delle sue funzioni di pubblica autorità, che siano destinati o atti a provare un fatto
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di portata giuridica. In concreto è pacifico che con l'autenticazione della firma di D. si è trattato di documentare un rapporto di portata giuridica e che, quindi, X., avendo attestato una falsa firma come autentica ha compiuto una falsità in atto pubblico ai danni di D. Controversa è invece la portata dell'attestazione, espressa nel documento, sull'asserita presenza dei firmatari al momento dell'autenticazione e sulla loro dichiarazione nel senso che la firma sarebbe stata da loro apposta. La Corte cantonale nega che queste circostanze siano giuridicamente rilevanti perchè, secondo la legge notarile, non sarebbero determinanti agli effetti della validità formale del documento.
Ciò stante, la Corte cantonale ha non solo applicato il diritto cantonale per determinare il contenuto materiale di una scrittura in una materia disciplinata esclusivamente dal diritto federale, ma ha inoltre disatteso che il notaio, nello stabilire il contenuto del documento, non era limitato alle costatazioni minime previste dalla legge cantonale; nulla gli impediva infatti di attestare - come in concreto ha fatto - ulteriori circostanze che conferivano all'autenticazione della firma una più intensa credibilità. Il notaio che si comporta in siffatto modo per certificare inveritiere circostanze di portata giuridica, si rende colpevole di falsità in documenti pubblici nel senso dell'art. 317 CP. Una diversa conclusione sarebbe incompatibile con la posizione dell'ufficiale pubblico e comprometterebbe seriamente la sicurezza del diritto. Non si può certamente ammettere che un notaio sia libero di falsamente attestare in un atto pubblico qualsiasi circostanza, anche di portata giuridica, purchè attesti correttamente il minimo, da cui la legge cantonale fa dipendere la validità dell'atto. Un siffatto ordinamento condurrebbe alla insostenibile conseguenza che la punibilità per uno stesso comportamento sarebbe fatta dipendere dalla particolare disciplina adottata in un cantone per stabilire la validità dell'atto pubblico: l'applicabilità del diritto federale dipenderebbe, insomma, dai diversi diritti cantonali.
c) Ne consegue che, anche nel caso particolare, la questione di stabilire se l'attestazione espressa dal notaio, nel senso che gli interessati avevano dichiarato trattarsi della loro firma, abbia costituito falsità in atti, deve essere risolta esclusivamente partendo dall'art. 110 num. 5 CP. La risposta non può essere che affermativa.
Anzitutto il notaio ha così attestato una circostanza di portata
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giuridica. Ciò risulta già dal fatto che la dichiarazione di come il notaio si è accertato dell'autenticità della firma aumenta evidentemente la credibilità del documento di autenticazione. Questo essendo espressamente indicato nell'art. 317 come esempio di quegli atti la cui falsificazione costituisce reato, anche gli altri accertamenti dichiarati in stretto rapporto con l'attestazione di autenticità della firma assumono una rilevanza giuridica (cfr. RU 95 IV 115). Per rendersene conto basta aver presente il caso in cui il notaio dovesse morire poco dopo l'autenticazione e che fra il presunto mandante e il procuratore dovesse sorgere una lite sulla validità della procura. In questo caso, la dichiarazione del notaio, secondo cui il mandante gli ha dichiarato di presenza trattarsi della propria firma, fa piena prova del relativo fatto, salvo solo la controprova dell'inesattezza del medesimo (art. 9 CC). Fino a controprova fa inoltre stato anche il fatto dell'autenticità della firma, anche se in proposito esistono dubbi che non possano essere dimostrati. Per contro, la prova che il presunto mandante si trovava in un luogo diverso e che gli sarebbe stato impossibile assistere all'autenticazione, potrebbe conseguire la certezza della falsità della firma. Non vi può essere quindi dubbio che anche le circostanze accessorie a quella della firma, attestate nell'autenticazione, hanno una portata giuridica.
Risulta così adempiuto anche per l'attestazione della presenza del firmatario e delle sue dichiarazioni il presupposto dell'idoneità a costituire prova; e ciò anche se tali attestazioni risultassero abbondanziali agli effetti dell'autenticazione. In concreto non può d'altronde essere disatteso che X. riteneva l'attestazione delle anzidette circostanze pertinente alla autenticazione e che, come accertato dalla Corte cantonale, egli le ha falsamente attestate in modo intenzionale. Se non le avesse ritenute indispensabili, le avrebbe certamente tralasciate. È quindi certo che la documentazione si è riferita anche alle circostanze ritenute giuridicamente irrilevanti dalla Corte cantonale (cfr. WALDER, Strafrecht und Notariatswesen, ZBCR 1962, p. 140). La falsità in documenti è oggettivamente dimostrata.

4. La Corte cantonale, avendo espressamente accertato l'atto volontario e cosciente di X. di falsamente documentare che i firmatari gli avevano dichiarato trattarsi della loro firma, gli atti devono essere rimandati a quell'autorità, affinchè riconosca l'autore colpevole oltre che di falsa autenticazione colposa della firma di D., anche di ripetuta intenzionale falsa documentazione
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nel senso dell'art. 317 num. 1 CP e perchè lo condanni in conseguenza.
Contemporaneamente, dovrà pure essere posta la questione dell'esistenza di circostanze attenuanti in applicazione degli art. 64/65 CP, a cui accenna anche l'intimato nella sua risposta. In realtà risulta che il Sostituto procuratore pubblico davanti alla Corte di cassazione cantonale ha nuovamente contestato il sincero pentimento. La Corte l'ha in principio ammesso, ma non ha ritenuto di dover procedere ad un'attenuazione della pena perchè si trattava di applicare solo una multa. Tuttavia, poichè in principio il ricorrente più non contesta in questa sede l'esistenza del sincero pentimento e, d'altra parte, la determinazione della pena dovrà essere effettuata sulla base di severe norme, la Corte cantonale dovrà esprimersi se, tenuto conto della colpa, si giustifichi una pena al di sotto dei limiti stabiliti all'art. 317 num. 1 CP.

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Referenzen

Artikel: Art. 110 Ziff. 5 und 317 StGB, Art. 317 Ziff. 1 Abs. 2 StGB, art. 317 e 110