BGE 105 Ia 281
 
53. Estratto della sentenza 7 marzo 1979 della I Corte di diritto pubblico nella causa Reiter c. Consiglio di Stato del Cantone Ticino (ricorso di diritto pubblico)
 
Regeste
Art. 30 ZGB, Art. 4 BV; Änderung des Familiennamens eines Minderjährigen, Anspruch auf rechtliches Gehör.
 
Sachverhalt
Il 17 dicembre 1972, dal matrimonio celebrato a Morbio Superiore tra Peter Reiter ed Ilde Silva Anita Bernasconi, nasceva la figlia Paula Virginia. Il 12 novembre 1974, la moglie rimaneva improvvisamente vedova e tornava quindi a stabilire rapporti più stretti con il proprio ambito famigliare a Lugano, portando con sé la figlia. L'11 maggio 1978, la signora Reiter chiedeva pertanto al Consiglio di Stato del Cantone Ticino d'essere autorizzata, con la figlia, a cambiare il cognome da Reiter in Bernasconi. Il Governo cantonale accoglieva l'istanza con risoluzione del 9 giugno 1978, pubblicata sul FU n. 49 del 20 giugno successivo.
Con ricorso di diritto pubblico del 24 novembre 1978 fondato sulla violazione degli art. 4 Cost. e 30 cpv. 3 CC, Joseph Karl Reiter, padre del defunto e nonno di Paula Virginia, ha impugnato la decisione del Consiglio di Stato, chiedendo al Tribunale federale di annullarla e di rinviare gli atti al Governo per nuovo giudizio ai sensi dei considerandi.
 
