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24. Estratto della sentenza della I Corte di diritto sociale nella causa Segretariato di Stato dell'economia contro H. nonchè Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino (ricorso di diritto amministrativo) |
C 124/06 del 25 gennaio 2007 | |
Regeste |
Art. 8 und 121 AVIG; Art. 16 Abs. 2 FZA; Anhang II zum FZA; Art. 71 Abs. 1 Bst. a Ziff. ii und Bst. b der Verordnung Nr. 1408/71: Versichertenstatus des atypischen Grenzgängers. | |
Sachverhalt | |
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A margine di un momento informativo organizzato dall'Ufficio regionale di collocamento di Lugano (URC) per i dipendenti della banca toccati dalla misura, H. ha domandato al caposede dell'URC, O., e a C. dell'O. alcune informazioni in merito alla sua posizione di svizzero residente in Italia, ricevendo in risposta l'indicazione che, in qualità di frontaliere, poteva richiedere le prestazioni dell'assicurazione contro la disoccupazione soltanto in Italia, eccezione fatta per la possibilità di inoltrare una domanda di esportazione delle prestazioni in Svizzera per al massimo tre mesi impegnandosi a ricercare attivamente un nuovo impiego in Ticino. In seguito a tali e ad altre informazioni, l'interessato si è rivolto alle autorità italiane, più precisamente all'Istituto nazionale italiano di previdenza sociale (INPS), ottenendo - per nove mesi - indennità di disoccupazione ordinarie (EUR 840 al mese); la richiesta di poter beneficiare del sostegno speciale previsto in favore dei lavoratori frontalieri gli è per contro stata respinta dalle medesime autorità per il motivo che non era - e nemmeno poteva esserlo, essendo di cittadinanza svizzera - in possesso di una carta di frontaliere emessa dalle autorità elvetiche.
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Mediante decisione del 28 luglio 2005, sostanzialmente confermata il 1° settembre seguente anche in seguito all'opposizione dell'interessato, la Cassa cantonale di disoccupazione ha respinto la richiesta di prestazioni dal 1° luglio 2005 in quanto, nel termine quadro compreso tra il 1° luglio 2003 e il 30 giugno 2005, l'assicurato aveva esercitato un'attività salariata soggetta a contribuzione unicamente dal 1° luglio 2003 al 29 febbraio 2004 e non poteva per il resto fare valere un motivo di esenzione. Inoltre, ha motivato il rifiuto con il fatto che l'interessato non aveva alcuna residenza in Svizzera.
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B. H. si è aggravato al Tribunale delle assicurazioni del Cantone Ticino, il quale, per pronuncia del 28 marzo 2006, ha accolto il gravame e retrocesso gli atti all'amministrazione per nuovo esame del diritto alle indennità di disoccupazione a partire dal 1° marzo 2004. L'autorità giudiziaria cantonale ha dapprima osservato come la Cassa di disoccupazione, rifiutando le prestazioni dal luglio 2005, avesse in realtà anche inteso negarle a titolo retroattivo dal 1° marzo 2004. Constatando poi che l'assicurato non aveva fatto valere il diritto alle indennità entro il termine (perentorio) legale di tre mesi dalla fine del periodo di controllo di riferimento, ha verificato se comunque esistevano ragioni atte a giustificare il ritardo e ad ammettere una eventuale restituzione del termine. I primi giudici hanno in seguito esaminato se l'interessato era effettivamente legittimato a introdurre domanda di indennità di disoccupazione in Svizzera in virtù delle disposizioni dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone. Richiamandosi alla pertinente giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE), hanno ![]() | 5 |
C. Il seco ha interposto ricorso di diritto amministrativo al Tribunale federale delle assicurazioni (dal 1° gennaio 2007 integrato nel Tribunale federale), al quale chiede, in accoglimento del gravame, l'annullamento del giudizio cantonale. Confutando la valutazione dei primi giudici in merito alle asserite migliori possibilità di reinserimento professionale in Svizzera, il Segretariato ricorrente ritiene che l'interessato non soddisfa le condizioni per essere qualificato un "falso" lavoratore frontaliere ai sensi della giurisprudenza della CGCE. Dovendo al contrario essere considerato un "vero" frontaliere, l'assicurato non potrebbe di conseguenza beneficiare di alcun diritto di scelta, bensì dovrebbe unicamente fare valere le sue pretese nello Stato di residenza.
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Patrocinato dall'avv. Erwin Jutzet, H. propone la reiezione del gravame, mentre la Cassa cantonale di disoccupazione ne chiede l'accoglimento.