Considerando in diritto:
a) Secondo costante giurisprudenza del Tribunale federale, il padre ha il diritto, immediatamente sgorgante dall'art. 4 Cost., di prender conoscenza d'una domanda volta al cambiamento del cognome di suo figlio e di potersi quindi esprimere al riguardo (v. DTF 99 Ia 562 /563 consid. 1; DTF 97 I 622 consid. 3; DTF 89 I 155 consid. 2; DTF 83 I 239 /240; DTF 76 II 342 consid. 2). Ai fini del giudizio, è pertanto litigiosa la questione di sapere se codesto indiscusso diritto appartiene anche al nonno paterno, allorché il padre è premorto all'atto della presentazione dell'istanza.
In una sentenza del 2 novembre 1950, peraltro richiamata dal ricorrente nel gravame (DTF 76 II 337, 342 consid. 2), la Seconda Corte civile del Tribunale federale ha in effetti stabilito che, in mancanza dei genitori, il citato diritto di esprimersi passa ai nonni e risp. ai fratelli e sorelle. Per contro, in una più recente pronunzia del 13 ottobre 1971 (DTF 97 I 619, 622 consid. 3), la Camera di diritto pubblico dello stesso Tribunale ha seriamente revocato in dubbio codesta opinione, rilevando altresì che essa poteva ben difficilmente esser seguita. Per la verità, trattavasi in ambo i casi d'osservazioni formulate di transenna poiché il ricorrente era in quelle fattispecie il padre, ed il problema testé enunciato non s'era quindi posto in termini concreti. D'altro canto, anche la dottrina più recente menziona in genere le citate sentenze del Tribunale federale, limitandosi però a registrarle senza commento critico (v. ad es. HEGNAUER, Droit suisse de la filiation, Berna 1978, pag. 99; GROSSEN, Les personnes physiques, in Traité de droit civil suisse, vol. II/2, pag. 62; TUOR/SCHNYDER, Das Schweizerische Zivilgesetzbuch, IX ediz., pag. 89; PIGUET, Le changement de nom, in Rivista dello stato civile 1976/44, 50 segg., in part. pag. 88; P. MÜLLER, Die Namensänderung nach Art. 30 ZGB, tesi Zurigo 1972, pag. 31 segg.).
b) Nel caso concreto, tenendo conto della situazione attuale della famiglia nella società umana, ci si deve senz'altro attenere alla giurisprudenza più recente, illustrata in DTF 97 I 619 e segg.
I casi più frequenti di cambiamento del nome riguardano palesemente i figli di genitori divorziati attribuiti alla madre, che esercita l'autorità parentale, cosicché, dal profilo dello sviluppo psichico del bambino, è senz'altro preferibile dare al figlio lo stesso cognome della madre. Anche in quest'ambito, si deve però tener conto delle relazioni avvenire fra padre e figlio, ed è per questo motivo che la prassi ha riconosciuto al genitore la facoltà di esprimersi sul prospettato cambiamento in virtù del diritto d'essere sentito immediatamente dedotto dall'art. 4 Cost. Basti pensare che il padre non deve limitarsi a pagare al figlio toltogli il contributo per il mantenimento, ma ha anche il diritto di conservare col figlio minorenne le relazioni personali indicate dalle circostanze (art. 156 cpv. 2, 273 CC); d'altro canto, sussiste pur sempre la possibilità che l'autorità parentale sia in seguito trasferita al padre per giusti motivi, soprattutto in caso di morte della madre o se quest'ultima dev'essere privata della patria potestà (v. DTF 97 I 622 /623 consid. 4 a; DTF 82 II 474). Diversa è invece la situazione allorché il figlio di genitori divorziati raggiunge la maggiore età poiché in tal caso codesti problemi più non si pongono, ed è per conseguenza logico che nella più recente pronunzia del 1971 il Tribunale federale abbia negato al padre il diritto di esprimersi giusta l'art. 4 Cost., quando l'istanza di cambiamento del nome è presentata da un figlio maggiorenne.
Ora, i principi testé esposti, debitamente adattati, debbono valere anche nella fattispecie concreta. In primo luogo, si deve quindi costatare che, dal profilo giuridico, non vi sono fra nonno e nipote doveri vicendevoli, legami personali od obblighi di mantenimento che possano esser equiparati a quelli che sussistono invece fra padre e figlio: né il diritto successorio (art. 457 e 459 CC), né il dovere d'assistenza tra parenti (art. 328 CC), che tendono a regolare in sostanza relazioni di tipo patrimoniale, hanno infatti carattere eminentemente personale e per rispetto alla questione posta s'avverano quindi ininfluenti. L'opinione contraria, non motivata, difesa certo dalla Seconda Corte civile nel 1950, si giustificava d'altronde per le particolarità che caratterizzavano a quell'epoca i nuclei famigliari, ove le relazioni personali ed i legami fra parenti in genere erano molto più intensi. Al giorno d'oggi, questi legami si sono invece allentati, e le grandi famiglie di tipo patriarcale dove i nonni ancora convivono con tutti i loro discendenti sono diventate ormai una rara eccezione. Comunque sia, tanto dal profilo giuridico che da quello sociale, non vi sono fra nonno e nipote vincoli particolari o speciali che giustificano l'eventuale estensione del diritto d'essere sentito, riconosciuto per contro al padre in caso di cambiamento del nome di suo figlio attribuito alla madre in sede di divorzio (cfr. ancora DTF 97 I 621 /622 consid. 3; DTF 89 I 155 consid. 2; DTF 83 I 239). Certo, il nonno potrà anche opporre al prospettato mutamento argomenti comprensibili e soprattutto degni di considerazione, quali la pietà e il rispetto verso il figlio morto o il desiderio di veder perdurare il proprio casato: trattasi tuttavia di motivi che si situano sul piano affettivo eccedendo il campo del diritto e che, per conseguenza, non consentono al nonno di prevalersi d'un interesse giuridico meritevole di tutela nell'ambito della relativa procedura. Secondo le moderne concezioni, è invece determinante in questo contesto l'interesse del bambino, che le competenti autorità debbono considerare d'ufficio in virtù dell'art. 30 cpv. 1 CC, e contrapporre poi, paragonandolo, all'interesse pubblico o sociale volto al mantenimento del precedente cognome (v. DTF 99 Ia 563 /564 consid. 2 e riferimenti; GROSSEN, op.cit., pag. 60; H. ROGGWILLER, Der "wichtige Grund" und seine Anwendung in ZGB und Or, tesi Zurigo 1956, pag. 92; MÜLLER, op.cit., pagg. 21/22; PIGUET, op.cit. pag. 55).
c) Ne discende che la mancata consultazione del ricorrente in merito alla domanda di cambiamento di nome della di lui abiatica non ha comportato in casu alcuna violazione del diritto d'essere sentito assicurato al cittadino dall'art. 4 Cost. Il ricorso di diritto pubblico s'appalesa di conseguenza infondato e, nella misura in cui è ricevibile, dev'essere respinto.