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Dai considerandi: | |
3. Nei considerandi dell'impugnata pronuncia, la Corte cantonale ha compiutamente ricordato che, dal profilo del solo diritto interno (art. 8 cpv. 1 lett. c LADI; cfr. pure DTF 125 V 465 consid. 2a pag. 466; DTF 115 V 448; SVR 2006 AlV n. 24 pag. 82, C 290/03, con riferimenti), l'assicurato non avrebbe di per sé il diritto di iscriversi in disoccupazione in Svizzera in quanto non vi risiede. Correttamente ha pertanto esaminato se la Svizzera debba comunque essere riconosciuta quale Stato competente ad erogare le prestazioni di disoccupazione - se del caso previa deduzione delle prestazioni già percepite in Italia - in forza degli obblighi che le derivano dal diritto internazionale, ritenuto che, in siffatta ipotesi, la clausola di residenza di cui all'art. 8 cpv. 1 lett. c LADI perderebbe la ![]() | 8 |
Erwägung 4 | |
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Erwägung 5 | |
5.1 Il titolo II del regolamento n. 1408/71 (art. 13 a 17bis) contiene delle regole atte a determinare la legislazione applicabile. L'art. 13 n. 1 enuncia il principio dell'unicità della legislazione applicabile in funzione delle regole previste dagli art. 13 n. 2 a 17bis, dichiarando determinanti le disposizioni di un solo Stato membro. Salvo eccezioni, il lavoratore subordinato è soggetto alla legislazione del ![]() | 14 |
Per parte sua, il titolo III del regolamento n. 1408/71 contiene disposizioni specifiche alle varie categorie di prestazioni. Per rispondere al quesito se la parte resistente possa fare valere il diritto a prestazioni dell'assicurazione contro la disoccupazione elvetica in virtù del regolamento n. 1408/71, occorre pertanto innanzitutto determinare le disposizioni applicabili sulla base delle norme generali di collegamento del titolo II per poi esaminare se quelle speciali prescrivano l'applicazione di altre regole (DTF 132 V 53 consid. 5 pag. 58).
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Tali regole valgono tuttavia, come detto, unicamente nella misura in cui le disposizioni specifiche del titolo III non prevedano diversamente. Ora, il capitolo 6 ("Disoccupazione") del regolamento prevede, da un lato, che le prestazioni in caso di disoccupazione sono di principio, giusta l'art. 67 n. 3, erogate dallo Stato secondo le cui disposizioni la persona interessata ha compiuto da ultimo periodi di assicurazione o di occupazione, vale a dire dallo Stato dell'ultima occupazione (art. 68 n. 1). Dall'altro, all'art. 71 disciplina la competenza per i disoccupati, che durante l'ultima occupazione risiedevano in uno Stato membro diverso dallo Stato competente. È questa la situazione in particolare dei lavoratori frontalieri.
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Giusta l'art. 1 lett. b del regolamento, il termine lavoratore frontaliero designa qualsiasi lavoratore subordinato o autonomo che esercita una attività professionale nel territorio di uno Stato membro e risiede nel territorio di un altro Stato membro dove, di massima, ritorna ogni giorno o almeno una volta alla settimana (a tal proposito il seco ricorda giustamente che il predetto regolamento è applicabile a tutti i lavoratori che riempiono le suddette condizioni di lavoratore frontaliero, indipendentemente dal fatto che abbiano la stessa qualifica ai sensi del diritto della polizia degli stranieri). Queste persone rientrano nel campo applicativo dell'art. 71 n. 1 lett. a del regolamento n. 1408/71.
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I lavoratori diversi dai frontalieri (frontalieri "non veri"), il cui statuto è disciplinato dall'art. 71 n. 1 lett. b del regolamento n. 1408/71, sono per contro persone, per le quali il luogo di occupazione e di residenza non coincide ugualmente, ma che per1ò, a differenza dei frontalieri "veri", nemmeno rientrano almeno una volta alla settimana al loro luogo di residenza. Fanno parte di questa categoria segnatamente i lavoratori stagionali, i lavoratori operanti nel settore dei trasporti internazionali, i lavoratori che esercitano normalmente la loro attività sul territorio di vari Stati membri e i lavoratori occupati da un'impresa frontaliera (decisione n. 160 del 28 novembre 1995 della Commissione amministrativa delle Comunità europee per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti concernente l'applicabilità dell'art. 71 n. 1 lett. b punto ii del regolamento n. 1408/71 [GU 1996 L 49 pag. 31-33]; cfr. pure la sentenza del Tribunale federale delle assicurazioni DTF C 227/05 dell'8 novembre 2006, consid. 1.4, non ancora pubblicata nella Raccolta ufficiale, nonché la Circolare del seco relativa alle ripercussioni, in materia di assicurazione contro la disoccupazione, dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone e dell'Accordo di emendamento della Convenzione istitutiva dell'AELS [C-AD-LCP], cifra marg. B46).
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6.2 L'art. 71 n. 1 del regolamento n. 1408/71 stabilisce, da un lato, che il lavoratore frontaliero (quello "vero") che è in disoccupazione completa beneficia - esclusivamente - delle prestazioni secondo le disposizioni della legislazione dello Stato membro nel cui territorio risiede come se fosse stato soggetto durante l'ultima ![]() | 21 |
D'altro lato esso prevede pure che un lavoratore subordinato diverso dal lavoratore frontaliero (ossia il frontaliero "non vero"), che è in disoccupazione completa, dispone di un diritto di opzione tra le prestazioni dello Stato d'impiego e quelle dello Stato di residenza. Diritto di opzione che il frontaliero "non vero" esercita mettendosi a disposizione degli uffici del lavoro dello Stato dell'ultima occupazione oppure degli uffici del lavoro del luogo di residenza (lett. b). In tali condizioni, il lavoratore può scegliere tra il regime di prestazioni di disoccupazione dello Stato della sua ultima occupazione e quello dello Stato di residenza. Si tratta in questo modo di fare beneficiare il lavoratore delle migliori possibilità di reinserimento professionale (DTF 132 V 53 consid. 6.4 pag. 61; DTF 131 V 222 consid. 6.2 pag. 228).
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Da questo punto di vista si deve ammettere che l'art. 71 n. 1 lett. a punto ii, stabilendo il principio secondo cui in caso di disoccupazione completa il lavoratore frontaliero (quello "vero") che risponda alla definizione di cui all'art. 1 lett. b del regolamento beneficia esclusivamente delle prestazioni dello Stato di residenza, presuppone implicitamente che detto lavoratore fruisca in questo Stato delle condizioni più favorevoli alla ricerca di una nuova occupazione (sentenza Miethe, già citata, punto 17; in questo senso pure ![]() | 24 |
Erwägung 7 | |
7.1 Con la sua giurisprudenza, di cui anche il Tribunale federale deve tenere conto (art. 16 cpv. 2 ALC), la CGCE ha tuttavia attenuato il principio per cui il "vero" frontaliero in disoccupazione completa debba sempre rigorosamente essere rinviato al mercato del lavoro dello Stato di residenza (art. 71 n. 1 lett. a punto ii del regolamento n. 1408/71). Ha infatti stabilito che lo scopo perseguito dall'art. 71 n. 1 lett. a punto ii del regolamento n. 1408/71 non può essere raggiunto qualora il lavoratore in disoccupazione completa, pur rispondendo alla definizione dettata dall'art. 1 lett. b dello stesso regolamento, abbia eccezionalmente conservato nello Stato dell'ultima occupazione legami personali e professionali tali da disporre in questo Stato delle migliori possibilità di reinserimento professionale. In una siffatta evenienza, ha precisato la Corte di giustizia, tale lavoratore dev'essere considerato "diverso dal lavoratore frontaliero" ai sensi dell'art. 71 e rientrare conseguentemente nella sfera di applicazione del n. 1 lett. b di detto articolo. Tuttavia, hanno concluso i giudici lussemburghesi, spetta esclusivamente al giudice nazionale stabilire se il lavoratore che risieda in uno Stato diverso dallo Stato d'occupazione abbia conservato le migliori possibilità di reinserimento professionale e debba, di conseguenza, rientrare nel campo applicativo dell'art. 71 n. 1 lett. b del regolamento n. 1408/71 (sentenza Miethe, citata, punti 18 e 19). Il lavoratore interessato non dispone così in questo caso di un diritto di scelta incondizionato, la decisione essendo demandata alle autorità competenti dello Stato di occupazione (NUSSBAUmer, op. cit., cifra marg. 980; USINGER-EGGER, Ausgewählte ![]() | 25 |
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9. Giustamente la parte resistente ricorda che il fatto di essersi rivolta alle autorità italiane e di avere chiesto in Italia il versamento delle indennità di disoccupazione non è certamente da ascrivere a una sua libera scelta, bensì è da ricondurre alle erronee, o quantomeno incomplete, indicazioni fornite dagli organi di esecuzione della LADI, che non gli avrebbero accennato all'eventualità - più che teorica, considerata la sua situazione - di fare capo all'assicurazione svizzera. Questi ultimi lo avrebbero chiaramente indirizzato all'INPS. Non avendo motivo per dubitare della competenza e della pertinenza delle informazioni ricevute, egli si sarebbe semplicemente limitato a seguire le istruzioni e a fare pieno affidamento nelle indicazioni delle autorità elvetiche. Questa osservazione merita piena tutela. L'istruttoria cantonale ha infatti appurato la circostanza raccogliendo in particolare le testimonianze del caposede URC, O., e di C. che non lasciano spazio ad altra interpretazione ![]() | 29 |
Né si potrebbe propriamente sostenere che i legami professionali di H. con la Svizzera sarebbero meno importanti di quelli che poteva fare valere Horst Miethe con la Germania nella nota vertenza in qualità di rappresentante (itinerante) di commercio; non fosse altro per la mancanza di un vero vincolo di ubicazione per quest'ultima attività. Quanto al fatto che la tessera professionale, di cui sarebbe stato in possesso Horst Miethe anche dopo la sua iscrizione alla disoccupazione, avrebbe avuto validità solo in Germania, la circostanza, oltre a porre qualche legittima perplessità dal profilo dell'eventuale compatibilità con il diritto comunitario, non risulta comunque in questi termini né dalla sentenza della CGCE né dalle conclusioni dell'Avvocato generale.
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Per il resto, va comunque osservato, in via abbondanziale, che anche la Circolare del seco considera questo aspetto (la presenza di un "secondo domicilio" nel luogo di lavoro) unicamente come uno tra i possibili indizi per ammettere il necessario legame con lo Stato d'impiego. Ciò che non esclude pertanto l'applicazione della giurisprudenza Miethe nel caso di specie.
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